Parla Nika Nikulshina, la più giovane esponente del collettivo punk-rock femminista che ha scontato 45 giorni di detenzione per le sue dichiarazioni contro il governo. «Niente è paragonabile a quello che succede alle persone di Mariupol. Non so come creare arte mentre la guerra va avanti. Cosa c’è di più trascendente della morte?»

Pussy Riot: «Il mio cuore è con l’Ucraina. Putin e la sua gang sono degli assassini sanguinari»

Veronika “Nika” Nikulshina ha perso il conto delle volte in cui è stata arrestata dalle forze dell’ordine russe e non le frega niente. “Mi creda: detesto la polizia”. A 25 anni, nata a Mosca, è la donna più giovane del collettivo punk-rock Pussy Riot, gruppo simbolo di tutto ciò che Putin odia: libertà di espressione, libertà sessuale, diritti alle donne e alla comunità Lgbt. Luminosa e pallida: parla con un mistero dentro e lo sguardo da ribelle: severo quando racconta della Russia di Putin dentro la quale è nata (“Non conosco altro”), mesto quando iniziamo a parlare di Ucraina, diritti e del Paese che ha dovuto lasciare dopo l’ennesimo fermo e essere stata classificata dal Cremlino come “agente straniero”, invisa alle autorità e sotto sorveglianza anche sui social.

La sua prima azione pubblica contro il regime russo è entrata nella storia: uno scatto la ritrae durante la finale dei Mondiali di calcio in Russia nel 2018, vestita da poliziotta insieme ad altri tre membri del collettivo femminista. Avevano invaso il campo per protestare contro l’autoritarismo di Putin e del governo russo. Quindici giorni di prigione e un tentativo di avvelenamento. Da lì non si è più fermata, proteste e manifestazioni sempre seguite da pesanti detenzioni e minacce.

 

A L’Espresso si racconta come un fiume in piena che ha rotto gli argini e non sa dove fermarsi: la Russia di Putin (“un bandito sanguinario”), l’Ucraina e quel futuro che non riesce a immaginare “dopo un dittatore pazzo come Putin”.

Lei è nata nel 1997 e ha passato ad oggi tutta la sua esistenza sotto il regime di Putin. È stato difficile? Mi chiedevo cosa spinge una giovane come lei a ribellarsi rischiando così tanto.
«La presidenza di Putin non è stata sempre così oscura e monolitica – all’inizio del suo regno il suo sguardo era rivolto a ovest, e probabilmente per buona parte della popolazione russa la sua elezione è stata una boccata d’aria fresca. Possiamo parlare di tempi luminosi ma relativamente, ero troppo piccola, quindi omettiamo questa parte. Posso dire che Putin governa nella mia età adulta con una corruzione radicata su tutti i livelli. Soprattutto per quanto riguarda la polizia. Sono infinite le accuse fasulle, costruite a tavolino e che la polizia getta sui cittadini per arrestarli. È debole la libertà di parola e di espressione. Questo è il marchio di fabbrica del governo di Putin, probabilmente lo è per tutti i sanguinari dittatori della storia. Solo che qui tutto peggiora, di anno in anno. Nel 2018, abbiamo fatto un’azione di protesta ai mondiali. Abbiamo scontato 15 giorni di detenzione, soltanto perché tutta l’attenzione della comunità mondiale era ben presente. Sono certa che se avessimo fatto un’azione del genere oggi, avremmo scontato una pena di diversi anni di prigione. Ma, la prego mi lasci parlare dei metodi di Putin. Possiamo dire che lui è un bandito. Già, perché ufficialmente abbiamo scontato due settimane di prigionia, ma pochi mesi dopo uno dei partecipanti all’azione è stato avvelenato, e se non fosse stato per una felice coincidenza, sarebbe morto. Cosa possiamo aspettarci da ufficiale del KGB con un potere illimitato tra le mani? La vita nella Russia di Putin è ingiustizia, corruzione, paura».

Lei è membro delle Pussy Riot, a che punto della sua vita ha capito che l’arte aveva il potere di scatenare un dibattito pubblico su quello che succede in Russia
«La prima forte azione è stata quella della coppa mondiale, come le dicevo. Lì ho visto la bruttezza di un sistema che celebra la “bellezza della vita” nelle strade di Mosca, mentre centinaia di politici venivano imprigionati. Insomma, mentre le persone venivano torturate e uccise, fuori dalle prigioni stranieri felicissimi bevevano birra per le strade della capitale. Ecco, direi durante la coppa del mondo, quella mi è sembrata la piattaforma perfetta per fare qualcosa. Però vorrei aggiungere una cosa se me lo permette».

Prego lo faccia
«Io non sono una politica, sono un’artista. E sono convinta che l’arte sia il giusto mezzo che può mostrare quello che ci succede intorno in maniera viva e sensibile».

Sappiamo che lei ha scontato 45 giorni di prigionia per le sue dichiarazioni contro il governo di Putin. Cosa sta succedendo in questi giorni in Russia. Lei ha paura?
«Certo, 45 giorni solo questa estate. Dal 2018 ho avuto diverse detenzioni. La paura è piuttosto inutile per un’artista come me in un paese totalitario come la Russia. Quando hai paura cadi in una sorta di morte apparente e questo ti impedisce di creare. Ma sa, c’è un’altra paura che considero: quella di non poter fare, di non poter essere ascoltata. In qualche modo questa paura è la mia forza motrice».

E cosa succede durante questi arresti. Qual è stata la sua esperienza?
«Vuole sapere cosa succede durante le detenzioni? È un copione già scritto. Giocano poliziotto buono, poliziotto cattivo. Intimidazioni, umiliazioni, sorveglianza. Alcune frasi sono frequenti per la polizia russa: «Adesso ti scoperà tutto il dipartimento» mi hanno detto, questo perché sono una donna. «Morirai in prigione», «Sei una vergogna per la madre terra». Ma tutto questo non sembra molto importante, non mi pesa dopo un’azione di protesta ben fatta. Dirò di più: ho una chiara divisione tra noi e loro nella mia testa. Loro sono ufficiali di polizia che picchiano le persone alle manifestazioni e non sanno assolutamente niente della libertà. Sono seria quando le dico che odio i poliziotti».

Recentemente lei stata inserita nell'elenco degli “agenti stranieri” del ministero della Giustizia russo. Può spiegarci che significa?
«Sì, mi hanno dato lo status di “agente straniero” come regalo di Capodanno. Per le persone che vivono in Russia questo complica la vita molto – devi usare un disclaimer ogni volta che aggiorni il tuo status sui social network, ad esempio. Anche quando fai un tweet con la parola “cazzo”, per esempio, o metti il meme di un gatto, bisogna attaccare un testo che dice: «Questo messaggio è diffuso da una agente straniero e blah blah blah». Se non lo fai, l’amministrazione ti scrive e ti manda una multa. Dopo due violazioni, puoi essere accusato di responsabilità criminale e andare in prigione».

Che impatto ha avuto sulla sua vita tutto questo?
«Oh, io non seguo queste regole. Perciò la Russia mi ha preso a calci, non mi ha dato l’opportunità di lavorare e vivere nel mio paese, sono dovuta andare in Georgia. Ma in generale pesa sulla tua indipendenza economica, devi scrivere costantemente dei report al Ministero delle Finanze, se non lo fai i tuoi conti bancari vengono bloccati».

Parliamo dell’Ucraina e della guerra scatenata da Putin. Che ne pensa?
«Non saprei cosa dire eccetto che Putin e la sua gang sono degli assassini sanguinari. E la Federazione russa è un’internazionale di terroristi. La gente in Ucraina muore per le ambizioni di Putin. Ed è per le sue ambizioni di imperialismo che i soldati russi partono per la guerra. A questi poverini mentono dicendogli che sono esercitazioni e poi li lasciano bruciare nei carri armati. È spaventoso, orrendo e non dovrebbe essere così. Sto malissimo in questi giorni, non riesco a mangiare a dormire, ma generalmente niente è paragonabile a quello che succede alle persone di Mariupol che sono bombardate ogni giorno. Ultimamente mi sento raggelata, non so come creare arte mentre la guerra va avanti. Cosa c’è di più trascendente della morte?».

Lei e le Pussy Riot siete note per le vostre azioni lottate contro il patriarcato, l’omotransfobia imperante in Russia e per il rispetto delle minoranze…
«Mi lasci dire che la Russia è un paese veramente omofobo, con leggi omofobe nei propri codici. Per la propaganda dell'omosessualità c'è la minaccia reale di una sentenza. Quindi essere una persona Lgbt in Russia è molto difficile. Una delle nostre recenti azioni durante il compleanno di Putin è stata quella di dedicare proprio quella giornata alla visibilità alla comunità Lgbt. Abbiamo appeso bandiere arcobaleno sui più importanti edifici amministrativi, il che in Russia è un atto assolutamente sovversivo, Molti miei amici, rappresentanti della comunità hanno partecipato all'azione: era importante per loro mostrare la visibilità  dal momento che spesso la propaganda ufficiale dice che non esiste una comunità in Russia. Non è così».

Parliamo delle nuove generazioni. Che visione ha per il futuro?
«Vorrei dire molto sul fatto che la Russia non ha futuro dopo un dittatore pazzo come Putin. Nessuno dei miei amici e conoscenti ha scelto di attaccare un paese straniero, in generale, ma ci sono sanzioni e le grandi compagnie hanno lasciato il mercato, crescono i disoccupati e cresce la russofobia intorno al mondo. Le direi che molti dei miei conoscenti e amici hanno lasciato il paese, buttati fuori alcuni, imprigionati altri. Molti russi non hanno neanche una casa al momento. Le direi molto se solo le persone non stessero morendo in questo preciso istante, mentre parliamo. Niente al mondo può giustificare la guerra. Il mio cuore è con l’Ucraina ora».

Lei pensa che la nuova Russia sia in grado di resistere e lottare contro la propaganda di Putin?
«Non so, non ho previsioni. So che alle ultime proteste i camion della polizia erano pieni di gente coraggiosa. Conosco molti teenager sotto i 18 anni che stanno scendendo in strada per protestare. So anche che durante le recenti proteste molti di loro sono stati picchiati e torturati. Abbiamo le prove di tutto ciò e questo è un segnale molto, molto brutto. La Russia sta soffocando per la sua mancanza di libertà».

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