Intervista
Peter Schneider: «Per la sinistra negare le armi all’Ucraina è una bancarotta etica e politica»
Lo scrittore tedesco si scaglia contro gli intellettuali che non vogliono schierarsi. «Negare a chi è aggredito la possibilità di difendersi è scandaloso. Quello di Putin è un fascismo che tenta di sottomettere un Paese e distruggerne il popolo»
Un titubante, pragmatico o un politico cauto e razionale il cancelliere Olaf Scholz? Da quando Putin ha sferrato la sua brutale guerra, a Berlino il Kanzler della Spd tergiversa sulla consegna di armi all’Ucraina, e se chiudere o no sul Baltico le condotte del gas russo.
«La Spd è in tilt e la sinistra tedesca ed europea non sa come risolvere il tradizionale rapporto storico con la Russia», inizia a dirci lo scrittore e intellettuale berlinese Peter Schneider. Che in questa intervista fa il punto sulla crisi della Spd che fu di Brandt, Schmidt, ma anche del cancelliere Schröder, oggi manager di Nord Stream. La pipeline russo-tedesca da cui è dipendente non solo l‘economia tedesca, ma a quanto pare buona parte della Spd. «Anche se i Verdi tedeschi», continua Schneider, «sono oggi molto più chiari e credibili nel loro sostegno alla Ucraina».
Prima di parlare dei Verdi, ci spieghi perché la guerra di Putin sta spaccando la sinistra europea…
«A dir il vero nella sinistra europea non vedo nessuno che difenda la guerra di Putin. Ciò che divide la sinistra è invece l’atteggiamento da prendere sulla presenza della Nato nei paesi dell’Est. Ma non condivido affatto la posizione di chi sostiene che l’espansione Nato abbia costretto Putin ad attaccare l’Ucraina. È una interpretazione che capovolge la realtà dei fatti».
Perché?
«Dopo il crollo del Muro di Berlino ho viaggiato in Polonia, Ungheria e in Romania e la gente non voleva che entrare il prima possibile sotto la protezione della Nato. La priorità era anzi entrare prima nella Nato che nella Ue, perché tutti i Paesi dell’ex Blocco sovietico sapevano bene cosa voglia dire vivere sotto il dominio di Mosca».
Già, ma l’argomento che ora più polarizza la sinistra è se sia giusto consegnare altre armi all’Ucraina. All’orizzonte si profila una guerra mondiale…
«Qui in Germania diversi e famosi intellettuali hanno firmato una petizione della femminista Alice Schwarzer, che è contro la consegna di armi agli ucraini per il rischio di un conflitto mondiale. Il filosofo Jürgen Habermas ricorda che non si possono vincere guerre contro una potenza nucleare come la Russia. E il regista Alexander Kluge che la sinistra non può assumersi la responsabilità di una escalation nucleare. Tutte posizioni che trovo a dir poco scandalose da parte della sinistra».
Se il rischio è una guerra mondiale, un delirio atomico, cosa c’è di “scandaloso” in queste posizioni?
«La sinistra non può lasciare a un dittatore come Putin che sia lui a stabilire cosa sia escalation o meno. Non si può lasciare a Putin tutto il campo della guerra e negare al contempo agli ucraini la possibilità di difendersi dall’aggressore. Per la sinistra infine negarsi la possibilità di intervenire in difesa di un popolo aggredito equivale a una dichiarazione di bancarotta etica e politica».
Il cancelliere socialdemocratico Olaf Scholz ha impiegato settimane per decidersi a consegnare armi all’Ucraina. È debole Scholz, o un politico molto razionale?
«Non credo che Scholz possa reclamare di sostenere una posizione molto chiara e razionale, dato che nelle ultime settimane ha cambiato più volte opinione sulle armi all’Ucraina. Più che un presidente della Spd, Scholz mi sembra un ostaggio delle crisi del suo stesso partito».
Oltre a un fondo da 100 miliardi per gli armamenti alla Bundeswehr, Scholz è per “tutta la diplomazia possibile con Putin, ma senza ingenuità”. Con Putin aiuterà davvero la diplomazia?
«Chi può credere che un dittatore che pesta ogni diritto umano in Ucraina, rispetti poi i patti diplomatici? Non si stipulano contratti con un criminale di guerra che bombarda Kiev mentre è in visita il segretario Onu. Eppure, bisognerà giungere a un compromesso con Putin. Che Nancy Pelosi ripeta di continuo che l’Ucraina vincerà non porta certo molto avanti».
Tanti dubbi e tentennamenti della sinistra tedesca a che si devono? Quali i legami storici che la sinistra nutre nei riguardi della Russia di Putin?
«I dubbi si devono al senso di colpa di noi tedeschi per la barbarie della guerra nazista contro la Russia. I tentennamenti al fatto che noi tedeschi abbiamo trasformato il sacrosanto senso di colpa in una sorta di privilegio etico e politico. Dove nel mondo si calpestino diritti umani, noi tedeschi ripetiamo che non possiamo intervenire con le armi! È questa mutazione della vergogna nazista in privilegio che ha ristretto la politica tedesca all’orizzonte della diplomazia. Persino i Verdi oggi stanno superando questa ambigua posizione di scacco morale, che nella Spd invece è ancorata più a fondo».
Già negli anni ’70 in effetti Willy Brandt, il politico più “visionario” della Spd, diede l’ok al primo gasdotto russo in Germania…
«Esatto, l’altro leitmotiv che da decenni lega la sinistra tedesca a Mosca è quello del “cambiamento attraverso il commercio”. L’idea cioè che il Blocco dell’Est si aprisse lentamente alla democrazia con i rapporti commerciali con l’Ovest, come appunto i gasdotti. Il problema è che questo “dialogo” con l’Est già nell’era Brandt era mutato in un dogma che poneva la pace e distensione fra i due Blocchi “persino al di sopra della libertà”, come disse Brandt. Ed è questo equilibrio fra la difesa della libertà e dei diritti umani da un lato e la sicurezza dall’altro ciò che oggi sta mandando in tilt la sinistra tedesca e europea».
L’ex Kanzler della Spd Gerhard Schröder, oggi manager di Putin e della Gazprom, è solo l’ultimo esponente di quella politica estera socialdemocratica…
«Certo, tutti i paesi dell’Est criticarono Schröder quando si fece portavoce della pipeline russa Nord Stream sul Baltico. La critica, giustissima, era che Putin avrebbe usato gas e politica energetica come clava politica per punire la Polonia e l’Ucraina. Ma nonostante tutte le critiche dall’Est, la Spd ha continuato sino ad oggi a sostenere l’iniziativa di Schröder, rendendo la Germania sempre più dipendente dal gas di Putin».
I Verdi tedeschi dicevamo - e basta guardare alla ministra degli Esteri Annalena Baerbock - hanno compiuto una vera rivoluzione rispetto al loro tradizionale pacifismo radicale…
«Sì, i Grünen hanno superato la posizione del pacifismo intransigente. Ricordiamo che già ai tempi della prima coalizione “rosso-verde”, quando era Joschka Fischer il ministro degli Esteri, i Verdi riconobbero la necessità d’intervenire in Kosovo. Un antecedente che ha lasciato il segno nella politica estera dei Verdi e nel modo in cui ora sostengono senza ma e però la consegna di armi all’Ucraina».
Lei è uno dei protagonisti del ’68 tedesco, nato sulla scia delle proteste contro la guerra americana in Vietnam. Quanto è forte ancora oggi l’antiamericanismo nella sinistra tedesca ed europea?
«L’antiamericanismo è oggi molto forte sia nella sinistra che per la destra. La genealogia dell’antiamaericanismo è lunga e ramificata: in Martin Heidegger ad esempio l’odio per il sistema americano era cieco, rabbioso. Ma il mio pacifismo da buon ex sessantottino è “guarito” nel 1993 a Sarajevo. Una città da sempre multiculturale presa d’assalto per tre anni dalle truppe serbe di Radovan Karadzic. In quel momento ho capito che in queste situazioni e contro questi aggressori non aiuta che un intervento militare, e non solo la diplomazia».
A dar retta a “Die Linke”, l’estrema sinistra tedesca, è colpa della Nato se Putin ha attaccato l’Ucraina…
«Quando ascolto l’estrema sinistra mi pare di ascoltare i dogmi di una teoria della congiura in cui la Nato incarna il Male Assoluto, uguale quale sia il contesto e se si tratti della Russia, la Siria o l’Egitto. Peccato che con i fedeli di una setta non aiuti molto il discorso razionale, ma una terapia. Come per i cosiddetti No Vax si tratta in genere di dogmi e miti che accecano gruppi interi di persone, impermeabili alla sola forza della ragione».
A proposito di dinamiche di gruppo, perché Putin divide tanto la sinistra e non la destra? Da Marine Le Pen a Salvini ad Orban “l’Internazionale di destra” vede nello Zar di Mosca l’ultimo Montecristo che vendica l’Europa dalle mire della Nato e dalle crisi della globalizzazione…
«Questa Internazionale delle destre è un fenomeno così deprimente perché mostra quanto sia fragile il tessuto delle società democratiche. Ciò che connette l’estrema destra sovranista e populista a Putin è la loro comune guerra contro gli omosessuali, la politica di genere e le minoranze in Occidente. Una guerra fra l’altro che ha portato anche Trump al potere negli Usa «.
Quindi si può considerare la politica imperialistica di Putin come un “Ruscism”, un fascismo russo del 21° secolo?
«Se la lotta degli ucraini contro l’aggressione barbarica di Putin è una Resistenza, quello di Putin è di sicuro un fascismo che tenta di sottomettere l’Ucraina e distruggerne il popolo».