Sudamerica
Daniel Noboa, il leader baby che vuole strappare l'Ecuador ai narcos
Il politico di 35 anni ha vinto le presidenziali. Qui spiega il suo programma per mettere fine allo strapotere dei trafficanti. «I criminali più pericolosi li manderò in prigioni in mezzo al mare. E finirà lo sfruttamento minerario illegale»
«I narcotrafficanti? Li soffocherò finanziariamente. I criminali più pericolosi? Li manderò in prigioni in mezzo al mare. Lo sfruttamento minerario illegale? Lo fermerò e manterrò il petrolio a terra. Il rapporto con l’Europa? Espanderò le nostre relazioni». A parlare con L’Espresso è Daniel Noboa, 35 anni, che sta per diventare il capo di Stato più giovane al mondo. Quando il deputato di centrodestra e imprenditore formato a Harvard ha annunciato la sua candidatura alla presidenza dell’Ecuador, a fine maggio era accreditato al 3% nei sondaggi. Il 20 agosto, al primo turno delle elezioni generali, ha ottenuto quasi il 24% dei voti. Ora, secondo la maggioranza degli analisti, ha la strada spianata per Palacio de Carondelet.
Il suo punto di forza è il volto nuovo, a differenza della sua sfidante al ballottaggio del 15 ottobre, Luisa Gonzalez, 45 anni. È la candidata del partito dell’ex presidente Rafael Correa, condannato a 8 anni di carcere per corruzione. La sua debolezza risiede proprio nella sua vicinanza a Correa, con cui ha ricoperto incarichi di governo. L’ex presidente, ormai, dopo i numerosi scandali ha perso popolarità. “Vincerà chi si oppone al correismo”, titolava il primo quotidiano del Paese, El Comercio. Il suo caporedattore, Jorge Imbaquingo, ci spiega che «Noboa diventerà sicuramente presidente perché può contare su un appoggio trasversale, mentre Gonzalez non ha alcuna possibilità». Le tre priorità del Paese, continua, sono «sicurezza, sicurezza e sicurezza. Poi: lavoro». Le elezioni anticipate sono state convocate a maggio dal presidente Guillermo Lasso, nel tentativo di evitare la procedura di impeachment che lo accusava di appropriazione indebita.
Negli ultimi anni, l’Ecuador è diventato teatro di una guerriglia urbana tra gruppi criminali, concentrati soprattutto nel traffico di stupefacenti, che ha portato il Paese a convivere con un perenne stato di emergenza. Durante la campagna elettorale, diversi candidati presidenti sono stati uccisi, tra cui il giornalista Fernando Villavicencio, assassinato a colpi di fucile durante un comizio nella capitale, Quito. Attentato rivendicato dai sicari messicani di “Los Lobos”, legati al cartello di Jalisco. «Militarizzerò le frontiere, impedendo l’ingresso della droga nel nostro Paese e la sua esportazione verso l’Europa e il Nord America e soffocando finanziariamente i narcoterroristi», promette Noboa a L’Espresso. Un’attenzione particolare sarà riservata al sistema carcerario, in profonda crisi dalla pandemia in poi con centinaia di morti tra detenuti e poliziotti. Violenze scatenate dai capi delle bande criminali e trafficanti di droga, che approfittano del caos per dirigere da dietro le sbarre le attività dei narcos. Noboa rivela che ha un piano per risolvere la situazione in modo rapido. «È essenziale segmentare la popolazione carceraria in base alla gravità dei reati commessi», dice. Saranno inasprite le condizioni di pena per i boss dei cartelli della droga, mentre per chi ha commesso reati meno gravi ci saranno percorsi di lavoro e rieducazione. «Realizzeremo immediatamente prigioni galleggianti in mare per isolare totalmente i criminali più violenti che generano terrore nelle carceri e coordinano la criminalità nella società ecuadoriana». Le chiatte (in leasing) per risolvere il sovraffollamento saranno posizionate a 128 chilometri dalla costa, ospiteranno 400 condannati, e saranno blindate dalle forze armate. Noboa è nato nella città più pericolosa del Paese, Guayaquil, oggi primo snodo internazionale per la cocaina che dai paesi dell’America Latina finisce in tutte le città europee e americane.
Tra le sue altre priorità, precisa, l’occupazione, la giustizia, il fisco, la difesa, la scuola e la convocazione di 12 referendum («entro 90 giorni dall’insediamento»). Affronterà i problemi «mano nella mano, per restituire il benessere ai cittadini». Anche l’ambiente, naturalmente, sarà centrale. Metà del territorio nazionale è ricoperto dalla Foresta Amazzonica, dove ultimamente è aumentata l’estrazione mineraria illegale. Ma ora pure quella legale dovrà fermarsi. Il referendum di agosto ha sancito (60% di voti a favore, «tra cui il mio», sottolinea Noboa) lo stop allo sfruttamento petrolifero nel parco nazionale Yasuní, protetto dall’Unesco come una delle regioni con la più alta biodiversità al mondo. L’Ecuador include anche le Galápagos, fonte di ispirazione per Charles Darwin. «Dobbiamo essere responsabili nei confronti della natura e le attività umane devono rispettare l’ambiente. Non mi siederò mai allo stesso tavolo di chi supporta sfruttamenti illegali: li sradicheremo».
Noboa ci racconta che ha scelto di entrare in politica per cambiare una realtà carente di lavoro, sicurezza e salute. Vuole costruire un Paese di cui i cittadini possano sentirsi orgogliosi, in cui chi è emigrato possa tornare e abbia opportunità per investire senza paura. Garantisce l’espansione delle relazioni diplomatiche e la promozione di un commercio sostenibile e non dipendente. È consapevole che i 18 milioni di suoi concittadini si aspettano idee chiare. «Sono una persona che ascolta e costruisce ponti. Dialogherò anche con l’opposizione per far avanzare il Paese». La sua forza quotidiana? «La mia famiglia: amo guardare assieme a loro il tramonto sulla spiaggia».