Disinformatja

Da quando Twitter è di Elon Musk, la disinformazione russa è aumentata di un terzo

di Alessandro Longo   20 settembre 2023

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Il miliardario Elon Musk è il nuovo proprietario di Twitter, che ha rinominato X. È noto come filorepubblicano militante

La propaganda sui social è in aumento, segnalano diversi report. E mina la democrazia negli Usa e in Europa. «L’Italia è particolarmente vulnerabile alla disinformazione straniera», spiegano gli esperti

Aprile 2024, la crisi economica ha decimato i sostenitori del governo Meloni e già serpeggia l’idea di un voto anticipato. Le forze politiche sono pronte a un governo di coalizione per salvare l’Italia. Quand’ecco il disastro. Su tutti i social e su WhatsApp circola un’audio, che sembra un’intercettazione a Elly Schlein. Si sente la leader del Pd vantarsi della nuova villa acquistata per due milioni di euro. Scoppia anche a ridere, sui «poveracci invidiosi che non si possono permettere nemmeno un armocromista». E non è finita: qualcuno è entrato con un attacco informatico nel computer di Schlein e ha pubblicato su Internet le sue mail, da cui risulterebbe che quei soldi provengono da fonte illecita.

 

Solo dopo si scopre che era tutto falso. Attivisti russi collegati al Cremlino hanno fabbricato, con intelligenza artificiale, un finto audio con la voce di Schlein. Sono loro a essere entrati nella posta e, assieme a mail vere, hanno pubblicato anche documenti da loro creati, con le finte prove. I cittadini italiani e i media, scandalizzati e in buona fede, hanno poi fatto circolare online quanto prodotto dai russi. Interessati non tanto a favorire la destra, quanto ad alimentare una crisi politica senza uscita. Inganno scoperto, sì, ma i danni ci sono stati. Alcuni irreversibili. Certi elettori resteranno convinti che fosse, in realtà, tutto vero.

 

Scenario ipotetico, naturalmente. Ma parecchio verosimile, alla luce degli allarmi lanciati negli ultimi mesi da numerosi governi e istituzioni occidentali.

 

A settembre, la Commissione europea ha pubblicato un rapporto per denunciare l’aumento della disinformazione di matrice russa su tutti i social network. Del 22 per cento, precisamente, tra gennaio e maggio 2023. Post visti da centinaia di migliaia di persone diffondono le bugie dei media di Stato russi. La guerra è un’operazione contro uno Stato nazista; l’Ucraina ha fatto esplodere una centrale nucleare contaminando i cieli d’Europa, è responsabile di molti crimini di guerra, gli stessi attribuiti in realtà dagli osservatori internazionali all’esercito russo. Il problema è serio soprattutto su X, il nuovo nome di Twitter. Dopo l’acquisizione da parte di Elon Musk, la disinformazione russa è aumentata del 36 per cento, si legge nel rapporto (curato dalla non profit Reset) come in altri studi indipendenti. Tutta colpa della scelta di Musk di togliere i limiti, sui social, ai media russi, «perché tanto tutti i media sono propaganda». Il tecnologo miliardario è un noto filorepubblicano militante.

 

Altri rapporti confermano l’allarme. A luglio, uno di European Council on Foreign Relations ha mostrato l’ampia presenza di campagne di disinformazione e propaganda filorussa e filocinese sui social in Italia. Quest’attività ha avuto un picco proprio prima delle elezioni politiche vinte dalla destra. Chiara la volontà di influenzarle e destabilizzare l’opinione pubblica, per minare il sostegno occidentale all’Ucraina. È successo anche in altri Paesi. Come in Francia, a quanto denunciato da quel governo a giugno.

 

Negli Stati Uniti le autorità sono preoccupate per le elezioni presidenziali 2024 e anche per l’uso di uno nuovo potente strumento: l’intelligenza artificiale. Il governo studia norme per regolare i deepfake politici, già ampiamente usati in campagna elettorale negli Usa. Molti sono di propaganda ufficiale, non ingannevoli, ma ce ne sono anche di disinformazione. Come un video, su Instagram, alterato per far sì che Joe Biden sembri leggere libri sulla demenza senile. Un deepfake sofisticato, invece, ha avuto un ruolo a sostegno della recente rielezione di Recep Tayyip Erdoganin Turchia: mostrava un oppositore a braccetto con militanti curdi. Gli esempi si moltiplicano, nel mondo, e sembrano destinati a colpire presto anche noi.

 

«L’Italia è particolarmente vulnerabile alla disinformazione straniera», spiega Giovanni Boccia Artieri, tra i più noti sociologi del digitale (insegna all’Università di Urbino). Ne ha scritto anche in “Voci della democrazia” (scritto con Sara Bentivegna, Mulino, 2021). «Incidono il diffuso populismo, la polarizzazione del dibattito pubblico, la sfiducia della gente nei media», aggiunge.

 

«Una speranza viene dall’entrata in vigore, il 25 agosto scorso, della normativa europea Digital Services Act», spiega l’avvocato specializzato Rocco Panetta. Questa obbliga i social a organizzarsi al meglio delle loro possibilità per eliminare i contenuti dannosi (incluse le fake news pericolose). Con la minaccia di sanzioni fino al 6 per cento del fatturato. «Far rispettare le regole europee sulla privacy e, ora, anche quelle del Dsa può aiutare nella lotta alla disinformazione», dice Guido Scorza del Garante della Privacy: «Stiamo collaborando a tal scopo con l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, in materia di profilazione e pubblicità politica. Il problema sarà però difficile da sradicare del tutto; non facciamoci illusioni».

 

Si unisce alla sua voce l’avvocato Massimo Borgobello: «Sarà complicato attuare il Dsa. La Commissione Ue manca di strutture e gruppi di studi adeguati per monitorare i social». E ancora, Federico Mollicone (FdI), che segue questi temi per il suo partito: «Vogliamo capire se il Dsa permetterà o meno di oscurare, in tempo reale, contenuti dannosi e illegali. Sull’applicazione concreta vigileremo e monitoreremo gli effetti anche col gruppo europeo dei Conservatori». Pessimista soprattutto Alberto Pagani (Pd), esperto di intelligence: «Non ci sono contromisure efficaci. Ciò che la politica italiana non ha capito è che la capacità delle tecnologie di manipolare su larga scala le persone è la principale minaccia per le democrazie occidentali».