Geopolitica dei blocchi
Tra Usa e Cina sfida globale sugli algoritmi
Musk è destinato a influenzare profondamente le politiche governative sull’Ia e intanto investe in hardware ma anche nello sviluppo di soluzioni più sostenibili
Homo homini lupus» evoca guerra e aggressività, ma l’Intelligenza artificiale (Ia) potrebbe ribaltare il significato di quest’espressione. Gli Human digital twins (Hdts) – gemelli digitali capaci di simulare comportamenti umani – promettono di prevenire conflitti e spargimenti di sangue, proprio come i rituali dei lupi, che spesso anticipano e risolvono le tensioni senza violenza. Se ne è discusso questa settimana a Orlando, in Florida, durante un convegno della Nato dedicato all’uso militare degli Hdts: una tecnologia che replica analisti o decisori politici, elaborando dati complessi e prevedendo le conseguenze di azioni strategiche. Potrebbe essere una rivoluzione nella gestione delle crisi geopolitiche e militari. Gli Stati Uniti sono all’avanguardia su questo e su tutti gli altri fronti dell’Ia perché, come ha scritto Henry Kissinger, «tentare di fermare l’Ia significherebbe cedere il futuro a quella parte dell’umanità più coraggiosa nell’affrontare le implicazioni della propria inventiva». Nel 2023, il mercato dell’Ia era valutato a 540 miliardi di dollari e potrebbe superare 1,5 trilioni entro il 2030. Gli Stati Uniti mantengono una posizione di leadership, avendo investito 330 miliardi di dollari in Ia dal 2013, a fronte dei 100 della Cina e dei 20 dell’Europa. La spinta a questa posizione dominante risale al 2019, quando Donald Trump lanciò l’American Ai initiative, stanziando oltre un miliardo di dollari per la ricerca (Executive order 13859). Biden ha ampliato questa visione, impegnando oltre 50 enti federali a garantire un’Ia sicura ed etica, promuovendo il reclutamento di talenti globali (Executive order 14110). Poco prima delle elezioni presidenziali del 2024, ha poi emanato un Memorandum sull’intelligenza generativa, ribadendo il ruolo centrale dell’Ia nella sicurezza nazionale. L’approccio di Biden si basa su una governance bilanciata, con test di sicurezza e misure per ridurre il bias algoritmico (le distorsioni nei dati o nei modelli che possono generare discriminazioni). Trump, invece, insiste sulla necessità di ridurre le regolamentazioni, favorendo l’innovazione con incentivi al settore privato.
Nonostante differenze di stile, entrambi convergono su un punto: la leadership statunitense nell’Ia è essenziale per garantire agli americani sicurezza e prosperità, e, potenzialmente, al mondo pace e progresso. Con Trump l’obiettivo si fa esplicito e la strategia diventa aggressiva. La nomina di Elon Musk (insieme al giornalista e imprenditore Vivek Ramaswamy) alla guida del nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa non è solo un premio per il principale sostenitore della sua campagna elettorale, ma una mossa strategica di largo respiro. La collaborazione tra Trump e Musk è focalizzata sul potenziamento dell’Ia per rafforzare la competitività americana, specialmente in ambito militare e industriale. La “bromance” tra il presidente degli Stati Uniti e l’uomo più ricco del mondo solleva, ovviamente, interrogativi. Musk, definito dall’Economist come disrupter-in-chief, sembra destinato a influenzare profondamente le politiche governative, a partire dalle ipotesi di drastica deregolamentazione nell’Ia. Non è detto, però, che tutto fili liscio tra i due. Le tensioni tra la volubilità e il narcisismo di Trump e il carattere irriverente di Musk potrebbero emergere. La questione riguarda le complesse dinamiche tra tecnica e geopolitica, con implicazioni profonde per il futuro degli Stati Uniti e del mondo. Washington si trova a dover bilanciare la duplice esigenza di competere nei mercati globali e sostenere lo sviluppo esponenziale dell’Ia. In questo contesto, potrebbero sorgere tensioni tra il libertarismo tecnologico di Elon Musk, favorevole a un’innovazione senza vincoli, e il nazionalismo economico di Donald Trump, orientato al primato strategico degli Stati Uniti. Tradizionalmente, il dominio tecnologico si è basato sull’hardware avanzato, un settore in cui gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni all’export di chip come gli Nvidia H100 e A100. Tuttavia, l’approccio esclusivamente basato sull’hardware potrebbe non essere più sostenibile. Infatti, nonostante l’aumento delle risorse, i miglioramenti tendono a diventare marginali, mentre i costi crescono esponenzialmente. In questo contesto, gli algoritmi stanno assumendo un ruolo sempre più centrale, condizionando in modo decisivo le performance dell’Ia.
Nel frattempo la Cina, puntando sulle tecniche algoritmiche, potrebbe ridurre il divario tecnologico con gli Stati Uniti e competere più efficacemente, indebolendo il vantaggio strategico degli Usa. Con l’evoluzione degli algoritmi, potrebbe anche diminuire la sua dipendenza dall’hardware sofisticato, utilizzando tecnologie alternative per aggirare le sanzioni americane, costringendo così gli Stati Uniti a rivedere le politiche commerciali e favorendo un panorama tecnologico più equilibrato.Il futuro dell’Ia, quindi, dipende da un delicato equilibrio tra hardware e algoritmi, segnando un cambiamento di paradigma che potrebbe ridurre la dipendenza dall’hardware tradizionale e aprire la strada a soluzioni più scalabili e accessibili. E qui si affaccia un ulteriore potenziamento della figura di Musk. Il fondatore di Tesla non solo investe in hardware (si veda il suo supercomputer di Memphis, in grado di gestire un exaflop di potenza computazionale), ma è in prima linea anche sul fronte dello sviluppo degli algoritmi e della cooperazione open source, promuovendo tecniche sostenibili, che riducono le reti neurali ai loro elementi essenziali, e la quantizzazione, che usa calcoli meno precisi ma più efficienti. Questa visione tecno-scientifica integrata sarà cruciale in un futuro dove gli algoritmi avanzati, piuttosto che l’hardware puro, giocheranno un ruolo sempre più importante. Dai viaggi su Marte a un futuro più stabile e interconnesso. Pur non essendo l’ideatore degli Human digital twins (Hdts), è certo che Musk saprebbe bene come usare questa e altre tecnologie avveniristiche nella gestione delle crisi globali (nel bene o nel male, questo non è dato sapere). Non sorprende, dunque, che alcuni commentatori ipotizzino che il suo ruolo potrebbe essere così influente da farlo sembrare un «presidenteombra». Con Trump non rieleggibile, si potrebbe addirittura considerare Musk come un possibile candidato per il futuro, se non fosse per il vincolo costituzionale che vieta a chi non è nato negli Stati Uniti di diventare presidente. Questo principio costituzionale non è mai stato messo in discussione, anche se la storia americana dimostra che la Costituzione può essere modificata, a fronte di grandi mutamenti sociali, con sorprendente rapidità: l’abolizione della schiavitù nel 1865 richiese un anno; l’abrogazione del proibizionismo nel 1933 solo nove mesi; e il voto ai diciottenni nel 1971 appena tre mesi.