È stato il primo Paese asiatico a rimuovere la sostanza dall'elenco degli stupefacenti, e ora muove un business stimato intorno ai 12 miliardi di dollari. Ma c'è chi vorrebbe tornare a limitarne il consumo

Phuket, isola più grande della Thailandia e principale destinazione balneare del Paese. Siamo a Patong, il quartiere turistico principale: 17 chilometri quadrati per 15mila abitanti. Cui vanno aggiunte diverse migliaia di turisti tra bar, discoteche, mercatini di cibo da strada, prostitute, centri massaggi e spiagge bianche. La novità degli ultimi due anni sono però le insegne a neon con la foglia di cannabis. Su Google Maps si contano 155 dispensari che vendono marijuana e articoli per fumatori. In alcune zone sono uno ogni 200-300 metri. Visti i prezzi elevati (del tutto in linea con quelli occidentali), i clienti sono principalmente stranieri. Acquistano “erba” ritenuta in media di buona qualità e ad alto contenuto di tetraidrocannabinolo (THC), il principale componente psicoattivo di questa millenaria pianta. Un nuovo e fiorente business che ora potrebbe finire da un giorno all’altro.

 

Quello prospettato sarebbe un clamoroso e rapido dietrofront: dal 9 giugno 2022 questa pianta è stata completamente depenalizzata, rendendo la Thailandia la prima nazione dell’Asia a rimuovere la cannabis dall’elenco dei narcotici. Ma nel maggio del 2023, in campagna elettorale, l’attuale primo ministro Srettha Thavisin ha promesso di farla tornare ad esclusivo uso medico: nel 2018 la Thailandia era stato il primo Paese del Sud-est asiatico a consentirne l’uso su prescrizione medica. Per il ministro della Sanità Pubblica thailandese, il medico Cholnan Srikaew (già leader del partito Pheu Thai Party) il consumo di cannabis ad uso ricreativo verrà vietato anche dentro le mura domestiche. Dove non verrà più consentita anche la coltivazione personale. I contravventori non rischieranno la galera ma una multa fino a 60.000 bah (circa 1.500 euro). Invece, per chi vende cannabis o estratti per scopi ricreativi un anno di prigione o una multa di 100.000 baht (oltre 2.500 euro). La nuova norma doveva arrivare in Parlamento già lo scorso febbraio. Ma a causa dello scontro politico, anche tra i partiti della stessa maggioranza, il voto è stato rimandato.

 

Il personale in un dispensario a Patong, isola di Phuket

 

«Non possono vietare la marijuana, ormai è un business troppo grande» è il ritornello ripetuto un po’ ovunque. Oltre un milione le licenze di Plook Ganja (coltivazione di marijuana) rilasciate, mentre in tutto il Paese sono più di 7.000 i punti vendita che garantiscono 14.000 posti di lavoro. La cannabis viene attualmente pubblicizzata per strada e nei centri commerciali. All’interno dei dispensari, a differenza ad esempio di quanto avviene nei coffee shop dei Paesi Bassi, si vendono e somministrano inoltre anche bevande alcoliche. Nei supermercati è al contrario in vigore un bando all’alcol fino alle 10 del mattino, dalle 12 alle 16 del pomeriggio e dopo le 24. Ancora a Phuket, a Bangla Road, la via pedonale piena di locali notturni che dal centro di Patong porta verso il mare, quando i negozi chiudono, la cannabis viene venduta sulle bancarelle: la Sugar Baby S1 con ben il 43% di THC costa 700 bath (quasi 18 euro) al grammo.

A meno di 900 chilometri da Phuket, nella capitale Bangkok, i dispensari sono oltre 3.000. Per Sa-nga Ruangwattanakul, presidente della Khao San Road Business Association, la marijuana è una delle ragioni per cui i turisti stranieri visitano quest’area di Bangkok. Calcola che soltanto i negozi di cannabis di questa via potrebbero generare 20-30 milioni di baht (fino a 754mila euro) al mese. «A parte i luoghi di intrattenimento e i ristoranti - spiega Sa-nga - la marijuana è sicuramente diventata un’altra carta vincente dell’offerta di Khao San Road».

 

Regolamento di un dispensario a Patong, isola di Phuket

 

Secondo il ministero del Turismo e dello Sport, nel 2023 la Thailandia è stata visitata da circa 28 milioni di turisti stranieri con 1,2 trilioni di baht di entrate (circa 30,5 miliardi di euro). Nel primo mese e mezzo del 2024 già 5,2 milioni di arrivi (quasi 1 milione dalla Cina), con un totale netto di 254,7 miliardi di baht generati (oltre 6,4 miliardi di euro).  Secondo una stima della Camera di Commercio Thailandese (Utcc) il business della cannabis potrebbe valere 12 miliardi di dollari entro il 2025. «Stiamo contribuendo ad alimentare la ripresa del settore turistico del Paese. Ecco perché non torneranno indietro», afferma il proprietario di un dispensario. 

 

Nei negozi c’è ormai di tutto. Nella catena statunitense di supermercati 7-Eleven, la più diffusa del Paese, nel frigo delle bibite c’è persino dell’acqua alla cannabis. Il partito Bhumjaithai, membro dell’attuale coalizione di governo che aveva sostenuto la liberalizzazione della cannabis, ha provato a regolamentarla con un disegno di legge non approvato lo scorso anno dal governo precedente. La palla è quindi passata a quello attuale. Che intanto ha trasformato uno dei Paesi più proibizionisti dell’area nel primo che ha depenalizzato il possesso per uso personale di qualsiasi sostanza.