«La debolezza di Biden in politica estera vi ha danneggiato. Ma l'America tornerà forte». Dialogo con Steve Scalise, leader della maggioranza repubblicana alla Camera e anche lui sopravvissuto a un attentato. Che sul leader repubblicano rilancia: «Sempre di più si sta iniziando a conoscere non solo il politico, ma anche la persona»

«Molti di voi sapranno che sono sopravvissuto a una sparatoria di stampo politico nel 2017. Pochi sanno però che, mentre lottavo per la vita, Donald Trump è stato tra i primi a consolare la mia famiglia in ospedale». Nel suo discorso alla Convention repubblicana di Milwaukee, che si è conclusa ieri con l’accettazione ufficiale di Donald Trump della nomination presidenziale, Steve Scalise ha ricordato uno dei momenti più drammatici della sua vita per raccontare, alla base repubblicana e in streaming a tutto il Paese, chi sia veramente l’ex presidente. «Coraggioso nel pericolo, compassionevole con gli altri».

Tra tutti i relatori che si sono susseguiti sul palco del Fiserv Forum, l’attuale leader della maggioranza repubblicana alla Camera è quello che meglio di tutti può capire il momento vissuto da Trump il 13 luglio scorso. Sette anni fa, infatti, il deputato italoamericano della Louisiana fu ferito da un uomo armato mentre si stava allenando in Virginia per una partita di baseball del Congresso. E lo sventato assassinio dell’ex presidente ha dettato la linea di una convention culminata con il lungo discorso del candidato repubblicano alla Casa Bianca che, pur mostrandosi in un’inedita versione moderata nei toni, non ha rinunciato ai temi populisti da sempre cari alla sua base, accusando Biden di aver permesso l’“invasione” degli immigrati illegali alle frontiere, l’aumento smodato dei prezzi, le guerre in corso in Ucraina e a Gaza. Prima che Trump prendesse la parola, Scalise si è fermato a commentare con L’Espresso questa nuova fase del partito repubblicano.

 

L’attentato della scorsa settimana a Butler, in Pennsylvania, ha sicuramente cambiato i toni non solo della Convention, ma anche della campagna del Gop. Cosa ci dobbiamo aspettare da qui al prossimo cinque novembre?
«Per prima cosa, spero che quello che è accaduto ci riporti a concentrarci sui temi che contano veramente per l’America. La retorica esasperata conoscerà un abbassamento dei toni. E questo vale anche per il partito democratico. Hanno detto che l’avrebbero fatto, speriamo sia così».

 

Sono stati quattro giorni  intensi, una Convention storica. Che atmosfera ha trovato?
«Ho sentito molto ottimismo, il partito e la base non sono mai stati così uniti. E poi quanta allegria tra la gente, sono tutti di buon umore. Il pensiero comune è rivolto a novembre e alle prime azioni da intraprendere per rimettere in carreggiata il Paese. Sono convinto che i nostri amici italiani - ho incontrato Meloni diverse volte - ma tutti gli amici europei in generale non vedano l’ora di confrontarsi con un’America che ritorna a essere forte, soprattutto ora che il Vecchio Continente sta attraversando un momento così delicato della sua storia, con la Russia sempre più aggressiva contro l’Ucraina. La debolezza del presidente Biden in politica estera ha danneggiato l’Europa. Quando invece alla Casa Bianca c’era Donald Trump nessuno ha mai dato fastidio agli Stati Uniti o ai nostri alleati».

 

Abbiamo finalmente anche il nome del candidato vicepresidente. Cosa aggiungerà alla corsa repubblicana verso la Casa Bianca?
«JD Vance darà tantissimo al ticket. Il suo nome sarà fondamentale soprattutto in quegli stati del Midwest, che si tratti di Michigan o del Minnesota, dove non vinciamo da cinquant’anni. Ora ritornano a essere in gioco. Molti colleghi con cui ho parlato, anche in Pennsylvania e Virginia, mi hanno detto che Vance (originario dell’Ohio, stato cruciale del Midwest NdR) farà guadagnare punti. Direi che quindi sta andando benissimo. Con Vance, i repubblicani sono forti in tutti gli Stati Uniti. E ripeto, soprattutto in quelle aree popolate da persone che negli ultimi tre anni hanno avuto la sensazione di non venire ascoltate, di essere invisibili agli occhi del governo».

 

Durante le serate della Convention, l’abbiamo vista molto vicina a Trump. Come sta?
«Ha realizzato di aver visto la morte da molto vicino. Il fatto che qualcuno sia arrivato a un passo da uccidere l’ex presidente è da considerarsi un fallimento epico. È  solo grazie a Dio se lui è ancora qui con noi. Il Signore ha per lui e per il Paese piani più grandi. Per questo guardo con fiducia al futuro».

 

Nel suo discorso alla Convention ha raccontato alcuni aspetti meno conosciuti del leader repubblicano. In privato chi è Donald Trump?
«Abbiamo un rapporto molto stretto, è davvero un caro amico, una persona meravigliosa. Donald è affettuoso e premuroso. Se tutti avessero l’opportunità di vedere anche questi aspetti, forse lo giudicherebbero in modo più onesto. Anzi, ho la sensazione che sia arrivato proprio il momento: sempre di più si sta iniziando a conoscere non solo il politico, ma anche la persona».