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29 ottobre, 2025Nel bilancio delle vittime si contano anche 35 minori. Per Trump, Tel Aviv ha tutto il diritto di rispondere e "niente metterà a repentaglio" il cessate il fuoco. Mentre per la Turchia quella israeliana è stata "una chiara violazione"
È di oltre cento palestinesi morti, tra cui 35 minori, il bilancio degli ultimi raid israeliani su Gaza, come fa sapere la Protezione civile della Striscia. I più pesanti da quando è entrata in vigore la (fragile) tregua, ripartita alle 9 di oggi. Dietro le accuse, incrociate, restano i fatti. Che, dopo la giornata di ieri — 28 ottobre — complicano di molto l’approdo alla fase due del cosiddetto “piano di pace” siglato meno di 20 giorni fa a Sharm el Sheikh, in Egitto, e che porta la firma di Donald Trump. Lo stesso Trump che rivendica il diritto di Israele a rispondere perché, a suo avviso, i miliziani di Hamas (anche se non citati) “hanno ucciso un soldato israeliano".
“Quando succede una cosa del genere, è giusto reagire", ha detto a bordo dell'Air Force One in viaggio verso la Corea del Sud. "Niente metterà a repentaglio" il cessate il fuoco, ha garantito. "Hamas è una parte molto piccola della pace complessiva in Medio Oriente", ha sottolineato ancora, "lancia missili da decenni”. Per il vicepresidente americano JD Vance, invece, quelle di ieri altro non sono state che “scaramucce”.
Ma intanto, lato palestinese, è stata sospesa la riconsegna delle ultime 13 salme di ostaggi ancora nella Striscia. E Israele, oltre ai “pesanti raid” ordinati da Benjamin Netanyahu e arrivati puntuali su Rafah e Gaza City, ha deciso di estendere la linea gialla e occupare l’enclave palestinese oltre il 53% concordato.
Per la Turchia, uno dei protagonisti principali nella partita mediorientale, gli attacchi israeliani “costituiscono una chiara violazione del cessate il fuoco — si legge in una nota del ministero degli Esteri di Ankara —. Sottolineiamo ancora una volta che il pieno rispetto del cessate il fuoco è fondamentale per preservare la speranza di una pace duratura e stabilire la sicurezza regionale”.
Tutto era partito, ieri, dalla consegna da parte di Hamas dei resti di un ostaggio già ridato al posto di una nuova salma. Poi, a far deragliare la situazione, lo scontro a fuoco a Rafah tra miliziani ed esercito israeliano. Ma c’è chi legge, dietro questa risposta israeliana, la volontà — in fondo mai nascosta — di una “vittoria totale” voluta, e cercata, da Netanyahu.
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