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29 ottobre, 2025Per il "blitz dello Stato contro i narcoterroristi" ordinato dal governatore Claudio Castro messi in campo 2.500 agenti. In risposta all'ingresso degli agenti nelle favelas lanciati droni e granate. L'Onu chiede un'indagine
Il fuoco che sale dalle favelas, i rumori dei colpi di arma da fuoco, un bilancio che parla di 64 morti, una battaglia durata 12 ore. Non è una scena di guerra — per lo meno, non una scena di guerra “classica” — ma il risultato di una maxi operazione antidroga condotta dalla polizia a Rio De Janeiro contro i narcos brasiliani e, in particolare, contro il Comando Vermelho. Per il blitz lanciato dal governatore Claudio Castro, dello stesso partito di destra dell’ex presidente Jair Bolsonaro, sono stati messi in campo oltre 2.500 agenti, che sono entrati nel Complexo da Penha e do Alemão, dove vivono 280 mila persone.
Una mano duro, quella scelta dal governatore brasiliano, che ha portato l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani a dirsi “inorridito” e a chiedere "indagini rapide ed efficaci". Le operazioni hanno a 45 scuole chiuse, allo stop dei servizi sanitari e alla deviazione dei trasporti pubblici. Durante l’operazione sono state arrestate circa 80 persone, sequestrati oltre 90 fucili d’assalto e più di 200 chili di droga.
Al blitz della polizia, il cartello ha risposto lanciando granate e droni. “È così che la polizia di Rio viene accolta dai criminali. Con bombe lanciate dai droni”, ha commentato il governatore Castro pubblicando un video su X. "È un'operazione dello Stato contro i narcoterroristi”, ha aggiunto. Ma il principale ricercato, Edgar Alves Andrade, detto Doca da Penha, leader del Comando Vermelho, continua a essere latitante, nonostante su di lui pendano oltre venti mandati di cattura.
Protestano le organizzazioni della società civile brasiliana, tra cui Amnesty International, secondo cui l’operazione avrebbe “messo in luce il fallimento” delle politiche di sicurezza nel Paese.
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