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10 novembre, 2025Il governo non ha ancora rilasciato i visti umanitari per i profughi bloccati nella Striscia. Per la Farnesina l’ingresso nel nostro Paese è subordinato alle “autorità estere”
Uscire dalla Striscia di Gaza continua a essere una corsa contro il tempo, rallentata da ostacoli burocratici. Come raccontato qui da L’Espresso, il tribunale di Roma, a partire da agosto, ha ordinato al governo di rilasciare diversi visti d’ingresso in Italia per motivi umanitari e familiari in favore di cittadini palestinesi nella Striscia di Gaza. Dopo mesi di silenzio, il ministero degli Esteri e il consolato generale d’Italia a Gerusalemme non danno risposte chiare. Alla richiesta di spiegazioni sulla mancata emissione dei visti, il ministero ha risposto che il consolato ha accettato in via eccezionale la presentazione della domanda per via telematica. Tuttavia, ha anche specificato che: «L’eventuale possesso di un visto rileva per l’ingresso in Italia, ma non dà alcun diritto alla fuoriuscita da Gaza. Quest’ultima resta subordinata alla decisione esclusiva delle competenti autorità estere».
Ed è quello che accade a Engy Abdelal che scrive per L’Espresso, ha una borsa di studio per studiare a Pisa ed è sostenuta da una raccolta fondi seguita dalla nostra Federica Bianchi, f.bianchi@lespresso.it.
Secondo gli avvocati dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) che assistono le famiglie italiane dei palestinesi in attesa del visto, la risposta ministeriale è «inaccettabilmente vaga», perché non dice nulla rispetto all’attivazione del consolato e alle procedure di evacuazione da Gaza. Inoltre, specifica Asgi: «Il provvedimento del tribunale non vincola le autorità israeliane ma certamente vincola l’Italia: l’amministrazione consolare è tenuta a rispettare gli ordini giudiziari. Non c’è nulla che impedisca il rilascio immediato dei visti da parte delle autorità italiane». Da quando Israele ha sottoscritto l’accordo per il cessate il fuoco, la situazione a Gaza non è cambiata. K., cittadino palestinese in attesa del visto, ha continuato ad assistere ad attacchi armati e ogni giorno deve scegliere se mangiare o procurarsi i farmaci per curarsi. «Non siamo tornati alla normalità e nemmeno possiamo considerarci al sicuro», dice in uno dei pochi contatti telefonici con la moglie, che lo aspetta in Italia. Per rilasciare il visto di ricongiungimento familiare a K., alcuni giorni fa il consolato ha richiesto il suo certificato di matrimonio. «Non è così che funziona – spiega l’avvocata di Asgi Nazzarena Zorzella – Se il tribunale ordina il rilascio del visto, vuol dire che ha già accertato la sufficienza della documentazione, per cui non c’è bisogno di interporre un ulteriore ostacolo. Al contrario: se c’è un ordine del tribunale va eseguito».
Il cosiddetto corridoio universitario nelle ultime settimane ha portato in Italia decine di studenti e ricercatori palestinesi. In un comunicato del 23 ottobre la Farnesina scrive che, insieme a loro, sono in arrivo 16 cittadini palestinesi che viaggiano per raggiungere i propri familiari in Italia, per un totale di circa 1.200 palestinesi finora accolti nel nostro Paese. Le persone in questione non rientrano nel gruppo di gazawi in attesa del visto da agosto. Solo di recente, infatti, il consolato ha risposto a due diffide inviate da Asgi dicendo che il visto verrà rilasciato e potrà essere ritirato da un delegato. «È evidente però che nessuno da Gaza può dare la procura a qualcun altro, perché non si può né entrare né uscire dalla Striscia, per cui si tratta di una mezza risposta», dice Zorzella. «Sorprende anche che abbiamo dovuto fare delle diffide per ricevere riscontro e speriamo di non dover procedere con una denuncia penale».
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