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13 novembre, 2025Articoli correlati
Gli aiuti umanitari per Gaza raccolti dalla Ong Music for Peace sono rimasti fermi oltre un mese. Le autorità israeliane hanno chiesto di eliminare dai pacchi i cibi ritenuti “troppo energetici”
Bloccati. Perché contengono cibi «troppo energetici per donne e bambini»: marmellata, biscotti, miele, che le autorità israeliane vogliono che siano eliminati dai pacchi. E buttati. La premier Giorgia Meloni, nel denigrare la missione della Global Sumud Flotilla, ha ribadito più volte che con un paio di telefonate gli aiuti umanitari sarebbero stati consegnati a Gaza in tre ore. Ma la gran parte dei pacchi raccolti per la popolazione della Striscia sono rimasti fermi nel porto di Genova per oltre un mese: fino a quando l’organizzazione umanitaria Music for Peace, punto di raccolta degli aiuti ed epicentro delle mobilitazioni di tutta Italia (con la marcia pacifica di 40mila persone ad accompagnare la partenza delle prime barche della Flotilla), dopo settimane di rimpalli tra Farnesina e autorità israeliane ha deciso che non si poteva più aspettare.
Così, 240 tonnellate di pacchi viveri a bordo di dodici container hanno viaggiato da Genova fino in Giordania, nel porto di Aqaba. Senza alcuna autorizzazione preventiva e alcuna garanzia che possano arrivare a destinazione. È la Flotilla di terra, impegnata in una missione meno visibile e altrettanto delicata: consegnare finalmente - e direttamente - gli aiuti in una Striscia martoriata dalle bombe e dalla fame. «Non sarà facile – spiega Stefano Rebora, presidente di Music for Peace, l’organizzazione umanitaria fondata nel ’94 con un concerto-evento, che insieme con Matteo Montaldo è arrivato in Giordania in aereo per provare a scaricare i container e accompagnarli a Gaza via terra – la cosiddetta pace di Trump prometteva di far entrare 700 camion di viveri al giorno: non è così. Perché una Ong come la nostra non può entrare, come invece prevede le Convenzioni di Ginevra?»
Nella sede di Music for Peace, tra la Lanterna e il porto, si continuano a riempire pacchi. Perché delle 500 tonnellate di aiuti raccolte in pochi giorni, con le persone in fila dal mattino per consegnare sacchetti della spesa in vista della partenza della Flotilla, solo una piccola parte ha potuto essere caricata sulle barche salpate da Genova il 31 agosto. Il resto, 40 tonnellate, è arrivato a bordo di navi portacontainer in Sicilia, prima tappa della missione. Ma il grosso della raccolta è rimasto bloccato per settimane nel porto di Genova. «Nel frattempo abbiamo inviato 120 tonnellate in Sudan – ripercorre Stefano Rebora – ma la missione deve proseguire: gli aiuti devono arrivare alla gente di Gaza». D’altronde, era proprio questo il motivo per cui Rebora aveva deciso di scendere dalla barca, in accordo con la Global Sumud Flotilla: per lavorare al corridoio di terra. Un corridoio chiuso. «Le nostre condizioni sono state chiare dall’inizio – spiega il fondatore di Music for Peace – pacchi integri e consegna diretta alle associazioni palestinesi nella Striscia con cui collaboriamo dal 2009».
E invece, in seguito agli scambi di email e alle riunioni con il Cogat (Coordinator of government activities in the Territories), l’organismo in capo a Israele che coordina la gestione degli aiuti nei territori occupati, arriva una richiesta sconvolgente: togliere dai pacchi marmellata, miele e biscotti. Con la motivazione shock che i prodotti con amidi e zuccheri siano «troppo energetici per donne e bambini».
E ancora: l’altra richiesta è stata di consegnare i pacchi alla Jordan Hashemite Charity Organization (Jhco) perché li portasse a Gaza. La stessa organizzazione giordana che ha chiesto a Music for Peace di pagare lo smaltimento degli alimenti tolti dai pacchi e le spese del trasporto: circa 1.800 euro per ogni camion. Proposte «irricevibili», sintetizzano a Music for Peace: «Consegneremo gli aiuti al nostro direttore operativo a Gaza, che documenterà la distribuzione ai civili palestinesi con foto e video». Ogni pacco «è pensato per una famiglia fino a cinque persone. Li abbiamo sempre composti rispettando i parametri nutrizionali previsti dall’Organizzazione mondiale della Sanità – rimarca Valentina Gallo di Music for Peace – e ci rifiutiamo categoricamente di togliere ai bambini anche la gioia di aprirli: quando vedono i biscotti sorridono. È una richiesta di una crudeltà inaudita».
Per denunciare l’inerzia del governo, il senatore M5S Luca Pirondini ha organizzato l’8 ottobre una conferenza stampa al Senato: una «operazione verità» insieme all’opposizione, con l’intervento – tra gli altri – dell’eurodeputata di Avs Benedetta Scuderi, che era a bordo della Flotilla. «Siamo di fronte a bullismo istituzionale», è la sintesi di Valentina Ghio, parlamentare Pd che durante un question time alla commissione Esteri, con Peppe Provenzano e Laura Boldrini, ha chiesto conto al governo: «Cosa sta facendo per sbloccare questa indecenza?»
L’Ong genovese, in occasione della partenza dei container per la Giordania, il 24 ottobre ha chiamato di nuovo alla mobilitazione pacifica: «Per ogni chilo di aiuti per Gaza, una persona. Perché ogni chilo del carico in partenza deve avere un volto, un passo: le piazze devono restare vigili», scandivano al megafono, al corteo dove era presente l’ambasciatrice palestinese in Italia Mona Abuamara che ha incontrato la sindaca Silvia Salis. Quello che adesso fa paura è che gli aiuti si impantanino in uno stallo infinito. «Se non ci lasciano scaricare i container in Giordania per poi condurli a Gaza i costi saranno altissimi – riflette Rebora – parliamo di 50 dollari al giorno a container: quindi, 600 dollari al giorno. E la nostra organizzazione si auto finanzia. Cercheremo di attingere alle donazioni, ma non sarà facile».
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