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18 novembre, 2025Secondo Tel Aviv, il procuratore della Corte de L'Aja Karim Khan avrebbe "agito per motivi personali" che "miravano a distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalle gravi accuse a suo carico di molestie sessuali"
Non è la prima volta che Israele avanza la richiesta di annullare il mandato d’arresto per Benjamin Netanyahu spiccato dalla Corte penale internazionale. Ora ci riprova, e chiede di impedire al procuratore capo, Karim Khan, di partecipare ai procedimenti riguardanti lo Stato ebraico e di "annullare i mandati di arresto infondati emessi dal procuratore contro il premier Benyamin Netanyahu e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant", accusati di crimini di guerra e crimini contro l’umanità.
La richiesta, si legge in una nota del ministero degli Esteri di Tel Aviv, "è stata presentata a seguito di informazioni e gravi segnalazioni che sollevano seri dubbi sul fatto che il procuratore abbia agito per motivi personali" che "miravano a distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dalle gravi accuse a suo carico di molestie sessuali ai danni di una dipendente subordinata”.
Lo scorso maggio Khan è stato formalmente accusato di molestie sessuali, dopo che la sua assistente aveva denunciato episodi di violenza in una stanza d’alberto di New York nel dicembre del 2023. Dopo quelle accuse, il procuratore capo della Cpi si è autospseso. I mandati per Netanyahu, ma anche per l’ex ministro della Difesa Gallant, sono stati emessi due settimane dopo che le accuse contro Khan erano state ufficializzate. Secondo i critici della Corte, il procuratore avrebbe scelto di procedere con un’azione mai vista prima nei confronti di Israele nel tentativo di rafforzare la propria reputazione in vista di un possibile scandalo. Questo soprattutto dopo mesi di contestazioni legate alla presunta inerzia della Corte mentre Israele intensificava le operazioni militari contro Hamas a Gaza.
Negli ultimi giorni si è aggiunto un altro capitolo. Il Guardian ha scritto che il governo del Qatar avrebbe pagato una società d’investigazione privata londinese per pedinare e provare a delegittimare la donna. Il gruppo, sempre secondo il quotidiano britannico, avrebbe cercato di creare un nesso tra l’assistente di Khan e Israele, per screditarne la reputazione e ipotizzare un complotto contro il procuratore della Cpi.
Già alla fine dello scorso anno, i giudici della Cpi avevano stabilito che “la questione, così come formulata da Israele, non è una questione impugnabile” e quindi ne aveva bocciato il ricorso.
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