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20 novembre, 2025Dopo l’invasione dell’Ucraina, la risorsa è diventata uno strumento per aggirare sanzioni e rafforzare la presenza nel continente grazie a gruppi paramilitari a sostegno di regimi
Dopo l’invasione dell’Ucraina, l’oro è diventato la valuta strategica del Cremlino, che ha costruito in Africa una rete di miniere e traffici per rafforzare ricchezza e influenza. In Mali, dal colpo di Stato del 2021, il generale Assimi Goïta si è allineato alla Russia, viene espulsa la missione Onu Minusma e ridimensionato il ruolo europeo. Il vuoto di sicurezza è stato occupato da mercenari russi e jihadisti. Burkina Faso, Niger e i Paesi vicini stanno seguendo la stessa strada.
«Prima dell’invasione su larga scala, la Russia era già uno dei principali produttori ed esportatori mondiali di oro. Sei mesi prima dell’invasione Mosca aveva allocato circa il 40 per cento del proprio National Welfare Fund in oro. Una mossa preventiva», spiega John Kennedy, responsabile della ricerca del think tank Rand Europe. «La reale dimensione delle riserve russe resta opaca, ma è certo che rappresenta una delle principali difese del Cremlino contro le sanzioni economiche».
Con 54 voti alle Nazioni Unite, l’Africa è cruciale anche per evitare l’isolamento diplomatico. Kennedy aggiunge che «la Russia ha pagato anche l’Iran in oro per 6mila droni suicidi Shahed» e non si può escludere l’uso verso la Corea del Nord. Rand ha inoltre documentato scambi oro-contanti in Turchia, mentre «Russia e Cina condividono la volontà di de-dollarizzare il sistema finanziario». A supporto di questa strategia opera una serie di strutture legate allo Stato, tra cui il gruppo dei paramilitari Wagner e l’Africa Corps.
La penetrazione russa emerge dalla propaganda. Nel 2021, a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana, viene proiettata la première di “The Tourist”, un film che presenta i “consiglieri” russi come liberatori del popolo da complotti occidentali e sacerdoti corrotti. In una scena compare un aeroplano Cessna collegato, attraverso il numero di telaio, al gruppo Concord di Evgenij Prigožin, l’ex “cuoco di Putin” e fondatore del gruppo di mercenari Wagner. Mesi dopo il suo tentativo di ammutinamento, con cui accusava l’élite militare russa di aver abbandonato i suoi uomini, Prigožin morirà in un misterioso incidente aereo nel 2023.
A quel punto il Cremlino sostituisce Wagner con l’Africa Corps, una struttura posta sotto il controllo diretto del ministero della Difesa russo. «L’Africa Corps nasce per evitare un nuovo Prigožin» spiega Jędrzej Czerep, responsabile per il Medio Oriente e l’Africa del Pism (Istituto Polacco per gli Affari Internazionali). Tra il 70 e l’80 per cento dei combattenti proviene dalle file Wagner o reclutato nelle regioni più povere della Russia. Rispetto al passato «viene fornito molto più materiale militare da Mosca… almeno quattro convogli verso Conakry in Guinea e colonne terrestri che percorrono mille chilometri fino al Mali, cariche di carri armati e armi pesanti».
Inawelene Ag Hamed Ahmed, presidente del Forum azawadien de réflexion stratégique (Fars), spiega: «Hanno cambiato nome ma restano uguali nel disprezzo dei diritti umani. Le Ong e la società civile dimostrano che l’Africa Corps conduce azioni contro la dignità e non rispetta il diritto internazionale. Inoltre, la presenza russa nel Sahel non ha portato stabilità, ma nuove forme di occupazione. Garantiscono la sicurezza dei principali golpisti. Sono il vero potere armato del Paese». Il presidente del Fars aggiunge che la popolazione azawadiana considera i mercenari come assassini e che «la Russia si è impegnata in una dinamica di colonizzazione dei popoli del Sahel per imporre una giunta che non rispetta alcuna convenzione internazionale. L’Africa Corps utilizza gli stessi mezzi delle forze armate maliane e talvolta si permette di vestirsi con abiti locali per ingannare le popolazioni e commettere crimini».
Per Mosca il problema riguarda i mercenari che erano leali a Prigožin e che si consideravano superiori ai soldati russi, con proprie leggende e identità. Poiché l’Africa Corps non ha raggiunto le dimensioni previste (tra i 20mila e 40mila uomini), nasce nel 2024 la Wagner Legion Istra, sempre sotto il controllo del ministero della Difesa russo, ma erede dell’identità originaria. «È gestita dai comandanti più anziani e rispettati di Wagner e fedelissimi dell’ex “cuoco di Putin”», spiega Czerep. «Mantengono simboli e bandiere. È permesso loro di coltivare il culto di Prigožin, vietato in Russia, solo per trattenere i veterani». In Mali è guidata da Andrey Ivanov (Kep), in Libia da Ruslan Chlalyan (Radimir). «Nella Repubblica Centrafricana hanno costruito un impero economico, producono birra, acqua minerale e gestiscono attività agricole e logistiche, esportano merci attraverso il porto di Douala in Camerun» aggiunge Czerep, agendo come servizio doganale e contribuendo a negoziare accordi con il Ciad. Qui sono guidati da Dmitry “Salem” Podolsky, consigliere diretto del presidente Faustin-Archange Touadéra, che in una recente intervista su France 24 ha confermato di essere in contatto con Mosca.
Accanto al fronte militare cresce l’apparato ideologico. L’African Initiative, RT Academy e le Russia Houses «conquistano cuori – spiega Ahmed – e utilizzano tutti i mezzi, finanziari e altri, per permettere agli oligarchi russi di approfittare delle risorse economiche africane. Fra qualche anno l’Africa sarà russa, cinese, turca ed emiratina se l’Europa non cambia strategia» conclude. A Ouagadougou, in Burkina Faso, l’“Università dei Giovani Leader Politici” insegna il fact-checking «contro la disinformazione occidentale». «La Russia investe una quantità enorme di energie e risorse in questo» osserva Czerep. «L’Occidente non riesce a tenere il passo».
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