Mondo
26 novembre, 2025Articoli correlati
Volto coperto, camice bianco e un nome in codice che ancora terrorizza i prigionieri ucraini. È il Dottor Male. Due giornaliste hanno scoperto chi è il misterioso seviziatore russo
Prosperano nelle zone più oscure e dolorose dei nostri sistemi, che siano prigioni, campi di detenzione, colonie penali, lager. Un repertorio sempre più vario e affollato. Bruti che picchiano, violentano, minacciano, umiliano, e che danno corpo alla più banale e feroce crudeltà: quella che si esercita contro chi non ha strumenti per difendersi. È la storia del torturatore libico Almasri, ma anche del Dottor Male, incubo dei prigionieri ucraini in Russia. Nessuno conosceva il suo nome, ma tutti lo chiamavano Доктор Зло, Dottor Male. Indossava un camice bianco e spesso tentava di nascondere il viso dietro una mascherina chirurgica o un passamontagna. La colonia penale numero dieci, in Mordovia, è stata il suo parco giochi. I prigionieri di guerra ucraini che vi sono passati non ne ricordano solo lo sguardo o la voce, ma ogni dettaglio, ogni crudeltà, ogni umiliazione. Appena entrati nella struttura, venivano spogliati, rasati, picchiati, e fulminati da scariche di taser inflitte senza logica né misura. Solo allora conoscevano il Dottor Male. Non lo spietato personaggio di fantasia dei film sulle avventure di Austin Powers, ma un medico in carne e ossa: Ilya Sorokin, poco più di trent’anni. Sarebbe stato lui a dare seguito all’incubo.
Le testimonianze, che restituiscono la misura della violenza, sono raccolte in una preziosa inchiesta dell’Organized Crime and Corruption Reporting Project, condotta dalle giornaliste del progetto investigativo Schemes, del servizio ucraino di Radio Free Europe, Kira Tolstyakova e Olya Ivleva. Un lavoro che rompe il silenzio attorno alla realtà quasi impenetrabile del sistema penale russo, su cui pesavano denunce e gravi interrogativi in materia di diritti umani da ben prima dell’invasione dell’Ucraina. E anche se in Italia la memoria dei torturatori è distorta, e alcuni li scagioniamo persino, la comunità internazionale, invece, si indigna. Così, le prime denunce, raccolte da Amnesty International, danno il via a una campagna per la tutela dei diritti dei prigionieri di guerra ucraini: quasi tremila uomini ancora intrappolati in un sistema che legittima la brutalità.
In Ucraina il nome del dottor Male comincia a circolare quando la madre di un prigioniero denuncia pubblicamente le torture sistematiche subite dal figlio, che aveva addirittura smesso di parlare per il trauma subito. È in quel momento che Olya Ivleva, giornalista dell’Occrp, sente nominare per la prima volta il Dottor Male. Poi arriva l’elenco di centinaia di ex detenuti della colonia: «Li abbiamo contattati uno a uno», spiega a L’Espresso la giornalista, «e tutti hanno confermato le torture. Ma hanno anche chiarito che non si trattava di una guardia: era davvero un medico. Da lì è iniziata la nostra ricerca, e il processo di identificazione che ci ha portate a Sorokin».
Yuriy Hulchuk, il ragazzo di cui racconta Ivleva, all’epoca dei fatti un marine di appena vent’anni, è diventato uno dei simboli di quell’inferno. Ha passato quasi due anni e mezzo in Mordovia, nelle mani del Dottor Male. Le scariche di taser, inflitte fino a scaricare del tutto la batteria, non gli hanno solo tolto l’uso della parola, ma anche quello delle gambe. Secondo i compagni di prigionia di Yuriy, il Dottor Male sarebbe stato particolarmente infastidito dallo stoicismo del marine di fronte alle torture. E questo sarebbe diventato pretesto per violenze ancora più feroci. Perché la tortura del Dottor Male non era solo fisica. Nella colonia numero 10, oltre ai pestaggi, le buste dell’immondizia calate sul volto fino a soffocare, i pastori tedeschi aizzati contro i detenuti, c’erano anche la violenza psicologica e l’umiliazione. Minacce di stupro e violenze sessuali, esecuzioni simulate, l’obbligo di passare oltre sedici ore al giorno in piedi, con la mano sul cuore, a intonare l’inno russo. Poi gli ordini più assurdi: gattonare, abbaiare come cani, o celebrare i trionfi della medicina russa ripetendo assurdi cori. Indimenticabili, secondo i racconti di moltissimi testimoni, erano anche gli strani slogan che il Dottor Male faceva loro recitare, quasi tutti ispirati alla cultura pop. «Lui gridava “Yogurt!” e noi dovevamo gridare “Danone!”», ha spiegato una delle vittime. Poi gridava “Danone!” e i prigionieri dovevano gemere. E ancora, lui urlava “Chi vive in fondo al mare?” e tutti dovevano rispondere “Spongebob Squarepants!”. Una catena di umiliazioni del tutto priva di logica, ma studiata ad hoc per annientare insieme mente e corpo.
“Chi siete?”, urlava Sorokin. “Froci!”, erano costretti a cantare all’unisono, tremando alla minaccia costante di scariche improvvise di taser, che spesso arrivavano comunque. E sebbene tutti i prigionieri fossero militari, abituati alla violenza e addestrati per sopportarla, di Sorokin stupisce il completo tradimento dei principi ai quali un medico dovrebbe ispirarsi. Solo di rado si comportava da dottore invece che da aguzzino: a volte entrava nelle baracche per ispezioni a sorpresa e allora dispensava le poche cure a cui i prigionieri riuscivano ad avere accesso. Ogni pillola, però, diventava parte di un rituale umiliante: bisognava inginocchiarsi, tendere le mani e aspettare. E spesso, al posto delle pillole, arrivava l’ennesima e arbitraria scarica di taser. È tramite delle fonti all’interno delle forze dell’ordine ucraine che le due giornaliste ottengono una lista di centinaia di ex detenuti della colonia numero dieci. Non tutti accettano subito di parlare. Molti preferiscono il silenzio. Ma alcuni decidono di collaborare: prigionieri già avviati a percorsi di riabilitazione, capaci di raccontare apertamente le torture subite, e di descrivere o identificare i volti del loro aguzzino. Il processo di raccolta delle testimonianze non è stato semplice per Tolstyakova e Ivleva: «Spesso chiudevamo le interviste in lacrime per l’intensità delle testimonianze. Soprattutto quando ascoltavamo i racconti sui morti nella colonia, o il dolore delle famiglie dei prigionieri. Perciò non ci bastava identificare il Dottor Male. Nella nostra inchiesta, abbiamo voluto ricostruire tutto e fare i nomi dei membri dell’intera unità medica numero tredici, quella di cui Sorokin faceva parte, e dello staff della colonia penale. Dal personale di sicurezza a chi si occupava del reclutamento, fino ai dirigenti». Perché, secondo le testimonianze dei prigionieri, quei dirigenti non solo sapevano quanto accadeva, ma con ogni probabilità impartivano gli ordini.
«Non abbiamo mai ricevuto una risposta alle accuse di tortura dalle autorità russe. Durante l’inchiesta abbiamo inviato richieste di chiarimento al direttore della colonia senza ricevere alcuna risposta». Continua Ivleva. Sorokin, invece, dopo essere stato identificato in Ucraina, ha negato di aver mai lavorato nella colonia numero dieci e cancellato tutti i suoi account social, sui quali rimbalzavano le foto di un giovane dottore sorridente, con moglie e figli. Da allora, ha interrotto qualsiasi rapporto con i media. Tolstyakova e Ivleva confermano che, alla fine del 2024, Sorokin si è arruolato tra il personale militare, ed è partito per la guerra. «Secondo le nostre ricerche, oggi serve nelle forze logistiche dell’esercito russo. Incontra regolarmente i colleghi dell’unità medica, riceve forniture per il suo reparto: attrezzature, medicinali, reti mimetiche, che, come abbiamo scoperto, arrivano direttamente dalla colonia numero dieci, la sua vecchia base».
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Bella, ciao - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 21 novembre, è disponibile in edicola e in app



