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1 dicembre, 2025Quello delle sparizioni forzate in Messico è un fenomeno che lo scorso anno ha registrato una media di 26 persone al giorno. “Chi si oppone o ha visto qualcosa viene ucciso e gettato in una fossa clandestina”, racconta a L’Espresso María Luisa Núñez Barojas, madre di Juan de Dios Núñez Barojas, desaparecido il 28 aprile 2017
Las Madres Buscadoras in Messico cercano i resti dei figli scomparsi nel nulla. Scavano in campi di sterminio a cielo aperto con guanti, picconi e pala. Li cercano senza volerli trovare, piegate al suolo con dignità e tenacia, sperando che alla ricerca di verità la terra risponda con una bugia. Si danno appuntamento nei pressi di casali abbandonati, in un deserto, vicino a un fiume, sul ciglio di una strada. Ricevono un messaggio anonimo con delle coordinate e viaggiano per chilometri e chilometri perché in quell’area potrebbe esserci il corpo di un loro caro.
Quello delle sparizioni forzate in Messico è un fenomeno che solo nel 2024 ha visto il record delle 13 mila persone scomparse, con una media di 26 persone al giorno. La situazione è peggiorata nel 2025 quando questo dato è salito a 45 solo nel primo semestre. Secondo l’Informe Annuale di Personas Desaparecidas (IMDHD), le segnalazioni continuano ad aumentare. I dati su larga scala sono ancora più allarmanti. Dal 1951, anno in cui si è registrata la prima sparizione forzata, sono scomparse 124.409 persone secondo i dati della Comisión Nacional de Búsqueda. Le sparizioni sono il prodotto della violenza del crimine organizzato.
“Chi si oppone o ha visto qualcosa viene ucciso e gettato in una fossa clandestina. Lo fanno perché sanno che possono farlo. In Messico c’è un’enorme impunità”, racconta a L’Espresso María Luisa Núñez Barojas, madre di Juan de Dios Núñez Barojas, desaparecido il 28 aprile 2017. “Mio figlio era a dieci minuti da casa. Alle 21.30 mi ha scritto dicendo che c’era un posto di blocco, poi il silenzio. Aveva appena 22 anni. Non potevo restare con le mani in mano, e così, insieme ad altre madri, ho iniziato a indagare. L’ho trovato tre anni dopo in una fossa comune. Ho aspettato un anno e mezzo prima che la procura mi desse i risultati del DNA. Era l’ottobre del 2020 quando finalmente ho potuto seppellirlo. Io volevo trovarlo vivo”, afferma.
La Signora Núñez Barojas è la fondatrice del collettivo La Voz de los Desaparecidos nello Stato di Puebla nel Messico centrale. Grazie al suo lavoro, indipendente e autonomo, sono state trovate 50 persone di cui otto ancora in vita, reclutate dai narcos. Un altro motivo legato alla sparizioni è, infatti, quello dell’arruolamento forzato, che vede quotidianamente uomini e donne sequestrati con la forza o con l’inganno.
“Mio figlio ha risposto a un annuncio di lavoro su internet per un posto in un rancho dello Stato di Guanajuato. Non è mai più tornato a casa”, racconta una madre buscadora al País. Nello Stato di Jalisco nel Messico occidentale si contano più di 14 mila episodi di sparizioni sistematiche. Qui, lo scorso marzo, è stato scoperto un centro di sterminio e addestramento clandestino gestito dal Cartello di Jalisco Nueva Generación (CJNG). Nel Rancho Izaguirre, a 60 chilometri da Guadalajara, c’erano numerosi resti di ossa umane, oltre che almeno 200 paia di scarpe e un centinaio di vestiti ammucchiati. Le indagini sono attualmente in corso ma, secondo i media locali, sono state recluse e costrette ai lavori forzati tra le 500 e le mille persone. Rimane da chiarire come una struttura di questa portata sia sfuggita all’attenzione delle autorità locali e nazionali.
Nella logica dello sfruttamento anche la dimensione di genere gioca un ruolo determinante. Gli uomini vengono arruolati allo scopo di compiere lavori fisici, molti diventano sicari o cecchini. Le donne entrano nel giro del traffico di persone a scopo sessuale. Si tratta di un contesto di doppia violenza, dove la brutalità del crimine organizzato si intreccia con gli abusi strutturali e sistemici della società. “Il caso delle ragazze è particolarmente complicato. Queste vengono corteggiate anche per un anno da finti pretendenti che riescono ad ottenere la fiducia della famiglia. Ricevono poi una proposta di matrimonio e un invito a partire insieme. È così che spariscono: sono letteralmente raggirate”, racconta Gisela Pérez, attivista per i diritti delle donne. “Mi occupo di riabilitazione e integrazione in un rifugio per donne vittime di tratta. Qui le ragazze vivono sotto protezione anche per anni in attesa che i trafficanti vengano arrestati. Mi ripetono spesso che è ingiusto dover restare rinchiuse mentre loro rimangono liberi”, spiega Gisela.
Nel 2025 i casi di sparizioni di donne sono aumentati del 20% in nove Stati del Paese; la maggior parte aveva tra i 15 e i 19 anni. A questo si aggiunge l’impressionante cifra dei femminicidi, più 17 mila tra il 2018 e il 2023, l’equivalente di dieci donne uccise ogni giorno. “La maggior parte delle persone che troviamo sono uomini. Le donne non si trovano né vive né morte”, racconta María Luisa Núñez Barojas. “Lo Stato è responsabile; troppo spesso le indagini vengono manomesse con sparizioni di prove. Qualunque funzionario di polizia che per azione o omissione non faccia il suo lavoro sta compromettendo le ricerche. Le indagini di mio figlio sono da otto anni nella fase preliminare, nonostante io abbia trovato il corpo e conosca i nomi dei responsabili”.
Le continue denunce della società civile sull'assenza di sostegno alla ricerca dei desaparecidos, la scarsa trasparenza e i continui ritardi burocratici hanno sollevato accuse e preoccupazione sul ruolo dello Stato. Il governo, dall’ottobre 2024, sotto la leadership della presidente Claudia Sheinbaum, sembra minimizzare la crisi puntando il dito unicamente sul crimine organizzato. Le Nazioni Unite hanno chiesto all’esecutivo di riconoscere las Madres Buscadoras come Defensoras dei Diritti Umani, chiedendo che si attivino protocolli di protezione durante le ricerche. Il comitato delle Nazioni Unite contro le sparizioni forzate (CED) si è appellato per la prima volta nella storia all’Articolo 34 della Convenzione con l’obiettivo di portare la questione all’Assemblea Generale dell’Onu. Familiari delle vittime e 127 ong hanno consegnato un documento parallelo al governo: “Le sparizioni sono sistematiche e generalizzate, restano impunite e contano sulla complicità di esercito e polizia”. Il governo ha risposto negando ogni accusa e dichiarando che le affermazioni del Comitato sono prive di fondamento. In ogni caso, i numeri parlano chiaro: quasi 130 mila persone scomparse, oltre 72 mila corpi non identificati nelle strutture governative, centinaia di migliaia di frammenti di ossa e appena 373 condanne emesse.
Di fronte alla sfiducia nelle istituzioni, i familiari delle persone scomparse sono costretti a cercare i propri cari in modo autonomo. Questo però li espone a enormi rischi: "Mi hanno minacciata di morte; quando uscivo a cercare mio figlio una macchina mi seguiva. Mi hanno bucato le ruote e aperto la porta di casa. La mia collega e amica Blanca Esmeralda Gallardo è stata uccisa: cercava da anni sua figlia Betzabé di cui non si sa nulla”, spiega la signora Núñez Barojas. Dal 2010 almeno 16 Maders Buscadoras sono state uccise per mano del crimine organizzato, le stesse che negli ultimi dieci anni hanno ritrovato più di 800 figli scomparsi. Prima di ogni giornata di ricerca queste donne si dispongono in cerchio, posano la pala per terra e con il pugno chiuso sul petto ripetono in coro: “Perché li cerchiamo? Perché solo noi li troviamo!”.
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