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10 dicembre, 2025"Noi europei siamo i primi a non credere alla forza normativa dell’Europa. È questo che ci blocca oggi contro l’imperialismo di Putin". Parole di Daniel Cohn-Bendit
«Noi europei siamo i primi a non credere alla forza normativa dell’Europa. È questo che ci blocca oggi contro l’imperialismo di Putin». Parole di Daniel Cohn-Bendit. “Dany le Rouge”, la leggendaria guida del maggio francese e, dopo le rivolte del ’68, cofondatore ed eurodeputato dei Verdi. Che in questa intervista spiega perché, «l’Europa ha i numeri per unirsi di più e resistere alle nuove tendenze autoritarie».
Cohn-Bendit convinto europeista. Perché?
«Perché è in gioco la nostra sopravvivenza. Non esistono per le crisi ecologiche o le guerre soluzioni a livello nazionale. Solo un’Europa più unita, anche nella politica della difesa è il contesto in cui affrontare queste crisi e assicurarci una vita libera dal diktat di superpotenze come Cina o Russia».
In Ucraina siamo nel quarto anno di guerra. Il conflitto deciderà i destini d’Europa?
«Dopo le guerre mondiali, l’Ue è stata una sfera di costruzione della pace. Per 80 anni abbiamo vissuto in questo spazio “normativo”, superando, nonostante Guerra fredda e mondo bipolare, le crisi interne. L’attacco di Putin all’Ucraina ha distrutto questa pace con l’intento non solo di demolire la sfera normativa europea. Ma ponendo anche a noi europei due domande essenziali».
Iniziamo dalla prima…
«Siamo oggi in grado di difendere la nostra sovranità, cioè le nostre libertà e dignità umane, o ci lasceremo sopraffare dall’imperialismo di Putin? È questa la posta in gioco nel conflitto in Ucraina».
L’altra “domanda” è se sia giusto fornire aiuti e armi a Zelensky?
«Non è solo giusto, ma necessario. Se lasciamo cadere l’Ucraina, diciamo a Putin che non vogliamo difendere i valori democratici alla base dell’Ue. Per questo le forze politiche, di destra o sinistra, che non vogliono più fornire aiuti all’Ucraina, vogliono in realtà che ci sottomettiamo a Putin».
Per sostenere l’Ucraina, dovremmo anche investire i miliardi congelati dei russi?
«Immagina che nel 1940 qualcuno si fosse chiesto se è giusto impiegare i miliardi di Hitler per soccorrere gli ebrei…Ora, Putin ha coscientemente infranto ogni norma internazionale e lo fa ogni giorno del conflitto. I miliardi dei russi per le vittime della guerra di Putin non sono altro che riparazioni di guerra».
Per Der Spiegel la Afd, il partito di estrema destra in Germania, è “una creatura di Putin”. Questo partito fa il gioco di Putin?
«Le destre in Germania, in Francia o in Italia sono “creature” prima di tutto delle paure che assillano le nostre società. Sono paure molto diffuse e reali a portare oggi la gente in massa verso i populisti di destra».
Arnold Gehlen diceva che il kitsch è “l’abbreviazione dell’arte». I sovranisti sono il kitsch della politica, dato che fomentano le paure della gente, ma non risolvono i problemi?
«I pifferai dell’estrema destra sfruttano le paure della gente. Certo, a tutti spaventa il clima, il virus o la disoccupazione. Ma non c’è nessun problema globale, ripeto, che le destre possano risolvere con i loro slogan. E il miglior esempio di ciò è il governo Meloni».
Vuol dire che quella di Meloni sarebbe una politica demagogica o kitsch?
«Meloni è arrivata al potere cavalcando il suo anti-europeismo. Si è servita della più feroce xenofobia contro i migranti e delle critiche alla politica in Ucraina del precedente governo. E cosa ha fatto nei suoi tre anni al potere? Oggi la sua è una posizione pro-Ucraina. Ha fatto pace sia con Bruxelles che con l’euro. E per i migranti ha aperto centri in Albania a dir poco inutili. Quello che questi sovranisti non afferrano è il vero dilemma dell’era globale».
Quale dilemma?
«L’Italia vive oggi un deficit demografico più drammatico della Francia o della Germania. Connesso al crollo demografico è il dilemma di come garantire le pensioni. Per farlo dobbiamo implementare innovazioni e crescita economica. Ma per avere più crescita dobbiamo anche avere gente che lavori: per questo abbiamo bisogno di una migrazione controllata. Al di là degli slogan dei populisti, in Europa dobbiamo oggi coniugare crescita e migrazione per far fronte alla crisi demografica. La politica sovranista delle paure è miope e non ha il coraggio di affrontare il futuro».
Dalle miopie dei sovranisti europei torniamo al regime in Russia. Possiamo considerare quello di Putin un fascismo del 21° secolo?
«Quello di Putin è senza dubbio una forma di totalitarismo del 21° secolo. Da Hannah Arendt abbiamo appreso a confrontare le forme del totalitarismo, ad appurare analogie e differenze tra stalinismo e nazismo. Oggi il putinismo funziona in modo simile a stalinismo e fascismo del 20° secolo, ma le sue ideologie sono altre. In lui c’è un elemento di fanatismo nazionale-religioso tipico del 19° secolo. Per le negazioni delle libertà civili e democratiche è senz’altro una forma di fascismo».
Cosa ha provato quando, in Alaska, Trump ha stretto la mano a Putin?
«Anche il machismo di Trump è una forma di dispotismo mirante ad atrofizzare le libertà della società civile. Trump è un sovrano assolutista che demolisce le libertà per conto delle élite tecnologiche, che ripudiano le procedure democratiche. In Alaska ho intravisto in Trump e Putin due varianti del neo-totalitarismo».
Nel 1968 era alla guida del movimento studentesco che ha cambiato l’Europa protestando contro la guerra in Vietnam. Oggi gli studenti non protestano contro la guerra riportata da Putin al centro d’Europa…
«Il motivo è il solito anti-americanismo di una certa sinistra. In Europa le proteste contro il terrore dell’imperialismo sovietico in Ungheria o a Praga furono sempre deboli. Il credo di tanta sinistra era che criticare la Russia avrebbe fatto il gioco dell’imperialismo americano. Ma ricorda il patto Ribbentrop-Molotov nel ’39?».
Quello di non-aggressione fra Russia di Stalin e Germania di Hitler?
«Grazie a Dio, Hitler era un pazzo. Se non avesse attaccato la Russia, e se gli americani non fossero intervenuti, oggi in Europa staremmo ancora sotto il loro dominio. Io devo la mia vita allo sbarco degli Alleati in Normandia nel ’45; per questo temo oggi di perdere, con la deriva autoritaria di Trump, il sostegno degli Stati Uniti».
Non a caso Joschka Fischer, con cui ha fondato nel 1982 i Verdi, sognava “gli Stati Uniti d’Europa”. Resteranno un sogno?
«Noi europei sottovalutiamo la dimensione normativa delle nostre libertà, conquistate abbattendo il nazi-fascismo. Gli americani ci sfottevano per l’euro, e le élite finanziarie erano contrarie alla moneta comune. Oggi il 70 per cento degli italiani vuole l’euro, oltre l’80 per cento dei tedeschi. E l’euro è solo una parte della normatività di un’Europa federale. No, l’Ue non è un sogno, ma il tentativo di assicurare sul Vecchio Continente valori democratici e difendersi dalle spinte autoritarie del totalitarismo nel 21° secolo».
Ma la guerra di Putin contro Kiev non porterà paradossalmente a più Europa, a partire da una politica della difesa comune?
«Il paradosso sta nel fatto che, secondo Putin, la guerra in Ucraina è esplosa perché la Nato accerchiava la Russia. Di fatto, con la sua guerra, la Nato è diventata con la Finlandia e Svezia più forte, e più vicina alla Russia. È triste che ciò avvenga sulle spalle degli ucraini, ma è inevitabile che gli europei affrontino un processo di integrazione delle forze militari, che porti ad un esercito europeo».
Insomma, è immaginabile una Russia senza Putin, e finalmente più democratica?
«Quante discussioni, prima dell’89, con il mio amico Cornelius Castoriadis, che non credeva che il blocco sovietico sarebbe mai crollato! Se avessi detto all’inizio del 1989 in un’intervista con L’Espresso che il Muro di Berlino crollerà presto, tutti mi avrebbero deriso. In realtà, nessuno aveva previsto un Gorbaciov, e ogni sistema totalitario, prima o poi, crolla per le sue fragilità interne».
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