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17 dicembre, 2025Articoli correlati
Con la richiesta di grazia il premier intende porsi al di sopra della legge. Sta instaurando un regime simile a quello ungherese, dice Bressler, fisica del Cern, anima delle proteste
Shikma Bressler, 45 anni, è una fisica israeliana che lavora al Cern di Ginevra. Madre di cinque figli e moglie di un comandante dello Shin Bet, è uno dei volti più noti delle manifestazioni contro il governo Netanyahu. Le proteste, iniziate tre anni fa per contrastare il tentativo di riformare il sistema giudiziario e proseguite anche nei mesi di guerra, sono tornate alla ribalta dopo la richiesta di grazia presentata il 30 novembre dal primo ministro Netanyahu al presidente Herzog per il processo che lo vede imputato per frode e corruzione.
«Secondo la legge israeliana solo una persona già condannata può chiedere la grazia. L’unico caso in cui la grazia fu concessa prima della conclusione del processo risale al 1984, ma in quell’occasione l’interessato ammise la propria colpevolezza. Netanyahu invece non può chiedere la grazia: il processo è ancora in corso e lui non intende assumersi la responsabilità dei reati contestati. Ciò che sta realmente chiedendo al presidente Herzog è di cancellare il processo, il che equivarrebbe a porsi al di sopra della legge. Se Netanyahu verrà graziato il messaggio sarebbe devastante, ossia che una persona sufficientemente potente può mettere il Paese in una situazione gravissima e poi uscire indenne», racconta Bressler. «Il problema è che non abbiamo fiducia nel presidente Herzog. È una figura debole, eletto con i voti del Likud nonostante provenisse formalmente dal Partito Laburista. Il primo gesto compiuto da presidente fu assumere lo stesso responsabile della comunicazione che aveva lavorato per Netanyahu. Questo ha generato profonda sfiducia: molti non si sorprenderebbero se Herzog decidesse di accontentare Netanyahu».
Nel documento redatto dai legali del primo ministro e nel video ufficiale diffuso in rete, Netanyahu si dichiara disponibile a portare a termine il processo, nega qualsiasi responsabilità e si proclama innocente; allo stesso tempo chiede la grazia sostenendo che sarebbe la soluzione migliore per «favorire la riconciliazione» all’interno della società israeliana.
Secondo Bressler, «Netanyahu tenta di far leva sulla retorica della divisione nazionale, sostenendo che per il bene del Paese bisognerebbe chiudere la questione, ma omette di dire che è stato lui stesso ad aver alimentato questa divisione. Israele si trova oggi a un bivio storico, tra due visioni di società radicalmente diverse: da una parte, la grande maggioranza della popolazione – secondo tutti i sondaggi e le ricerche – che desidera un Paese moderno, liberale, democratico e, insieme, ebraico; dall’altra, una minoranza che punta a trasformare Israele in una sorta di teocrazia ebraica messianica, profondamente razzista ed estremista».
E questo, secondo Bressler, ha messo a rischio la sicurezza degli israeliani oltre che dei palestinesi. «Contro ogni parere dei vertici della sicurezza, Netanyahu ha scelto di rafforzare Hamas mentre indeboliva le forze palestinesi moderate che avrebbero potuto favorire un accordo. Arrivò perfino a definire Hamas “un asset”. Il risultato è stato il 7 ottobre. Pubblicamente combatteva Hamas, dietro le quinte ne facilitava i sostenitori. Per aver denunciato questi fatti io e altre persone siamo state querelate dal primo ministro».
«Per restare al potere e per proteggersi dal processo», continua Bressler, «Netanyahu ha scelto di legarsi ai gruppi della destra religiosa sionista, che nel frattempo hanno progressivamente indebolito dall’interno le istituzioni liberali». E aggiunge: «Se Netanyahu resterà al potere e otterrà ciò che vuole ci avvieremo verso un regime simile a quello ungherese. Se invece riusciremo a preservare e ricostruire lo Stato come democrazia liberale ebraica, allora potremo affrontare seriamente i molti problemi irrisolti – con i palestinesi, certo, ma anche all’interno della società israeliana. Attendiamo con serenità il processo, vogliamo risposte».
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