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22 dicembre, 2025La leva della paura rischia di far tornare indietro il Paese sudamericano, mentre riemergono nostalgie della dittatura
Il Cile ha compiuto la sua più grande svolta a destra in 35 anni di democrazia. L’ultra-destra di José Antonio Kast ha vinto con un ampio vantaggio sulla comunista Jeannette Jara. Conservatore, cattolico e padre di nove figli, José Antonio Kast è figlio di una coppia di tedeschi emigrati in Cile dopo la Seconda guerra mondiale.
Il neo presidente ha iniziato la carriera politica negli anni ’90 come consigliere comunale nell’area metropolitana di Santiago. Nel 2021 è stato sconfitto da Gabriel Boric al ballottaggio presidenziale. Questa volta l’introduzione del voto obbligatorio ha fatto di Kast il presidente più votato della storia del paese.
La sua campagna elettorale ha seguito i temi dell’estrema destra mondiale: sicurezza, lotta al crimine organizzato e caccia all’immigrazione irregolare. Il piano “Escudo Fronterizo”, ad esempio, è un progetto volto a intensificare la messa in sicurezza delle frontiere cilene: “Il Cile non ha confini, ha una porta girevole. Oggi entrano nel nostro paese narcotrafficanti, armi e migranti illegali senza controllo. Questo piano costruirà trincee, muri e centri di espulsione, bloccheremo l’accesso alla salute e all’istruzione per gli irregolari. Il Cile si difende”, viene detto nel video promozionale del progetto.
Kast è riuscito a fare leva sul sentimento della paura, convincendo l’elettorato di un'emergenza migrazione e narcotraffico, due fenomeni, secondo la destra, direttamente connessi. Una mossa strategica, mirata a quel 59% dei cileni che, secondo i sondaggi, percepisce l’insicurezza come il principale problema del paese. “La preoccupazione per la criminalità è reale, ma è stata fatta lievitare e, in ogni caso, sarebbe riduttivo collegare la vittoria di Kast solo a questo elemento", spiega Maria Rosaria Stabili, professoressa di Storia dell'America Latina all’Università di Roma Tre. In Cile la migrazione è effettivamente cresciuta del 46% negli ultimi anni spinta, principalmente, dal flusso di venezuelani. I quali stanno vivendo la più grande crisi di rifugiati dell'America Latina, con quasi otto milioni di esuli. In Cile però la violenza non è aumentata, anzi, i dati mostrano un ribasso del numero di omicidi dal 2023 al 2025. Secondo Global Peace Index, il Paese rientra tra gli Stati sicuri, occupando la posizione 62 su 163. La percezione della paura, invece, è alta con 4 punti su 5. “La vittoria di Kast viene sì dai discorsi sulla migrazione, ma non solo. A partire degli anni 90 si sono formati, in tutto il continente americano, sempre più piccoli movimenti di estrema destra” aggiunge Stabili, “in Cile questi movimenti sono diventati visibili durante le proteste del 2019, perché non sono stati i manifestati a distruggere le statue e le strade di Santiago, sono stati questi gruppi di ultra-destra che si sono infiltrati nei cortei. Sono finanziati dal narcotraffico. All’epoca non gli si è stata data importanza” conclude.
Durante la celebrazione della vittoria di Kast, uno dei suoi sostenitori indossava un cappellino rosso con la scritta “Make Chile Great Again”. E sul web circolano sempre più video di manifestanti che festeggiano la vittoria del partito Repubblicano innalzando la bandiera di Pinochet e richiamando ad alta voce il principio di ordine e zero tolleranza verso il crimine organizzato. Una approccio alla giustizia controverso se si pensa che per il nuovo Presidente gli anziani ufficiali dell’esercito condannati per tortura e violazioni di diritti umani, durante la dittatura, dovrebbero avere l’indulgenza: “Se un giovane di 18 anni stava compiendo gli ordini di servizio, non poteva sapere quello che stava succedendo”, ha dichiarato Kast in diretta nazionale durante il faccia a faccia prima delle elezioni.

Per cercare di capire questi risultati elettorali bisogna fare un passo indietro di 55 anni. Siamo nel 1970, il Cile sceglie Salvador Allende, il primo presidente della storia eletto democraticamente dal popolo. Vince con una coalizione di sinistra chiamata Unidad Popular e con l'appoggio parlamentare della Democrazia Cristiana. “All’epoca l’esperienza cilena attirò l’attenzione dell’Italia. È dal caso cileno che Enrico Berlinguer trasse le riflessioni che portarono alla proposta del compromesso storico con la DC in Italia”, spiega Andrea Mulas, ricercatore della Fondazione Lelio e Lisli Basso. “Durante i primi tre anni, il governo perse l’appoggio della Democrazia Cristiana. I socialisti e comunisti non riuscirono a portare a termine le riforme necessarie. Questo generò una crescente polarizzazione dello scontro politico e una radicalizzazione del conflitto sociale” spiega Mulas.
Così l’11 settembre 1973 il governo viene ribaltato da un colpo di stato orchestrato del generale dell'esercito Augusto Pinochet con il sostegno degli Stati Uniti. Allende muore nel palazzo presidenziale della Moneda la mattina dello stesso giorno. Nei 17 anni successivi, più di 40 mila persone sono state vittime di detenzioni, esecuzioni e sparizioni forzate; oltre 500 mila cileni sono stati costretti all’esilio; centinaia di studenti, intellettuali e militanti di sinistra sono stati perseguitati, torturati e uccisi; lo stadio di Santiago è diventato uno dei tanti centri di tortura e detenzione forzata del paese; centinaia di donne sono state violentate delle forze militari del regime; bambini e neonati sono stati dati illegalmente in adozione; almeno 2 mila corpi aspettano, ancora oggi, di essere restituiti alle famiglie. Si tratta di uno dei periodi più bui e tristi per il Cile e per la democrazia in generale.
Nel 1988 viene indetto un referendum dove si domanda alla popolazione se volesse continuare con il regime di Pinochet. La vittoria del No apre la strada alla transizione democratica segnando la fine della dittatura. A questo referendum un giovane Kast votava "si, voglio che Augusto Pinochet resti al governo per altri 8 anni”.
Da allora il Cile vive un periodo di alternanza tra centrosinistra e centrodestra. Nel 2019 scoppia l’estallido social, un movimento di protesta contro le disuguaglianze economiche nato a causa dell'aumento del prezzo dell’autobus. Il motto “¡No son 30 pesos, son 30 años!” (non sono 30 centesimi sono 30 anni) si riferisce a trent’anni di ingiustizie sociali e diseguaglianze. “I governi di sinistra e di centrosinistra non sono riusciti, nel tempo, a soddisfare pienamente le aspettative create dalle promesse elettorali. L’ultimo governo, quello di Boric, ma anche quelli precedenti di Michelle Bachelet, non hanno saputo dare risposte decisive, soprattutto sul piano delle riforme strutturali. La cosa più grave è che non sono mai riusciti a sostituire la Costituzione ereditata da Pinochet. In Cile hanno ancora una Costituzione scritta in piena dittatura” afferma Andrea Mulas.
Il Partito Comunista Cileno, dichiarato illegale dal regime, ha visto, tra i suoi iscritti, personalità come il premio Nobel Pablo Neruda, il chitarrista Víctor Jara, torturato e ucciso nello stadio di Santiago, la cantante Violeta Parra. Jeannet Jara è stata la prima candidata nella storia del Partito Comunista Cileno a entrare in un ballottaggio presidenziale, ma non ce l'ha fatta a superare Kast.

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