Parola d'ordine: accelerare. Il Consiglio europeo di ieri, 20 marzo, si è posto la velocità come obiettivo, su tutti i fronti, "per aumentare in modo decisivo la prontezza di difesa dell'Europa entro i prossimi cinque anni" e realizzare il primo possibile il piano di riarmo ribattezzato "Readiness 2030". I leader dei 27 Stati membri, chiamati a discutere di difesa, Ucraina, ma anche di migrazione e competitività, hanno convenuto che non c'è più tempo da perdere e hanno invitato "il Consiglio e i colegislatori a portare avanti rapidamente i lavori sulle recenti proposte della Commissione" e "ad avviare con urgenza l'attuazione delle azioni individuate nelle sue conclusioni del 6 marzo 2025 nel campo delle capacità e a proseguire i lavori sulle relative opzioni di finanziamento”.
Le divergenze
Lavorare in fretta, ma con 27 opinioni diverse. Accelerare sulla difesa è il punto che mette d'accordo tutti (eccetto l'Ungheria di Viktor Orbán), ma quello che divide i Paesi è il come farlo. L'Italia, per esempio, non è contraria ai 150 miliardi di euro di prestiti per i Paesi membri e una clausola per scorporare una parte delle spese dal patto di stabilità, ma sta valutando se sia il caso o meno di utilizzarli. No, invece, all'investire due terzi dei fondi in armamenti made in Europe. La Francia invece vorrebbe più armi senza aiuti esterni: l'idea di Emmanuel Macron è di spendere fino a 27 miliardi di euro l'anno, ma senza attivare la clausola sul debito. "Il principio del Buy European" nella difesa "è un importante cambiamento di dottrina in Europa e ci renderà più autonomi e indipendenti", ha aggiunto l'inquilino dell'Eliseo. Ancora su un'altra posizione è la Germania, che ha ideato un piano di 1000 miliardi di euro per rilanciare l'economia tedesca, migliorare l'esercito e fornire aiuti all'Ucraina. Il Bundestag ha stabilito che, attiverà la clausola sul debito, ma che probabilmente non toccherà i 150 miliardi stanziati dall'Unione. Il Consiglio europeo ha poi sottolineato l'importanza di mobilitare finanziamenti privati a favore dell'industria della difesa e ha invitato la Commissione la possibilità di usare i programmi dell'Ue, per esempio l'InvestEU (come chiede l'Italia).
La convocazione a Parigi dei "volenterosi"
La presidente Ursula von der Leyen, dopo la riunione, ha sottolineato che il Libro Bianco sulla difesa "ha un nome che dice tutto, 'Prontezza 2030'" e "prevede di finanziare anche le infrastrutture, la mobilità militare, il cyber, la comunicazione". Accelerare, sì, ma con i tempi lenti dell'Unione europea. Il dossier, nei fatti, slitterà al prossimo Consiglio europeo di giugno, anticipato di poco dal vertice Nato in Olanda, dove gli alleati saranno chiamati ad aumentare i target di spesa (si parla di almeno il 3%) dietro richiesta di Donald Trump. Mentre a Bruxelles si discute di difesa comune, il presidente francese convoca nuovamente un vertice di volenterosi sull'Ucraina a Parigi, giovedì 27 marzo, alla presenza di Volodymyr Zelensky. Oggi pomeriggio (21 marzo), dopo il secondo giorno di vertice, il presidente del Consiglio, António Costa, dovrebbe riferire quanto stabilito dai 27 a Bruxelles ai leader dei paesi terzi europei che partecipano all'appello di Macron - ovvero Regno Unito, Turchia, Norvegia e Islanda - per il sostegno a Kiev e le garanzie di sicurezza in caso di accordo di pace con la Russia. L'incontro all'Eliseo avverrà dopo il nuovo tentativo di colloqui a Riad lunedì, 24 marzo. L'intenzione, in Arabia Saudita, è di discutere del cessate il fuoco tra Mosca e Kiev, dopo una battaglia di droni che sembra interrompere un'ipotetica tregua prima ancora che possa iniziare.
Orbán contro tutti
I capi di Stato e di governo hanno adottato le loro conclusioni sull’Ucraina aggirando l’opposizione del premier ungherese. Era già accaduto durante il vertice straordinario del 6 marzo. Costa ha trovato un escamotage per raggiungere un consenso a 26, laddove non si riesca ad ottenere l’unanimità (richiesta per le decisioni formali di politica estera): le determinazioni dei leader europei sono state inserite in un documento separato da quello che riporta le conclusioni finali del vertice, firmato da tutti, meno che dal premier magiaro. “Divergenza strategica“, si è detto per giustificare la nuova dinamica. "L'Ungheria ha una posizione diversa dagli altri 26 per quanto riguarda l'appoggio all'Ucraina per raggiungere la pace, ma dobbiamo rispettare la sua posizione. Allo stesso tempo non possiamo restare bloccati semplicemente perché l'Ungheria pensa diversamente da noi", ha detto Costa. "Dobbiamo continuare a fare quello che stiamo facendo - ha aggiunto - due settimane fa abbiamo approvato una visione molto chiara per quanto riguarda l'Ucraina a 26, oggi abbiamo adottato lo stesso metodo e così faremo per rimanere uniti e rispettando le diverse opinioni degli uni e degli altri. La diversità è una ricchezza, ma l'importante è arrivare ad una posizione". Intanto, i veti di Budapest contribuiscono a tenere viva la discussione sull'unanimità necessaria nelle votazioni. Tra i leader che vorrebbero cambiare le regole, optando per una maggioranza qualificata, c'è anche il cancelliere tedesco uscente, Olaf Scholz: "Sono sempre stato dell'opinione che dovremmo sfruttare la possibilità di prendere decisioni in politica estera nel Consiglio europeo con una maggioranza qualificata di due terzi, anziché all'unanimità. Credo che il momento sia giusto per comprendere questa necessità e agire di conseguenza".