Walid Jumblatt è un pezzo di storia del Libano e di tutto il Medio Oriente. Storico leader dei drusi libanesi ed erede di una famiglia ricchissima, ha guidato il Partito Socialista Progressista dal 1977 al 2023, subentrando al padre, assassinato dai sicari del presidente siriano Hafez al Assad. Oggi il partito è guidato dal figlio Taymour, all’insegna di una forte continuità in una comunità molto unita. Durante la lunga guerra civile che ha dilaniato il Paese dei Cedri, dove i drusi avevano spesso cambiato alleanza, Jumblatt era stato un fedele alleato della Siria, per poi rompere i rapporti e diventare uno dei più feroci oppositori di Damasco. Dal 2005 con l’uccisione dell’ex Primo ministro Rafiq Hariri, Walid Jumblatt aveva impostato tutta la sua azione politica in contrasto alla Siria, accusandola di voler trasformare il Libano in una provincia.
Il leader druso durante i 15 anni di guerra civile era rimasto sempre alleato all’Organizzazione per la Liberazione della Palestina ed era amico personale di Yasser Arafat. Un rapporto che il vecchio politico libanese rivendica con orgoglio ogni volta che racconta la sua storia. «Quando Assad fece assassinare mio padre, i palestinesi furono i primi a giurare vendetta per un uomo che aveva sempre lavorato per la loro causa. Il mio amico Yasser Arafat scoppiò a piangere dando la notizia ai suoi uomini e questo legame fra le nostre famiglie è stato fortissimo fino alla fine. La lotta del popolo palestinese resta fondamentale per me e voglio esortare la comunità druso-israeliana a non partecipare alle ostilità nei territori palestinesi, anche se da sempre presta servizio militare nell’esercito di Tel Aviv. La storia va avanti e io sono certo che arriverà il giorno in cui la Palestina tornerà ai suoi veri proprietari arabi».
Mai stato un personaggio semplice Walid Jumblatt: negli anni ha sempre portato avanti con forza le sue battaglie cambiando alleanze con molta facilità. «A dicembre sono andato a Damasco guidando una delegazione e abbiamo incontrato il nuovo leader Ahmad Al-Sharaa. Siamo stati pazienti, risoluti e vittoriosi e dopo 48 anni il regime siriano è caduto, il popolo è stato liberato, e la libertà è tornata in Siria per volontà del popolo. Ora però i siriani devono stare attenti alle macchinazioni di Israele che agisce con l’obiettivo di usare il settarismo e le divisioni interne a proprio vantaggio, vuole indebolire la regione per restare l’unica potenza. L’obiettivo è la creazione della Grande Israele che prenda tutta la terra che appartiene agli arabi».

Intanto a Jaramana, sobborgo a maggioranza drusa e cristiana nel Sud di Damasco, la tensione è altissima dopo gli scontri che hanno provocato un morto e diversi feriti. Tel Aviv ha minacciato il nuovo regime siriano di non danneggiare la comunità drusa, dicendosi pronto a intervenire militarmente. Questo gruppo, dopo molte partenze per l’estero, in Siria sfiora a malapena il 3 per cento della popolazione. «Israele vorrebbe usare i drusi come pedine in questa partita a scacchi mediorientale, ma io non lo permetterò. Tornerò molto presto a Damasco per rassicurare i miei fratelli siriani. Netanyahu vuole un pretesto per invadere il Sud della Siria, perché non ha nessun interesse a difenderli. Si tratta di un complotto ai danni degli arabi e voglio lanciare un appello alla calma, evitiamo provocazioni e lavoriamo insieme. Se cadremo in questa trappola finiremo col dividerci in tanti piccoli e ininfluenti Stati tribali ed è proprio questo l’obiettivo israeliano. La rivoluzione che ha abbattuto il regime di Bashar al Assad deve essere sostenuta da tutte le popolazioni arabe. La Siria è un grande Paese e adesso deve rinascere. Io ho molta fiducia nel nuovo governo che si è dimostrato disponibile ad ascoltare tutte le minoranze. Gli Alawiti, che ancora restano fedeli ad Assad, devono capire che la nuova Siria è aperta a tutti, ma vuole giustizia per il passato e i complici del boia di Damasco devono pagare. Bisogna evitare gli allarmismi e fare attenzione alle notizie che arrivano. A Latakia, nascosto fra gli Alawiti, è stato arrestato Ibrahim Huwaija, ex capo dell’intelligence di Assad e criminale, l’uomo che ha assassinato mio padre nel 1977».
I drusi della Siria però sono apparsi freddi rispetto ai nuovi potenti di Damasco e non hanno partecipato alla cavalcata che ha travolto il regime assadiano in pochi giorni. «All’inizio i nostri fratelli avevano timore perché non sapevano chi stesse combattendo Assad, ma appena sono arrivati hanno distrutto tutti i simboli di quel vergognoso passato. Adesso stiamo lavorando per costruire una nuova nazione araba e ci auguriamo che le relazioni tra Libano e Siria possano ristabilirsi attraverso le ambasciate. Chiediamo anche che tutti coloro che hanno commesso crimini contro il popolo libanese vengano ritenuti responsabili, che si svolgano processi per coloro che hanno commesso crimini contro il popolo siriano e che alcune prigioni rimangano musei di storia. Nel primo incontro con Ahmad Al-Sharaa mi è stato assicurato che anche i drusi saranno coinvolti in questa nuova fase e che verrà evitato ogni tipo di divisione, che è la causa dei mali del Medioriente». Walid Jumblatt, che controlla ancora i drusi libanesi attraverso il figlio, esercita una certa influenza anche al di là del confine e non perde occasione per promuovere una vera alleanza, come sempre utile soltanto ai drusi.
«Voglio ribadire il concetto che Siria e Libano devono lavorare insieme. Ma non accettiamo nessuna ingerenza da parte di Damasco, che deve rispettare la sovranità di Beirut, la sua unità territoriale, l’indipendenza nelle decisioni, la sua stabilità e la sicurezza dei suoi cittadini. Il nuovo governo ha pubblicamente ammesso che in passato la Siria è stata una fonte di paura e ansia per il Libano e che ora manterrà equamente le distanze da tutti i gruppi, evitando di giocare sui fragili equilibri che Beirut sta cercando di costruire».
Parlando di Libano, Siria e Israele diventa inevitabile soffermarsi sul ruolo di Hezbollah che Walid Jumblatt l’estate scorsa aveva definito come resistenza. «Hezbollah era nato per difendere gli interessi degli sciiti libanesi, ma poi è diventato soltanto lo strumento dell’Iran e di Assad. Ora i loro capi che li stavano portando sulla strada sbagliata non ci sono più e devono partecipare al corso politico libanese, come hanno già fatto per l’elezione del presidente. Gli arabi non hanno bisogno di padrini esterni, ma devono restare uniti dimostrando quella maturità che in passato spesso è venuta a mancare». Questa vecchia volpe della politica mediorientale sa bene che in questa fase i drusi possono accrescere il loro peso politico ed è tornato prepotentemente sulla scena, eclissando il figlio che guida il partito come suo erede. «Siamo un popolo antico e rispettato in Libano, Siria, Giordania e in Palestina, ma il nostro ruolo deve essere più attivo. Il crollo del regime assassino di Assad è la nostra occasione di cambiare gli equilibri mediorientali, nessuna influenza esterna deve interferire nella costruzione di nuovi rapporti fra Stati che hanno in comune storia, tradizioni, lingua e cultura e che finalmente stanno prendendo coscienza di sé».