Dove non arrivano le bombe arriva la fame. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, almeno 57 bambini sono morti dall’inizio del blocco degli aiuti umanitari voluto dal governo israeliano. Il dato è stato diffuso dal partenariato dell'Integrated Food Security Phase Classification (IPC), di cui l'Oms è membro. Il rischio di morire di fame riguarda mezzo milione di persone.
Per i bambini i rischi sono a lungo termine
Con ogni probabilità, si legge nel report, si tratta di una sottostima. Si prevede infatti che quasi 71 mila bambini sotto i cinque anni saranno colpiti da malnutrizione acuta nei prossimi 11 mesi. Le persone a Gaza sono intrappolate in un circolo vizioso in cui malnutrizione e malattie si alimentano a vicenda, trasformando patologie comuni in potenziali condanne a morte, soprattutto per i bambini.
Il rischio si estende anche alle donne in gravidanza, sarebbero quasi 17 mila le madri che avranno bisogno di cure per malnutrizione acuta nel prossimo anno. Per i neonati sotto i sei mesi, il latte materno rappresenta la migliore protezione contro la fame e le malattie, soprattutto in contesti dove l’acqua pulita è scarsa, come a Gaza. Le conseguenze a lungo termine della malnutrizione possono durare tutta la vita, sotto forma di ritardo nella crescita, compromissione dello sviluppo cognitivo e cattive condizioni di salute. Senza un’alimentazione adeguata, acqua pulita e accesso alle cure sanitarie, un’intera generazione rischia di essere colpita in modo permanente.
Gli aiuti bloccati al confine
Il rappresentante dell'Oms per i Territori Palestinesi Occupati Richard Peeperkorn ha descritto la situazione come "una delle peggiori crisi alimentari del mondo". Eppure, gli aiuti non sono lontani. A pochi minuti di macchina dalla Striscia, oltre 116 mila tonnellate metriche di provviste alimentari – sufficienti a sfamare un milione di persone per un massimo di quattro mesi – sono già pronte nei corridoi umanitari, in attesa di essere introdotte.
"Le famiglie a Gaza stanno morendo di fame mentre il cibo di cui hanno bisogno è fermo al confine. Non possiamo consegnarlo a causa del divieto totale di aiuti umanitari imposto all'inizio di marzo", ha dichiarato la Direttrice Esecutiva del Programma Alimentare Mondiale delle Nazioni Unite, Cindy McCain.
Non c'è ancora una dichiarazione ufficiale che conferma la presenza di una carestia, ma quando arriverà sarà già troppo tardi. "È fondamentale che la comunità internazionale agisca con urgenza”, continua McCain, “per far riprendere il flusso degli aiuti verso Gaza. Aspettare una conferma ufficiale della carestia significherebbe condannare troppe persone a morire inutilmente". È dello stesso avviso il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus: “Non dobbiamo aspettare una dichiarazione per sapere che le persone stanno già morendo di fame, si ammalano e muoiono. Senza un accesso immediato al cibo e ai beni essenziali, la situazione continuerà a peggiorare, provocando ulteriori morti e una discesa inevitabile nella carestia”.
La proposta di Israele
Non convince e preoccupa gli esperti il piano presentato dalle autorità israeliane per consegnare cibo e altri beni essenziali a Gaza. L’Oms lo reputa “gravemente insufficiente rispetto ai bisogni immediati di oltre due milioni di persone” ed è stato rigettato da tutte le agenzie delle Nazioni Unite impegnate nella Striscia. Il portavoce dell’Unicef James Elder ha denunciato che la proposta israeliana di creare pochi punti di distribuzione degli aiuti solo nel sud della Striscia sembra concepita per “rafforzare il controllo su beni essenziali come strumento di pressione” e costringe la popolazione a un “dilemma impossibile tra lo sfollamento e la morte”. Tra la fame e le bombe, ogni scelta è una condanna.