Sale la tensione in Medio Oriente. Secondo funzionari statunitensi ed europei, Israele si starebbe preparando a lanciare un attacco contro l’Iran e contro le sue strutture nucleari. Le preoccupazioni per eventuali raid di Tel Aviv e per le possibili reazioni di Teheran hanno portato Washington ad annunciare un’“evacuazione ordinata” del personale diplomatico in Iraq. Poi, nella notte, l’ordine si è allargato alle sedi diplomatiche in Kuwait e Bahrein, da cui il “personale non necessario” può andarsene. Fino alla decisione del Pentagono di far evacuare anche i familiari dei militari di stanza in Medio Oriente. "Un posto pericoloso", come ha detto Donald Trump.
A Reuters alcuni fonti americane hanno spiegato che “i rischi per la sicurezza si sono innalzati”. Il precipitare della situazione, nella notte tra l’11 e il 12 giugno, si spiegherebbe con il pessimismo che aleggia intorno alla possibilità di arrivare a un accordo tra Stati Uniti e Iran proprio sul nucleare, dopo mesi di intensi colloqui. Già ieri Trump aveva ammesso di “essere sempre meno fiducioso che Teheran possa accettare di rinunciare all’arricchimento dell’uranio”. Affermazioni seguite dalle parole del ministro della Difesa iraniano: “Se le trattative dovessero fallire e venissimo attaccati, colpiremo le basi americane in Medio Oriente”. Anche Londra ha lanciato un allarme per le navi mercantili in navigazione nei mari mediorientali.
Secondo quanto trapelato nelle scorse settimane, Trump avrebbe più volte stoppato Benjamin Netanyahu, intenzionato già da tempo a colpire l’Iran. È cambiato qualcosa nella telefonata che i due hanno avuto lunedì 9 giugno? Difficile dirlo. Quel che è certo, però, è che la scelta statunitense di evacuare alcune ambasciate in Medio Oriente è il segno di un possibile deterioramento delle possibilità di arrivare a un accordo in tempi stretti e, di conseguenza, di evitare raid israeliani su Teheran e altre città iraniane.