Alle manifestazioni il governo ha risposto con repressione e arresti arbitrari. Ma tra i giovani cresce il malcontento verso il presidente Aleksandar Vučić, al potere dal 2014

Non si fermano le proteste degli studenti in Serbia. E ora Mosca teme una "rivoluzione colorata"

La sera del 28 giugno, gli studenti serbi hanno "dichiarato" illegittimo il governo di Aleksandar Vučić. "Quello che per anni abbiamo percepito come una morsa, come un'ingiustizia silenziosa, ora ha assunto un volto preciso: il volto dell'arroganza, della corruzione, del tradimento e dell'irresponsabilità", ha denunciato uno studente rivolgendosi alla folla. Secondo fonti indipendenti, sarebbero circa 140 mila le persone scese in piazza a Belgrado durante il fine settimana e nella notte di lunedì 30 giugno, per dimostrare contro la corruzione diffusa e le limitazioni alla libertà democratica. Le proteste antigovernative sono iniziate lo scorso novembre, dopo il crollo della tettoia di una stazione ferroviaria da poco ristrutturata a Novi Sad, nel nord del Paese. A causa dell'incidente sono morte 16 persone. Gli studenti serbi attribuiscono la tragedia alla corruzione e alla negligenza nei progetti infrastrutturali gestiti dallo Stato e ritengono che sia "il risultato di favoritismi di partito e riciclaggio di denaro". A differenza delle precedenti manifestazioni pacifiche, questa volta ci sono stati violenti scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, che hanno risposto con controlli a tappeto e un'ondata di arresti sommari.

 

Dopo il disastro di Novi Sad, Vučić e il suo Partito progressista serbo sono rimasti al potere con un'amministrazione rinnovata. Gli studenti sabato 28 giugno hanno dato un ultimatum al governo, chiedendo nuove elezioni entro le ore 21 dello stesso giorno. Richiesta immediatamente respinta dal presidente serbo. I manifestanti pretendono riforme per garantire che le prossime elezioni siano libere ed eque, come la revisione dei registri elettorali, parità di accesso ai media per tutti i partiti politici e misure di contrasto al voto di scambio. Le altre rivendicazioni comprendono la riforma del sistema educativo, il riconoscimento giuridico delle rappresentanze studentesche, salari equi per i lavoratori del settore dell'istruzione e rispetto dell'autonomia universitaria. La volontà degli studenti è di portare la sfida al governo alle urne e dopo l'ultimatum è stata annunciata la formazione di una lista elettorale. Vučić ha escluso ogni negoziazione con i dimostranti, definiti "terroristi" che hanno tentato di "rovesciare lo Stato". "Hanno consapevolmente cercato di provocare spargimenti di sangue. Arriverà il momento di pagare il conto", ha dichiarato. Il presidente ha anche suggerito, senza fornire prove, che le proteste siano parte di un complotto straniero per destituire il suo governo, anche se non ha chiarito a quale Paese straniero facesse riferimento. 

 

La Serbia si è ufficialmente candidata ad entrare nell'Unione europea dal marzo 2012 e ha avviato i negoziati per l'adesione nel 2019. Nonostante ciò, il governo ha mantenuto una posizione ambigua rispetto alle sanzioni che l’Europa ha imposto alla Russia dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina. I critici di Vučić denunciano, insieme alla deriva autoritaria, un progressivo avvicinamento ideologico e politico al Cremlino. A confermare i rapporti stretti tra Vladimir Putin e Vučić sono anche le parole del ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov, che ha evocato i precedenti di Ucraina e Georgia e ha invitato l'Occidente a non alimentare una "rivoluzione colorata". Il termine è parte della narrazione propagandistica russa che accusa Europa e Stati Uniti di orchestrare mobilitazioni in Paesi nella sfera d'influenza di Mosca. 

 

Intanto, nonostante gli arresti, continua la contestazione degli studenti, con cortei e blocchi stradali. L'ultimo reportage de L'Espresso sulle manifestazioni a Belgrado racconta di un movimento che ha come protagonisti gli universitari e abbraccia diverse rivendicazioni, dall'ostilità al governo, al femminismo, dai disagi giovanili e alle battaglie ecologiste. È la protesta plurale e partecipata di chi ha vent'anni e al grigio dello status quo preferirà sempre una "rivoluzione colorata".

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