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10 luglio, 2025Dopo due giorni di consultazioni, Liberali, Socialisti e la maggioranza dei Verdi hanno votato “contro” per non darla vinta alle forze euro-distruttive. Su 553 votanti, i "no" sono stati 360, 175 i "sì" e 18 gli astenuti
Ursula von der Leyen era tanto preoccupata che la mozione di censura le avrebbe potuto togliere la presidenza della Commissione che, dopo avere lanciato mercoledì un paio di attacchi agli illiberali di estrema destra fautori della mozione, è partita per Roma, senza nemmeno ascoltare le risposte degli eurodeputati, per partecipare alla Conferenza sulla ricostruzione dell'Ucraina.
E difatti la mozione non è passata: 553 votanti, 360 contro, 175 sì e 18 astenuti. In 167 non si sono proprio presentati, molti come gesto di contestazione nei confronti della Commissione.
Dopo due giorni di concitate consultazioni, Liberali, Socialisti e la maggioranza dei Verdi avevano annunciato di votare “contro” per non darla vinta alle forze euro-distruttive. Anche Fratelli d'Italia, in rottura con i polacchi del PyS, con cui detengono la presidenza del gruppo dei Conservatori europei hanno votato contro: la dimostrazione che gli sforzi del capo dei popolari Manfred Weber di attirare a sé il partito di Giorgia Meloni stanno dando risultati. Solo i 5Stelle voteranno a favore insieme agli irlandesi del gruppo di estrema sinistra The Left.
La mozione non sarebbe mai passata nemmeno se la linea delle tre forze di sinistra fosse stata l'astensione perché i Popolari avevano garantito il loro voto contrario e per passare avrebbe dovuto rispettare due condizioni: 361 voti a favore e il voto favorevole dei tre quarti dei votanti presenti. Ma l'astensione avrebbe dato un segnale di debolezza politica della leadership europea.
«Questo non è il momento di cedere al caos», ha fatto sapere giovedì mattina Valerie Hayer, la presidente dei liberali: «È il momento del coraggio, della compostezza e della responsabilità. Dobbiamo essere i difensori di un'Europa forte e unita».
Le sue parole fanno ecco a quelle dei socialisti di ieri sera quando avevano annunciato di avere ottenuto da von der Leyen che il Fondo sociale europeo da 150 miliardi di euro non fosse stralciato dalla legge di bilancio settennale (MFF) che verrà presentata a Bruxelles il prossimo 16 luglio. Una legge complicata dalla coperta troppo corta per fare fronte alle esigenze di un presente complesso.
La mozione di censura del rumeno di estrema destra Gheorghe Piperea è fondata sullo scandalo della negoziazione opaca dei vaccini anti Covid tra von der Leyen e l'amministratore delegato di Pfizer, approfondita poi sulla mancata discussione in aula di Safe, il fondo comune per la difesa europea da 150 miliardi di euro annunciato dalla Commissione solo qualche mese fa. Ma la sinistra, non fosse che la mozione è presentata dall'estrema destra, avrebbe tutta una litania di ragioni per condividerla. L'ultima? Due giorni fa i popolari hanno votato con l'estrema destra per bocciare la mozione di urgenza con cui le tre forze di sinistra avrebbero voluto portare direttamente in aula a settembre la Legge Clima con gli obiettivi 2040, prima della riunione del Consiglio europeo di settembre così da riuscire ad arrivare alla Cop di Belém con una posizione forte da parte dell'Europa sulla transizione climatica. Una transizione che, dopo il forfait statunitense è appesa alle mosse europee. Non solo. Il file del Clima all'interno della Commissione parlamentare sull'Ambiente (ENVI) è finito nelle mani dell'estrema destra (che la vuole morta): forti dell'abbondanza di deputati, i Patrioti si sono accaparrati il relatore, una posizione che permette di influenzare i tempi e anche i contenuti del file. Con la mozione di urgenza si sarebbe portata direttamente in aula la proposta della Commissione, senza emendamenti, e si sarebbe ovviato al problema del relatore.
Ma ormai è chiaro: can che abbaia non morde. Da quando non hanno più i numeri per avere loro tre insieme la maggioranza in parlamento, socialisti, liberali e verdi non fanno altro che lamentarsi di come l'enorme partito popolare non rispetti più quella “coalizione Ursula” con cui la presidente è stata eletta l'anno scorso. Lo accusano giustamente di fare una politica dei due forni, alleandosi con l'estrema destra per uccidere il Green Deal o bloccare i migranti ma ricorrendo alla sinistra quando c'è da salvare la facciata di un'Europa sotto attacco dalle forze illiberali. Si sentono usati. E lo sono. Ma ancora non hanno avuto il coraggio di fare reale opposizione, illudendosi che il proprio atteggiamento costruttivo «salvi l'Europa». Così continuano a fissare ipotetiche scadenze, prontamente rinnovate, e attendono segnali che von der Leyen e i popolari finiranno per tornare al passato e rispettare sia i termini della coalizione sia il cordone sanitario contro l'estrema destra. Ora guardano a a settembre, quando la presidente traccerà nel discorso sull'Unione il programma del prossimo anno.
Ma forse dovrebbero accettare il dato di realtà che, come nel Consiglio europeo dei 27, che riunisce i 27 governi, anche nel Parlamento la maggioranza è oggi saldamente nelle mani delle forze di centro-destra e di estrema destra. E che tutta la compagine di centro-sinistra è all'opposizione. Da lì dovrebbe ripartire. Magari con strategie più taglienti.
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