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24 luglio, 2025L'accordo del prestigioso ateneo con l'amministrazione statunitense dopo il pugno duro della Casa Bianca per le manifestazioni pro Pal (ma non solo): l'università dell'Ivy League era stata la prima a entrare nel mirino del tycoon. Intanto Harvard non molla e continua la sua battaglia legale
Dopo mesi di minacce da parte di Donald Trump, ora la Comumbia University cede alle richieste del presidente degli Stati Uniti, che da quando è stato rieletto, ha ingaggiato uno scontro senza precedenti con gli atenei americani. La prestigiosa università, infatti, ha annunciato un accordo con il governo federale: verserà 221 milioni di dollari “per porre fine alle indagini condotte” dall'amministrazione Trump, in guerra contro diversi istituti accusati di aver tollerato le manifestazioni pro Pal contro Israele. La multa è la contropartita per sbloccare i fondi governativi congelati proprio per volontà del tycoon: “La grande maggioranza dei sussidi federali che sono stati soppressi o sospesi a marzo 2025 saranno ripristinati”, si legge nel testo dell’accordo divulgato dalle agenzie di stampa statunitensi. Lo scorso marzo, erano stati bloccati 400 milioni di dollari in sovvenzioni per la ricerca.
La Columbia non ha ammesso di aver commesso illeciti con l'accordo, ha affermato il presidente ad intermim dell’ateneo, Claire Shipman - l’ex numero uno dell’università, Katrina Armstrong, si era dimessa a fine marzo proprio per le pressioni di Trump -, ma "i dirigenti dell'istituzione hanno riconosciuto, ripetutamente, che studenti e docenti ebrei hanno vissuto episodi dolorosi e inaccettabili e che una riforma era ed è necessaria”. L’accordo include anche alcune modifiche già adottate dall’università, come le regole più rigorose in caso di proteste: all’inizio di questa settimana, la Columbia ha annunciato sanzioni per oltre 70 studenti per il loro ruolo in manifestazioni dello scorso maggio.
Si chiude così, per ora, una pagina dolorosa per la libertà accademica negli Stati Uniti, con la Columbia - simbolo, suo malgrado, della guerra culturale condotta dalla Casa Bianca - che è stata la prima università a entrare nel mirino di Trump. E l’università dell’Ivy League è anche stata la prima in cui uno studente - l’attivista filo-palestinese Mahmoud Khalil - è stato prelevato con la forza dagli agenti dell’Immigration Customs Enforcemente, la controversa e molto criticata agenzia anti-immigrazione. Ma se la Columbia ha scelto così di accettare un compromesso per sbloccare i fondi congelati dal tycoon, altre università - come Harvard, per esempio - continuano con le loro battaglie legali contro l’amministrazione statunitense.
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