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31 luglio, 2025Algoritmi per il riconoscimento facciale, servizi di cloud, software vocali, interfacce. I colossi della Silicon Valley sono dietro tutta la tecnologia che Israele usa per le sue operazioni
L’industria militare e tecnologica israeliana ha sottoscritto, già da diversi anni, importanti contratti con alcuni giganti del web Usa e, grazie all’elaborazione dei dati effettuata da parte loro e all’uso di algoritmi e dell’intelligenza artificiale, ha “automatizzato” lo sterminio a Gaza: scansioni biometriche, informazioni biografiche, videoclip e foto, analisi dei social media, intercettazioni telefoniche, dati raccolti da satelliti a bassa quota e dispositivi installati nelle città palestinesi per scansionare i volti dei civili.
Sono alcune delle tessere del mosaico su cui si fonda la Webcracy: la nuova forma di potere “internet based” che sfrutta velocità infinita, accesso in tempo che tende a zero, riproducibilità e reperibilità istantanea, stoccaggio in memorie infinite e remote. Per arrivare al controllo occulto e a distanza del nemico 24 ore su 24, alla sua individuazione e all’ordine di soppressione con un click.
Quanto brevemente descritto è lo strumento di guerra, l’arma digitale strategica che è stata ampiamente sperimentata a Gaza e che viene usata ufficialmente per decimare Hamas e cercare di riportare gli ostaggi rimanenti a casa, ma che in realtà ha facilitato lo sterminio dei civili.
Diversi ufficiali dell’Idf negli anni recenti hanno trascorso ore seduti di fronte allo schermo di un Pc, in una base dell’intelligence israeliana, con l’ordine di studiare elenchi di “bersagli” generati da algoritmi per coordinare “dove e quando” lanciare le bombe. Un programma basato sull’Ia, chiamato Gospel, individuava gli edifici da colpire; un altro chiamato Lavender mostrava elenchi di civili che, a causa dei contatti contenuti nei loro smartphone o sulla rubrica di WhatsApp o a causa dei contenuti riprodotti sui loro account social, erano stati dichiarati bersagli, obiettivi umani, terroristi da sopprimere. Un altro programma ancora, chiamato cinicamente “Where’s Daddy” (Dov’è Papà), mostrava degli alert quando quegli obiettivi rientravano la sera nelle loro case di famiglia, aiutando così l’aviazione a colpire all’alba.
Ormai i sistemi di targeting basati sull’intelligenza artificiale funzionano come un qualsiasi motore di ricerca: si digita un nome in una barra e si scorrono elenchi infiniti di dati perfettamente impaginati in un’interfaccia intuitiva. Queste somiglianze formali con il comune web non sono una coincidenza: la grafica adottata rivela collaborazioni di lunga data tra i giganti della Silicon Valley e l’esercito israeliano. Google fornisce all’Idf alcuni degli algoritmi di riconoscimento facciale che alimentano i database di sorveglianza; Microsoft garantisce il software di sintesi vocale che accelera il lavoro. E infine l’esercito utilizza i servizi cloud di Amazon per archiviare immense quantità di dati utilizzati in seguito per operazioni letali.
Si è insomma arrivati a trasformare azioni militari in qualcosa di molto simile a un videogame. La storia comincia con la Guerra Fredda, che ha reso la “sorveglianza occulta da remoto”, grazie all’elettronica prima e al digitale poi, un grande business, ampiamente finanziato dal Dipartimento della Difesa Usa. Business che si è rafforzato con le guerre in Iraq, Afghanistan e Siria. Occasioni in cui sempre l’esercito ha richiesto e ottenuto l’intervento dei colossi tecnologici in cambio di profitti e deregulation.
A sua volta Big Tech ha creato imponenti strutture dedite alla raccolta dati e alla sorveglianza di massa e ha rivenduto ai governi le sue analisi e sintesi. Il debutto dei social network e le norme sul controllo del terrorismo, hanno agevolato al massimo ogni deroga alla privacy. In questo scenario si è fatto strada un personaggio, divenuto oggi miliardario, molto rilevante: Peter Thiel. Nato in Germania 57 anni fa, ex socio di Elon Musk in PayPal, grande sponsor di Donald Trumpsin dai tempi della prima presidenza e attualmente sponsor di J.D.Vance, definito dal “New York Times”: «Il più influente intellettuale di destra degli ultimi 20 anni» e convinto transumanista. Peter Thiel, dopo i fatti dell’11 settembre, decise di cavalcare l’ondata di opportunità che si presentava: riprogettare gli algoritmi usati per fare affari, tracciare i pedofili o trovare i truffatori in Borsa e adattarli per dare la caccia ai “nemici dell’Occidente” sui campi di battaglia, cominciando dal Medio Oriente.
Con questo progetto in mente Thiel, assieme ad Alex Karp, che oggi ricopre la carica di amministratore delegato, ha fondato Palantir, una società quotata al Nasdaq che ha visto aumentare il valore delle sue azioni, dal 7 ottobre 2023 a oggi, del 400 per cento.
In sostanza Palantir, sfruttando la propria posizione dominante nel settore della raccolta dati che derivava da un rapporto privilegiato con le agenzie di intelligence Usa, ha rivoluzionato un aspetto della guerra. Ai limiti estremi di diversi trattati internazionali ha esaltato la facoltà bellica generata dalla sorveglianza occulta e coordinata dall’intelligenza artificiale e ha convinto diversi governi di Paesi Nato, più Israele e altre 30 nazioni, a investire somme astronomiche in un’industria degli armamenti sempre più automatizzata. Se va avanti “Rearm Europe” è probabile che Palantir sarà il maggior fornitore d’armamenti dagli Usa verso l’Europa.
Il 55 per cento dei proventi di Palantir – che questo trimestre fatturerà quasi un miliardo di dollari – deriva dagli appalti governativi, specialmente dall’elaborazione dati che compie per conto delle agenzie di intelligence. C’è poi Palantir Metropolis che elabora dati per conto di banche, strutture finanziarie e fondi di investimento. E infine c’è Palantir Foundry che fornisce analisi di mercato alle grandi aziende e ai pubblicitari.
Questo “Grande Fratello” già 10 anni fa aveva aperto un ufficio a Tel Aviv. A quel tempo Thiel e Karp incontravano regolarmente i leader militari israeliani ed erano desiderosi di creare algoritmi specializzati, in grado di processare un flusso infinito di dati, estratti dai territori palestinesi occupati, e usarli in sistemi di controllo operativi.
L’esercito israeliano non poteva farcela da solo e anche Palantir per crescere aveva bisogno di “un laboratorio “ dove fare esperimenti di raccolta dati rilevanti e mettere a punto le informazioni con cui alimentare l’intelligenza artificiale. E Gaza con i suoi 2,3 milioni di abitanti costretti in una gabbia, privi di qualsiasi diritto, sottoponibili a rilevazioni e controlli di ogni tipo era perfetta.
Il “laboratorio” per l’estrazione dati è stato perfezionato dal 7 ottobre in poi e in questo periodo sono stati realizzati i software menzionati di sorveglianza e targeting che guidano gli attacchi aerei, riducono le aree di Gaza in macerie e soprattutto hanno inesorabilmente colpito una gran parte di militanti di Hamas. Se i dati sono il nuovo petrolio – come ha detto molte volte Peter Thiel – non c’è momento migliore per estrarlo che durante la guerra.
Gli abitanti di Gaza non lo sanno ma sono loro che, semplicemente muovendosi e vivendo nella Striscia, offrono i dati e forniscono le indicazioni con le quali si perfezionano gli algoritmi che guidano le campagne di bombardamento . E anche chi sostiene la Palestina online, non appena usa tag quali “Hamas” o “Free Palestine” alimenta i database di sorveglianza e i modelli predittivi alla base dei sistemi d’arma letali. È bene saperlo.

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