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24 settembre, 2025Ad Austin, in Texas, Casa Marianella ospita richiedenti asilo da tutto il mondo. Un presidio necessario contro arresti, deportazioni e la persecuzione istituzionale dei migranti
La donna dipinta sulla porta è Patricia Okoumou, attivista congolese che nel 2018 salì sulla Statua della Libertà per protestare contro le politiche migratorie di Trump. Poco dopo, arrivò anche qui ad Austin e scalò l’edificio della Southwest Key, dove venivano detenuti i bambini separati dai genitori» racconta Jennifer Long, direttrice di Casa Marianella, comunità di accoglienza per richiedenti asilo senza fissa dimora a Austin, Texas.
Il programma federale per richiedenti asilo negli Stati Uniti, racconta Long, non prevede alcun tipo di aiuto, e tutti gli sforzi per l’accoglienza sono in mano ai volontari o ai privati: nessuna casa, nessuna assistenza legale né permesso di lavoro per almeno un anno. Strutture come Casa Marianella sono tra le pochissime alternative alla detenzione. Gli ospiti hanno accesso a cure mediche gratuite di qualità, all’assistenza legale, ai corsi di lingua. La comunità di accoglienza, una manciata di case di legno nella periferia Est di Austin, è dedicata alla memoria di Marianella García Villas, avvocata di El Salvador assassinata dai paramilitari nel 1983, ed è stata inaugurata poco dopo, quando l’Austin Interfaith Task Force – organizzazione religiosa progressista – aprì le frontiere del Texas ai rifugiati salvadoregni e guatemaltechi in fuga dalle guerre civili. Oggi la maggioranza dei 130 ospiti proviene da Stati africani e dal Medio Oriente. «È un viaggio pericoloso e costosissimo, anche a causa delle violenze dei cartelli in Messico. Se hanno soldi viaggiano in autobus. Altrimenti salgono sui treni merci, come “La Bestia”», commenta Long.
Amir è arrivato negli Stati Uniti un anno fa. In Iran lavorava come fotografo e durante le proteste per l’uccisione di Masha Amini era sceso in strada per documentare le brutalità della polizia morale. Dopo mesi di detenzione e torture, è riuscito a ottenere un visto per il Brasile, dove ha iniziato a migrare con migliaia di altre persone verso Nord. Ha camminato per mesi, attraversando tredici Stati dell’America Latina, e dopo aver oltrepassato il confine a Tijuana è stato arrestato e detenuto prima a San Diego, in California, poi in Mississippi e infine in un centro di Dallas, in Texas. Con l’aiuto di un poliziotto è fuggito e ora vive a Casa Marianella. «Non avrei mai pensato che in America, da richiedente asilo, sarei stato trattato così. Vorrei portare la mia famiglia qui, ma so che per il momento non è possibile».
A causa della militarizzazione della frontiera, gli attraversamenti sono al minimo storico, e il lavoro di Casa Marianella si concentra sui richiedenti in stato di detenzione. «Sentono parlare di noi tramite il passaparola, vengono messi in lista d’attesa, i nostri legali inviano una lettera formale di accoglienza e questo permette il rilascio». Molti ospiti, pur essendo regolari richiedenti asilo, indossano una cavigliera elettronica. L’avvocata di Casa Marianella non conosce i criteri con cui questa misura viene applicata e racconta di non aver mai ricevuto spiegazioni chiare dalle autorità: «Non sono criminali, eppure subiscono un controllo del corpo che è, quantomeno, discutibile».
Ma i richiedenti asilo rischiano di subire ben di peggio, a partire dalle operazioni di cattura e deportazione di Ice (Immigration Customs Enforcement), l’agenzia federale del dipartimento per la Sicurezza interna. «Il processo di deportazione è intricato e non sempre trasparente» racconta Cesar Espinosa di Fiel, Familias Inmigrantes en la lucha, associazione che supporta i migranti in Texas. «Ice fa controlli casuali, oppure riceve l’ordine di arrestare qualcuno, bussa alle loro case e li deporta. Molti non sanno che non sono tenuti ad aprire la porta senza un mandato e che hanno il diritto di chiedere asilo anche se entrano illegalmente». Solo il 14 per cento delle richieste d’asilo viene accettato.
Oggi, presentare domanda è quasi impossibile: bisogna prenotare un appuntamento tramite un’app – spesso inaccessibile – dimostrare di aver già richiesto asilo in uno dei Paesi attraversati e affrontare il rischio di espulsione immediata alla frontiera. È una violazione del diritto internazionale e del Refugee Act del 1980, legge statunitense sui rifugiati, che riconosce a ogni persona il diritto di chiedere asilo in qualsiasi momento.
«Siamo passati da una repressione silenziosa a una repressione più brutale», commenta la legale di Casa Marianella. L’amministrazione Biden ha eliminato il Muslim Ban e il programma Remain in Mexico, ma ha anche rafforzato strumenti come il Title 42, una norma sanitaria oggi abrogata usata per respingere i migranti negando loro la possibilità di chiedere asilo, e ha aumentato i fondi per detenzione e deportazione. Ha aperto la strada a una persecuzione istituzionale dei migranti.
Alcuni stati o contee hanno impiegato anche le autorità locali come braccio operativo dell’Ice, ma non Austin, dove la polizia locale cerca un dialogo con i migranti e con gli attivisti. «Anche qui ci sono arresti e deportazioni, ma Austin è diversa» commenta Long, «piena di giovani studenti, artisti, è una città che cambia continuamente e non è sospettosa verso i nuovi arrivati». L’idea utopica di Trump è controllare i milioni di persone che si spostano ogni giorno e rendere gli Stati Uniti un luogo inospitale, a costo di violare i trattati internazionali e i diritti umani, ma anche nelle zone più conservatrici c’è chi resiste a questo sistema. «Qui a Casa Marianella cerchiamo di lottare un giorno alla volta, ma non sappiamo cosa ci riserva il futuro».
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