Mondo
4 settembre, 2025L’isola africana è un gioiello di biodiversità, custode di specie uniche. Ma cicloni ed eventi atmosferici l’hanno colpita con violenza. Mettendo in ginocchio la sua popolazione
Dikeledi prima, Elvis poi e infine Honde. Sono i nomi dei tre cicloni che in poco meno di cinque mesi hanno messo in ginocchio il Madagascar, la più grande isola dell’Africa. Da fine dicembre del 2024 allo scorso maggio, il Paese è stato colpito come non mai dagli eventi meteorologici che hanno attraversato l’Oceano Indiano sud-occidentale per abbattersi sulla “gran terra”, com’è chiamato il territorio più esteso dell’arcipelago. Inondazioni, frane, danni ingenti alle infrastrutture e siccità hanno causato centinaia di vittime, oltre 46mila sfollati e colpito con danni di varia entità 200mila persone.
Il Madagascar, 32 milioni di abitanti per quasi 600mila chilometri di superficie, ha sperimentato nel 2025 una delle stagioni delle piogge più dure della sua storia recente. L’impatto di queste calamità è stato devastante. Tra le zone più colpite, il Sud del Paese: un esempio di resilienza e di speranza, nonostante le difficoltà e le profonde ferite. Come la tenacia del “Lavavolo Tortoise Center”, un’oasi di conservazione dedicata alle rare testuggini “Astrochelys radiata” e “Pyxis arachnoides”, situata nella regione di Atsimo-Andrefana.
Quando le acque alluvionali hanno iniziato a sommergere le aree circostanti, il personale del centro, coordinato dalle autorità locali, ha reagito con rapidità. «In poche ore i volontari hanno messo in salvo migliaia di tartarughe, ma in centinaia non ce l’hanno fatta. Nonostante questa battuta d’arresto, la vita e la speranza continuano a prevalere. Tutti noi, uniti in uno sforzo collettivo, abbiamo lavorato senza sosta per riparare i danni e proteggere questi simboli viventi dell’unicità dell’isola» spiega Hery Razafimamonjiraibe, direttore di Turtle Survival Alliance, sottolineando che «sopportare tre cicloni devastanti in un lasso di tempo così breve è stata una sfida inimmaginabile. Eppure si continua a lavorare instancabilmente. La dedizione dei volontari, assieme al supporto dei nostri partner e delle comunità locali, è stata fondamentale per i nostri sforzi di recupero».
Le meraviglie naturali del Madagascar continuano ad attrarre migliaia di turisti l’anno, racconta Elisabetta Sabellini, istruttrice subacquea, dal 2023 di base a Nosy Be, isola al largo della costa settentrionale malgascia che ospita la Riserva naturale di Lokobe che tutela quanto rimane della foresta pluviale tropicale.
«Nosy Be è piena di grandi e piccole meraviglie. Come i nudibranchi, micro gioielli della barriera corallina genericamente definiti “lumache di mare”, presenti in varietà inimmaginabili nel mare del Madagascar – spiega la sub – Questi molluschi, senza guscio, si distinguono per i loro colori vivaci e forme particolari. Le acque di Nosy Be, in particolare, sono famose per la loro presenza. Trovare i più piccoli o i più mimetici, o quelli ancora non osservati in queste acque, è una sfida per gli appassionati di subacquea ma anche un modo per far conoscere a tutti la bellezza e la varietà della natura e di questo mare».
Oltre alle sue acque cristalline, il Madagascar, con il 5 per cento delle specie animali e vegetali del mondo, di cui l’80 per cento endemiche – in particolare lemuri e camaleonti – offre una biodiversità unica.
«La maggior parte della popolazione sa bene di avere la fortuna di stare in un luogo benedetto dalla natura, dove si vedono passare le balene una volta l’anno. Sicuramente ci sono, come in tutti i posti, persone più sensibili e altre meno alla protezione di una risorsa tanto straordinaria. Se parliamo di gente che lavora in mare, come diving simili al nostro, è un conto. I beach boys, che contattano i turisti in spiaggia, sono tutta un’altra cosa. Magari non gli spiegano che non devono toccare le tartarughe o che stanno andando a vedere animali protetti» conclude Sabellini.
Il cuore dell’oceano, tra tempeste e rinascite, conferma che la natura e le persone del Madagascar sono capaci di risollevarsi dopo ogni crisi, ancora e ancora, offrendo al mondo un messaggio di speranza che invita a visitare questo luogo nonostante le difficoltà che quotidianamente deve affrontare.
L’intero arcipelago è un santuario naturale, dove la fauna vive libera e indisturbata. Tra gli spettacoli della natura del Paese, gli tsingy grigi e gli tsingy rossi: i primi forgiati dai movimenti tettonici della faglia africana, i secondi dagli elementi e dalle temperature.
Attraversare ponti tibetani sopra un panorama modellato da 350 milioni di anni, è un’esperienza unica e chi è appassionato di animali può osservare oltre 100 specie di lemuri, camaleonti rarissimi, megattere che emergono dall’oceano durante la loro migrazione e gechi dalle sembianze quasi extraterrestri.
Ma ė anche una terra di profonde contraddizioni, a cominciare dalla qualità della vita. Se il Nord ė ricco di bellezza e di acqua, il Sud è arido, segnato dalla desertificazione che avanza e dai cambiamenti climatici.
Nel meridione dello stato insulare si sta vivendo il peggiore periodo di siccità degli ultimi 40 anni. Secondo il World Food Programme, migliaia di persone sono alla fame e un milione e 140.000 sono in fase di insicurezza alimentare. I più fragili, bambini e anziani, le prime vittime. E, soprattutto nei villaggi più isolati, i morti sono centinaia. Ci si nutre con ciò che si trova, anche mangiando argilla e cactus. Per procurarsi il cibo, le famiglie vendono ogni cosa. La crisi alimentare sta colpendo soprattutto i più piccoli: in 28mila soffrono di grave malnutrizione e 150mila sono sottopeso.
Nella distesa malgascia che solo i passi possono raggiungere, le terre un tempo fertili sono state devastate dalle piogge torrenziali, lasciando dietro di sé paesaggi sterili e privi di raccolti. «I bambini, con i loro volti innocenti e gli occhi speranzosi, stanno crescendo in un ambiente difficile. I loro sorrisi, anche se fragili, brillano come fari di speranza in mezzo alle avversità. Ma le cicatrici della loro terra sono ben visibili» è il monito di padre Alexander, di “Madagascar Foundation”, che da anni si impegna per queste comunità cercando modi creativi, come le colture idroponiche, per aiutare più famiglie possibili a soddisfare i bisogni primari.
L’agricoltura è l’ennesimo atto di resilienza di un popolo stremato che per riconquistare la sicurezza alimentare che le è stata sottratta si batte contro le avversità climatiche. Avversità che hanno pesanti conseguenze anche al di fuori della tavola: un recente studio pubblicato su “The Journal of Climate Change and Health” ha infatti rilevato che le conseguenze del cambiamento climatico stanno avendo un profondo impatto anche sulla salute mentale tra i bambini e gli adolescenti nel Sud del Madagascar.
LEGGI ANCHE
L'E COMMUNITY
Entra nella nostra community Whatsapp
L'edicola
Vergogna - Cosa c'è nel nuovo numero de L'Espresso
Il settimanale, da venerdì 5 settembre, è disponibile in edicola e in app