Pubblicità
Opinioni
dicembre, 2011

Vestiremo alla Bollywood

image/jpg_2169086.jpg
image/jpg_2169086.jpg

In India i film ci insegnano a flirtare, a fare l'amore. E soprattutto siamo pazzi del look e degli abiti delle star

image/jpg_2169086.jpg
Nelle vecchie foto da studente a Calcutta, negli anni cinquanta, mio padre ha sempre la camicia abbottonata fino al collo. Doveva morire di caldo, ma era la moda. Come tutti i giovani indiani dell'epoca adorava Dev Anand, l'attore del cinema, che portava la camicia così, tutta abbottonata. L'abito forse non fa il monaco, ma di certo i sogni fanno gli abiti. E in India noi sogniamo Bollywood.

Qualche anno fa ero assieme all'attrice Preity Zinta nel suo camper sul set di "Veer Zaara". La Bbc le aveva commissionato un pezzo e le serviva una mano a scriverlo. Volevano che smontasse il mito che deifica le stelle del cinema agli occhi del pubblico. Ipotizzò di iniziare così: "La gente pensa che le star non vadano mai al gabinetto. Devo dirvi che è vero. Per questo siamo sacchi di m...". Divertita gettò indietro la testa e rise a squarciagola.

I capelli erano tinti con l'henné e indossava un abito di scena giallo, pantaloni e tunica. "Scommettiamo che il salwaar-kameez giallo sarà di gran moda tra un paio di mesi?". Parlava con cognizione di causa. Gli occhiali da sole e il top nero che indossava in un film dell'anno prima avevano subito spopolato. Senza dubbio quel salwaar-kameez sarebbe stato clonato in centinaia di migliaia di esemplari.

Non si può capire l'India se non si capisce Bollywood. Non si può capire come noi indiani ci vestiamo, come amiamo e odiamo, come ci sposiamo e come beviamo. Le nostre vite prendono forma nei favolosi palazzi dei cinema, siano essi teatri tenda itineranti o lussuosi multisala. La nostra è una cultura zeppa di simboli e di idoli in cui l'immagine è tutto. E Bollywood ha saputo scoprire, forte di un secolo di esperienza, a quali immagini siamo sensibili, quali immagini ci fanno piangere, quali ridere, quali ci spingono a comprare vestiti.

Finito il tempo dei matrimoni combinati, almeno nelle città indiane, i film ci insegnano a corteggiare, a flirtare, a fare l'amore. E soprattutto siamo innamorati delle star. Le stelle del cinema sono versioni estremizzate di se stesse; i loro alter ego cinematografici si sono da tempo "cavati di dosso questo groviglio mortale", per dirla con Amleto, e sono incollati su migliaia di cartelloni in tutte le città e tutti i villaggi. Al punto che l'essere umano schiacciato sotto il peso del personaggio cinematografico tenta di ribellarsi, di imporre la propria identità. Ho chiesto alla superstar Shahrukh Khan quali film hindi amasse di più. "Non guardo i film indiani", mi ha risposto, tirando una boccata dalla sigaretta: "Sono troppo lunghi, cavolo. Non finiscono mai".

Ma tutti gli altri guardano lui e come è vestito. All'estero queste pellicole hanno addirittura cambiato la cerimonia nuziale degli indiani emigrati. A Wembley o Westchester anche i matrimoni più tradizionali ormai prevedono almeno un'esibizione stile Bollywood. Si chiama un coreografo e le donne danzano per gli invitati, cosa inimmaginabile fino a poco tempo fa, perché danzare in pubblico per una donna era disdicevole. La scelta del corredo coincide con una maratona di film di Bollywood. Assieme alle amiche più care la sposa sceglie il sari di seta per il mendhi da "Devdas", l'abito da sera per il cocktail di benvenuto da "Kabhi Alvida Na Kehna". Poi andrà assieme ai genitori a Bombay o a Delhi in giro per boutique, e chiederà gli abiti non citando il nome dello stilista, ma il titolo del film in cui sono apparsi.

Bollywood restituisce il favore alla moda. Quando Bollywood si sposta a ovest non si ferma a Dubai. Va davvero a ovest. Ho visto "Kuch Kuch Hota Hai", un film d'amore di grande successo e mi sono sforzato di capire dove avessi già incontrato quei personaggi: il bel ragazzo, la sua fidanzata tutta curve, l'amica bruttina ma dal cuore d'oro segretamente innamorata di lui. La storia era ambientata in un'università, ma l'abbigliamento era quello dei liceali californiani. Poi ho avuto un'illuminazione: i fumetti per adolescenti della Archie Comics! Ecco l'eterno triangolo: Archie, Veronica, Betty, liberamente trapiantati a Bombay.

Un'altra importante componente dei film indiani accanto agli abiti di scena sono le canzoni. In genere seguono l'antico schema del ghazal. "Il ghazal è un componimento poetico bizzarro", mi ha spiegato lo sceneggiatore Javed Siddiqui, "si compone di sette o otto distici, ciascuno concluso in sé, completamente scollegato dagli altri". È la forma ideale per la realtà frammentata degli intermezzi musicali dei film indiani, in cui i protagonisti cambiano abito (dal sari alla minigonna, dal gessato al kurta tradizionale), nonché location (dalle spiagge del Kerala alle montagne svizzere), più e più volte nello spazio di un brano, senza che il pubblico batta ciglio.

Ma molti spettatori oggi desiderano meno sogni e più realtà sul grande schermo. Il noir "Satya", è stato il primo film che ho visto in cui gli attori non erano vestiti da star di Bollywood ma come i delinquenti di Bombay che conoscevo. In effetti portai un appartenente a una banda , la Chotta Rajan, al cinema con me ed era soddisfatto del film, solo non aveva gradito le parentesi musicali. "I killer mica cantano e ballano", disse disgustato. Ma anche nelle parti coreografiche gli attori indossavano abiti comuni.

Oggi ci sono sempre più film che, come "Satya", puntano alla verosimiglianza nei costumi di scena. Ma sapete un cosa? Per le strade di Bombay si iniziavano a vedere le semplicissime magliette di cotone dei personaggi di "Satya" addosso ai veri delinquenti. Come l'improbabile tunica gialla di Preity Zinta le magliette si erano clonate. Dalle stelle alle stalle, Bollywood veste l'India.

traduzione di Emilia Benghi

L'edicola

La pace al ribasso può segnare la fine dell'Europa

Esclusa dai negoziati, per contare deve essere davvero un’Unione di Stati con una sola voce

Pubblicità