Una volta, più o meno, a qualcosa credevano. Oggi sono lì con un solo scopo: trasferire denaro pubblico, cioè nostro, nelle tasche di qualche privato. E le diversità ideologiche cedono il campo agli affari

Cosa fa, oggi, chi fa politica

Il politico, cioè il delegato al funzionamento dello Stato, è sempre più in difficoltà. le vecchie armi del mestiere come la retorica e l'eloquio forense si sono come spuntate di fronte alla difficoltà di governare il puttanaio generale. Un esempio. L'altro giorno alla camera un poveraccio eletto dal popolo si è cimentato nell'impresa impossibile di difendere il premier Silvio Berlusconi dall'accusa di concussione. con voce tonante ha cercato di spiegare che Berlusconi aveva telefonato alla questura di Milano per far rilasciare la signorina Ruby, sua amichetta, sostenendo che era davvero convinto che fosse la nipote di Mubarak e che era intervenuto per evitare un incidente diplomatico.

Si è spuntata l'arma dell'oratoria forense, l'arte del discorso coltivata da tutti i politici dell'Italia unita da Mussolini a Nenni; oggi i deputati non sanno o non osano più parlare al cuore, oggi anche loro si perdono in congetture giuridiche, in sottigliezze procedurali mentre i loro colleghi annoiati chiacchierano o escono a fumare una sigaretta.

Qual è il compito principale dei politici di oggi? Trasferire il denaro pubblico nelle tasche dei produttori e dei costruttori, far muovere il mattone e gli appalti, distribuire i finanziamenti pubblici. Con queste mercuriali faccende le diversità politiche, gli ideali, il sol dell'avvenire cedono il campo agli affari.
Anche la protezione civile, nata come provvida organizzazione per sopportare le calamità naturali, diventa una gran macchina da affari più o meno puliti in cui un deputato di sinistra ne vale uno di destra come faccendiere. La politica come olio per ungere i meccanismi amministrativi.

Importante ma non sempre presentabile, leggibile, difficile mestiere quello del politico. Deve far funzionare lo Stato, la sua economia, i suoi servizi spesso in concorrenza con i produttori e con i commercianti.
Il motore dello Stato, la cooperazione dei politici e degli imprenditori, è spesso simile a uno sciame furioso d'api tutte alla ricerca del loro miele, è per questo che noi vecchi partigiani della generazione che guadagnò all'Italia il biglietto di ritorno alla democrazia siamo fortemente preoccupati: reggerà questa costruzione appesa a fili e a nodi fragili? O ci sarà un inevitabile ritorno dei regimi autoritari capaci di risolvere con la forza i contrasti? Ci sono in televisione dei telefilm americani il cui messaggio ossessivo e monotono è il seguente: la polizia dello Stato deve legnare continuamente i rivoltosi e indisciplinati per consentire alla macchina di funzionare.

Ecco perché il pericolo numero uno delle società conservatrici non è più il rivoluzionario comunista, ma l'anarchico, quello che rompe il legame delle collaborazioni, corrette o delittuose che siano. Il nuovo Millennio sembra aprirsi come i precedenti all'influenza dell'incertezza e del casuale. Riusciremo a comporre le nuove profonde contraddizioni del vivere sociale? La differenza antica fra sinistra e destra, fra la sinistra riformatrice progressista e la destra conservatrice e retriva non ha più senso.

Tutti siamo allo stesso tempo per la conservazione e per la riforma, per la legge e l'ordine e la tempestosa creazione schumpeteriana. La sola previsione che possiamo fare del futuro prossimo è di una società nevrotica alle prese con i mille rischi del mondo ricco insidiato dalla marea dei poveri che si ammassano alle sue frontiere, minacciosi.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso