L'incredibile farsa con cui si stanno chiudendo gli anni perduti della "seconda Repubblica"( d'altra parte dramma satiresco e tragedia si accompagnavano anche nelle rappresentazioni antiche) minaccia di nascondere i tratti davvero, per certi versi, rivelatori della crisi che attraversiamo. Nel corso degli anni novanta si era fatta prepotentemente strada l'idea che un Ordine globale - satanico o divino, a seconda dei punti di vista, ma un Ordine - fosse non solo possibile, ma in corso di concreta realizzazione. Dopo l'11 settembre a molti sembra che gli Stati Uniti abbiano irreversibilmente deciso di diventarne il Soggetto se non esclusivo, certo egemone. Il Soggetto che per potenza economica e militare, per supremazia nella ricerca tecnico-scientifica, per vocazione di popolo, per visione ideale e strategica, è chiamato, quasi per dovere, a rappresentare l'autorità capace di "tenere in forma" il mondo, contenerne e mediarne i conflitti, debellare i superbi, benevolmente accogliere i "convertiti". E soprattutto rassicurare i "buoni": borse, mercati, imprese.
Questa utopia imperiale è durata meno di un mattino. E non perché l'"impero" ha fallito nel superare il famoso "clash of civilizations"(che è problema mille leghe oltre ogni "giurisdizione" politica), ma per la sua manifesta incapacità di gestire il "crash" all'interno dello stesso sistema socio-economico dominante - che si chiama capitalismo. Si è scoperto che i barbari non premevano ai confini, ma erano saldamente radicati in casa. A caccia dell'Ordine, l'"Impero" ha lasciato fare a quelle forze di cui grandi liberali, à la Weber o à la Keynes, dicevano: vorrebbero spegnere il sole perché non dà dividendi. E quando le indomabili energie raccolte sotto la bandiera dell'"ubi pecunia, ibi patria" hanno minacciato di travolgere tutto nel loro crack, sono state salvate - affinché continuino a operare esattamente come prima. Il grande Ordine democratico mondiale, che era stato progettato dall'alto di Capitol Hill, sembra non fare per loro. Ci siamo finalmente destati? Abbiamo compreso che il vero, drammatico problema del secolo avvenire sarà la regolazione globale dei flussi finanziari, del commercio mondiale, l'armonizzazione delle politiche economiche e fiscali nei paesi più forti - e non la "repressione" del fondamentalismo islamico? Sono le contraddizioni interne al "grande Occidente" che possono determinare anche esiti catastrofici, e non lo "scontro tra civiltà"!
Ma perché è così difficile fare politica su tali questioni? Perché manca o è fallito un Impero? Perché è utopia una Repubblica universale? Per "colpa" degli staterelli l'un contro l'altro armati? Per una general-generica "crisi" della politica o inadeguatezza delle classi politiche? Credo che anche su questo punto gli ultimi anni siano stati rivelatori. Smettiamola di ragionare come se il Politico, nel mondo attuale, potesse essere considerato "autonomo" rispetto al sistema economico-finanziario, al mondo della comunicazione, a quello della ricerca più avanzata. Le classiche distinzioni tra poteri, e quella tra Politico ed Economico, appartengono tutte all'altro secolo. Non esistono moderni Principi che controllino, contengano, medino dall'esterno - esiste un impersonale sistema di potere, di cui la politica è parte e in cui continui sono gli scambi di ruolo - un sistema costituito tanto da convergenze e alleanze, quanto da sanguinosi conflitti. Affari, politica, media formano aggregati che si fanno e disfano a ritmi sempre più sincopati. E non vi è Piano, non vi è occulta plancia di comando che operi sulla base di "visioni del mondo". Tutto è connesso, tutto "in rete", si dice, in questo nuovo Evo - e volete che non sia così anche tra le diverse potenze che dovrebbero regolare la nostra vita? Il problema è che questa "rete" sembra ogni giorno che passa più strappata e incapace di risolvere le crisi che essa stessa produce.
Chi ci salverà? Salviamoci per il momento, almeno in Italia, da Berlusconi - ma si sappia che il sopra citato non è che la rappresentazione grottesca, strapaesana e ormai vergognosa di un dramma di portata epocale.