Neutralità ed equidistanza di fronte allo scempio nella Striscia sono contro diritto, politica e umanità

Per due mesi i bambini della Striscia di Gaza hanno affrontato bombardamenti incessanti e sono stati privati di beni essenziali, servizi e cure salvavita. Ogni giorno che passa il blocco degli aiuti, deciso dal governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu, li mette di fronte al rischio crescente di fame, di malattie e di morte: niente può giustificare tutto questo». Lo ha detto ancora una volta la Direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, rilanciando l’appello dell’Agenzia Onu per l’Infanzia a rimuovere il blocco degli aiuti umanitari voluto da Israele, che non lascia entrare nella Striscia di Gaza né cibo né medicinali.

 

Le panetterie sono chiuse, gli scaffali dei pochi negozi rimasti sono vuoti e l’accesso a cibo e acqua potabile è diventato un miraggio. Secondo le autorità sanitarie locali questo ha già provocato la morte per fame di 50 bambini negli ultimi mesi.

 

«Siamo tutti complici», è il titolo della nostra copertina che vuole sottolineare come il silenzio del mondo di fronte a questa tragedia diventa connivenza e correità.

 

È un silenzio assordante, amplificato da un clima politico internazionale in cui la difesa dei diritti umani viene sempre più oscurata dagli interessi geopolitici. La comunità internazionale osserva, ma non agisce. L’Unione Europea, in particolare, si limita a esprimere preoccupazione, manifestando così una grave assenza politica, per non parlare dell’Italia dove il governo ha scelto di percorrere la strada della cautela.

 

Il tutto mentre il diritto internazionale viene ignorato in modo pervicace e sistematico. Servirebbe un’urgente mobilitazione per restituire dignità e diritti a chi è affamato e in pericolo. In questi giorni assistiamo invece a una nuova escalation con il piano di Israele che annuncia un’intensificazione della campagna militare iniziata il 7 ottobre 2023, con l’invio a Gaza di decine di migliaia di soldati e la deportazione dei civili palestinesi verso Sud.

 

Secondo fonti governative, l’operazione includerà una nuova strategia di occupazione da parte dell’esercito israeliano per impedire il ritorno di Hamas nelle aree “liberate”. Anche se non è chiaro se l’intera Striscia sarà occupata e per quanto tempo.

 

Una decisione duramente criticata sia dall’opposizione politica sia dalle famiglie degli ostaggi, preoccupate che un’ulteriore escalation metta in pericolo la vita dei loro cari. In questo contesto l’ipotesi di cui si parla da anni di «due popoli, due Stati», diventa sempre più un miraggio. Ma il diritto internazionale umanitario è chiaro: le autorità hanno il dovere di garantire un trattamento umano della popolazione civile. Ciò implica garantire non solo il diritto al cibo e alle medicine, ma anche standard igienici e di salute pubblica adeguati.

 

Concretamente, significa assicurare il passaggio dell’assistenza umanitaria e permettere alle organizzazioni internazionali di operare. La domanda che ci poniamo è: queste norme sono rispettate se migliaia di bambini piangono per la fame, e i loro diritti vengono calpestati?

 

In un momento in cui il mondo ha bisogno di Capi di Stato e di Governo pronti a farsi sentire, ci ritroviamo con dei leader che faticano a condannare gli atti di violenza e le violazioni dei diritti umani. Oggi più che mai è diventato urgente e nostro dovere ascoltare il grido di dolore di Gaza, alzare la voce e rifiutare la complicità nel silenzio.

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso