Dividere i sindacati. Spaccare il Pd. E saldarsi con l'ala alfaniana del Pdl. Sembra che Monti punti a questo scenario. Ma per l'Italia è meglio una grande coalizione aperta ai democratici "liberal"

Grandi manovre in corso per la successione nel regno di Danimarca. Altrimenti sarebbe impossibile spiegare la battaglia sulla cosiddetta riforma del mercato del lavoro. A prescindere dalle modifiche che il sovrano Parlamento vi apporterà, mai nessuna montagna partorì un più grande topolino. Qualche colpo al cerchio (più costoso per le aziende il tempo determinato), un colpo alla botte (qualche tutela in meno per la "flessibilità in uscita"), compensato per modo di dire con leggeri miglioramenti per assegni di disoccupazione e cassa integrazione. Rinviate alle calende greche tutte le vere decisioni: defiscalizzare il costo del lavoro (e aumentare il potere d'acquisto delle retribuzioni), tutelare l'universo del lavoro flessibile e dei free lance, potenziare gli ammortizzatori. Esercizio difficile, non v'è dubbio, col 120 per cento di debito sul sacro Pil - ma nessuno si è certo scervellato per stanare qualche risorsa. Tasse patrimoniali, liberalizzazioni vere, riduzioni dei costi dell'amministrazione e della politica, dove siete?

Nessun imprenditore serio aveva fatto barricate sull'articolo 18. Solo i pasdaran berlusconiani erano giunti a sostenere che la sua "correzione" poteva, in quanto tale, favorire investimenti e assunzioni. Che il sovrano Parlamento dia segni di vita modificando leggi e normative, delegiferi, sburocratizzi, riduca con opportuni provvedimenti i tempi della giustizia, altro che articolo 18. Ma è un simbolo, si dice, una bandiera. E nulla sarebbe più irragionevole che sottovalutare il peso di "irrazionali" simboli e miti nell'agire politico. Ma irrazionale non significa vuoto o privo di significato. E allora qual è il senso di quest'azione del governo che ha voluto porre in primo piano la questione dell'articolo 18 nell'affrontare il problema infinitamente più complesso (e appena sfiorato dai provvedimenti in discussione) del mercato del lavoro nel post-fordismo e nella globalizzazione? Gli effetti che questa decisione sta producendo erano stati previsti, o addirittura voluti? Poiché questi sono del tutto evidenti: ridividere il sindacato, che stava lanciando qualche timido segnale di ritrovata unità, drammatizzare le divisioni nel Pd, rafforzare l'intesa con l'ala "alfaniana" del Pdl. L'articolo 18, insomma, come catalizzatore politico: accelerare la resa dei conti nei due ex-poli, facendovi emergere l'ala decisa a proseguire sulla via aperta dal governo Monti; collocare "fuori gioco", all'opposizione, l'ala Fiom della Cgil (non ha detto proprio il neopresidente della Confindustria Squinzi che i chimici, invece, sono molto ragionevoli?).

C'è da chiedersi se Monti stesso sia consapevole del significato della linea assunta dal suo governo. A meno che non lo concepisca come un "pronto intervento" per poi riconsegnare tutto al malato, le decisioni che vengono oggi prese indicano almeno un'ipotesi di alleanze future. Si prefigura una coalizione tra "liberali" Pdl e "terzo polo", montiana e benedetta dalle più importanti corporazioni? Ma questo costringerebbe tutto il Pd a mettere la sordina al dibattito interno e a serrare le righe a sinistra con i "compagni che sbagliano". Eppure l'ipotesi di vittoria di una coalizione ulivista nel 2013 rimane assai più probabile di quella di un centrodestra per quanto rinnovato. Non converrebbe allora a Monti (e magari al Paese) lasciare che maturino le contraddizioni strategicamente e culturalmente insanabili nel centrosinistra, piuttosto che dar l'impressione di imporre la resa? L'ho già detto altre volte: dopo Monti il Paese avrà ancora bisogno di "grande coalizione" ma questa non può fare a meno di quelle forze del Pd, e non solo, che a questo partito avevano guardato come a una forza costituente e non alla sommatoria di album di famiglia e alla tutela di rendite politiche. L'Italia ha bisogno di una "grosse Koalition" liberal, e non liberista. E credo, spero, che quest'idea rappresenti anche l'"anima" di Monti. Se è così, corregga, professore, rotta e immagine del suo governo; non ci riconsegni, la prego, nel 2013 a una riedizione, con nuovi attori (neppure tutti), dei duelli dello sciagurato ventennio.

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