Quando nell'ottobre 2007 il Comitato permanente del Politburo del Partito Comunista cinese ha nominato Xi Jinping erede di Hu Jintao, i suoi colleghi devono aver pensato di aver effettuato una scelta sicura. Il giovane “principino” Xi aveva un pedigree impeccabile (suo padre era stato uno dei fondatori del comunismo in Cina). Oltre a ciò, Xi aveva manifestato tutte le caratteristiche in grado di rassicurare ?i suoi colleghi: per tutto il tempo della sua scalata aveva mantenuto un basso profilo politico, parlato poco, agito con cautela.
Oggi, a due anni di distanza da quando Xi ?è diventato capo del Partito, chi lo ha scelto deve essere in preda al rimorso. Invece ?di comportarsi come il tipico apparatchik, ?Xi ha agito da leader forte e ha cambiato quasi tutte le direttive post-Tienanmen. ?Col potere che ha accumulato, ora è considerato il leader cinese più potente ?dai tempi del dittatore Mao Zedong.
La conclusione più importante che si può trarre è che la tanto decantata “leadership collettiva” istituita dal regime post-Mao si sta sfilacciando. Dopo la morte di Mao, i sopravvissuti alle epurazioni giurarono che quanto accaduto non si sarebbe ripetuto mai più, e si dettero da fare per istituire una “leadership collettiva” che si è evoluta al vertice in un processo decisionale basato sul consenso e le cariche più importanti furono spartite.
Questo modello di accordo oligarchico ha funzionato così bene per oltre trent’anni che la maggior parte della gente ha creduto che potesse continuare per sempre. ?Ciò che è sfuggito alla maggior parte degli osservatori è che i cambiamenti avvenuti sono solo di facciata e non sono stati codificati in un corpus normativo. Per esempio, il limite ufficiale di un mandato vale soltanto per la presidenza, carica in buona parte onorifica. Invece, il mandato ben più importante di capo del partito ?non è soggetto a un limite formale.
La cosa più preoccupante, però, è che non sono previsti vincoli alle modalità con le quali il sommo leader può far uso del suo potere. Di conseguenza, un nuovo leader che arriva alla massima carica ha ampi mezzi per appropriarsi di un potere enorme. Oltre che dal vuoto normativo, Xi ha tratto beneficio anche dalla relativa debolezza dei suoi oppositori. Hu Jintao, il predecessore, ha optato per un pensionamento totale e si è astenuto dal collocare i suoi più intimi collaboratori nel Comitato permanente del Politburo per controbilanciare Xi. Jiang Zemin, altro ex capo del partito, oggi ha 88 anni e minori possibilità di influenza. Per di più, Xi ha utilizzato una tattica astuta per aggirare il processo decisionale. Per esempio ha assunto le cariche di capo dei gruppi dirigenti per la riforma economica, la sicurezza nazionale, la riforma militare e la cyber-sicurezza. Questi gruppi dirigenti adesso hanno l’ultima parola in quasi tutte le questioni più importanti.
Il fattore decisivo che ha permesso ?a Xi di affermare la propria autorità sugli 87 milioni di persone iscritte al Partito è la corruzione dell’enorme apparato politico cinese. Nell’epoca post-Tienanmen la “leadership collettiva” del regime è degenerata in una “corruzione collettiva”. ?I funzionari di partito sono collusi e si accordano tra di loro su come spartirsi il bottino della crescente prosperità cinese.
Prima dell’ascesa al potere di Xi, la politica era dominata da questo principio: puoi essere corrotto, a patto di permettere che lo sia anch’io. Un patto d’onore tra malviventi che ha permesso a molti funzionari di accumulare ingenti ricchezze, ma li ha resi vulnerabili una volta arrivato al potere Xi. ?La prima offensiva politica lanciata dal nuovo capo è stata una campagna intensa contro la corruzione, che ha neutralizzato le potenziali minacce nei suoi confronti e lo ha reso il leader più temuto dai tempi di Mao. Rimane da capire, adesso, che cosa intenda fare Xi con tutto il potere che ha acquisito. Ciò che ha portato a termine lascia intendere che egli voglia fare della Cina uno stato monopartitico governato col pugno ?di ferro e da una forte leadership personale. E, almeno finora, Xi sembra aver avuto grande forza. Ma il successo di questa sua fatica è tutt’altro che garantito, non ultimo perché nel nuovo ordine cinese a essere danneggiati più di tutti sarebbero proprio i suoi più strenui oppositori dentro al regime.