L’Occidente si è mostrato impotente.Mosca sta subendo le sanzioni. Mentre Pechino gode: non è più il nemico numero uno
La crisi in Ucraina ha lasciato intorno a sé solo dei prerdenti. L’Occidente si è trovato quasi impotente di fronte a una Russia revanscista. Il governo di Kiev non ha potuto far altro che assistere passivamente all’annessione della Crimea da parte di Putin e fatica a contenere le spinte indipendentiste delle sue regioni dell’Est su cui pure si concentrano gli appetiti di Mosca. Ma anche la Russia ha pagato a caro prezzo i vantaggi ottenuti a breve termine. Il suo rapporto con l’Occidente è stato irrimediabilmente danneggiato e le sanzioni che ne sono derivate non gioveranno alla sua economia. Con ogni probabilità, la Russia ha forse vinto una battaglia, ma ha perso la guerra. L’annessione della Crimea, le pretese su altre aree, in effetti, serviranno solo a rendere l’Ucraina un suo nemico giurato a lungo termine.
Calcolando i guadagni e le perdite in termini geopolitici, non è difficile constatare che mentre i protagonisti diretti della crisi ucraina sono perdenti netti, c’è almeno un grande vincitore: la Cina. Fino a quando non sono scoppiati i disordini in Ucraina, la saggezza geopolitica convenzionale voleva che la più grande minaccia per la sicurezza dell’Occidente fosse rappresentata dalla Cina e non dalla Russia. Pechino ha avviato un ambizioso programma di ammodernamento militare ed ha acquisito capacità che hanno sollevato interrogativi sui suoi obiettivi strategici. La sua corsa all’accaparramento di risorse naturali in Africa, in Medio Oriente e in America Latina ha sfidato il tradizionale predominio occidentale in queste aree. Le crescenti dispute territoriali fra la Cina e il Giappone possono innescare un conflitto militare che finirebbe per coinvolge gli Usa.
Ma oggi che l’annessione della Crimea alla Russia polarizza l’attenzione dei media, la Cina non sembra destare alcuna preoccupazione. È facile perciò immaginare con quanta soddisfazione i dirigenti cinesi abbiano ricevuto un regalo geopolitico non richiesto da Putin.
Pechino ha adottato un comportamento molto prudente. Per timore di inimicarsi l’Occidente e venir meno al suo principio di non ingerenza negli affari interni di un Paese sovrano, ha rifiutato di sostenere l’intervento di Putin in Ucraina. Ma nello stesso tempo, ha implicitamente accusato l’Occidente di fomentare la protesta che ha portato al rovesciamento del vecchio regime filorusso di Yanukovitch, ed è rimasta così alla finestra.Ora che la Russia è più isolata e i suoi rapporti con l’Occidente stanno entrando in una fase più conflittuale, i vantaggi geopolitici ed economici che la Cina può trarre da una situazione di stallo prolungato tra Mosca e l’Occidente stanno diventando chiari.
Il più importante, anche se intangibile, è che sarà la Russia, e non la Cina, a trovarsi al centro dell’attenzione dell’establishment militare americano nel breve e medio periodo. Non molto tempo fa la priorità strategica del Pentagono era l’Asia, il che comportava un trasferimento del grosso delle forze aeree e navali americane verso il Pacifico. Oggi invece che la Russia minaccia la pace e la sicurezza nell’Europa centrale, gli Stati Uniti riadatteranno probabilmente la loro strategia allentando la pressione sulla Cina.
L'isolamento della Russia spingerà quasi sicuramente Mosca più vicino a Pechino. I dirigenti cinesi hanno visto in Putin un alleato scaltro e inaffidabile. Spesso Mosca non ha mantenuto le sue promesse sulle vendite di armi e di energia a Pechino. Ed ora che lo zar sta affrontando la sua più grande sfida nel campo della politica estera, la Cina avrà più carte da giocare nella partita con la Russia. In termini pratici, questo porterà alla vendita di armi più avanzate alla Cina. Non è un caso che alla fine di marzo Putin abbia approvato la fornitura dei più nuovi missili antiaerei russi S-400. Si prevede inoltre che Mosca venderà ben presto alla Cina caccia a reazione SU-35 (che Pechino aveva cercato di acquistare fin dal 2010). Sul piano economico, man mano che l’Europa cercherà di ridurre la sua dipendenza dall’energia russa, Mosca dovrà trovare nuovi clienti altrove.
La Cina sarà il suo più importante mercato futuro per le esportazioni. Il commercio bilaterale fra questi due Paesi, che ha raggiunto un volume di 89 miliardi dollari nel 2013, è destinato a crescere velocemente nei prossimi anni. Le materie prime russe, soprattutto gas e petrolio, saranno il principale fattore di propulsione dei loro rapporti commerciali. Gazprom, il colosso statale russo del gas, prevede di fornire alla Cina 38 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, a partire dal 2018, attraverso un gasdotto in costruzione per collegare la Cina e alla Russia. In passato, la Cina ha avuto difficoltà ad ottenere sconti sul prezzo dell’energia dalla Russia. Ma questa situazione è destinata a cambiare se l’Europa ridurrà strategicamente le sue importazioni di energia russa.
La preoccupazione maggiore riguardo all’improvvisa fortuna geopolitica di Pechino è che i leader cinesi potrebbero commettere un errore di calcolo strategico. Pensando che l’Occidente è preoccupato per la Russia o troppo debole per affrontare attacchi armati, la Cina potrebbe essere tentata di usare la forza per risolvere le sue dispute territoriali con il Giappone, le Filippine e il Vietnam. Se il suo presidente, Xi Jinping, cercherà di emulare Putin, andrà incontro a una disfatta poiché, a differenza della Russia, che non ha dovuto far fronte ad alcuna reazione militare credibile in risposta alla sua annessione della Crimea, la Cina potrebbe trovarsi alle prese con la potente marina americana nel Pacifico. Fortunatamente, i dirigenti cinesi non sono come Putin, temono il rischio. Ed è forse per questo che il Partito comunista cinese è ancora al potere.