La profezia delle “lezioni americane” di Calvino. Il monito dell’America lo capiremo troppo tardi

Abbiamo intitolato la copertina sulla vittoria di Donald Trump alle presidenziali degli Stati Uniti “Lezioni americane”, citando Italo Calvino per due ragioni. Uno: c’è una lezione che arriva dall’America. Due: noi non faremo in tempo ad ascoltarla.

Partiamo dalla prima: alle 5.45 di mercoledì mattina, cioè da quando anche l’ultimo cretino del pianeta Terra aveva capito che sondaggisti e opinionisti non ci avevano azzeccato nemmeno stavolta, presi come eravamo a dire che Hillary doveva battere The Donald perché era ovvio, era naturale, era scontato, tutti abbiamo cominciato a ripetere come un mantra di “avere imparato la lezione americana”. Il popolo è arrabbiato, vota di pancia. E via disquisendo di élite e masse, grande finanza, green economy e un po’ di piove governo ladro.

Improvvisamente, mentre ci dicevamo tutto questo, come un caleidoscopio che gira, siamo mutati. Abbiamo cambiato linguaggio, prospettiva, visione. E quel signore con il ciuffo arancione in odore di toupet, lo stesso Donald John Trump che avevamo preso in giro per mesi (e che ha invece vinto le elezioni esattamente come Kennedy, Clinton e Obama, con il voto dei cittadini americani, che l’hanno indicato come quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti) è diventato per noi l’ultimo avvertimento, la mano sulla spalla di chi ti dice: «Ehi tu, hai capito o no cosa sta per succedere in Europa?».

Un monito che non proviene dalla Corea del Nord, o da Raqqa, ma dalla “culla” della democrazia (io la chiamo culla perché sono convinto che non sia cresciuta a sufficienza), dalla stessa America che fino al giorno prima a sinistra si celebrava, incarnandola in Barack Obama e nel suo “Yes We Can”. E noi, i soliti che sanno sempre tutto, abbiamo giurato di avere capito. Con il solito metodo: sappiamo tutto prima, sappiamo tutto dopo, ci importa poco se quel che succede in mezzo ci sfugge. Ci importa poco se, come ha detto Obama, il sole sorgerà, ma sorgerà su un Paese che non è più lo stesso e nessuno se ne era accorto davvero.

Ed eccoci alla seconda ragione della citazione. Le “Lezioni americane” si sarebbero dovute tenere nell’autunno del 1985 all’università di Harvard, ma Calvino morì il 19 settembre. Per cui il suo insegnamento ci arrivò postumo. Metaforicamente, è lo stesso rischio che corriamo, in Italia e in Europa, con la lezione di Trump. Il rischio di non ascoltarla nemmeno stavolta in tempo. Il rischio di parlarci addosso per un paio di settimane, un mese al massimo, derubricando via via che passano i giorni The Donald da pericolo planetario a una specie di novello Reagan dei tempi nostri, Ronald & Donald, che suonano perfino simpatici, per poi renderci conto che ciò che è davvero avvenuto in America è il trampolino, anzi il Trumpolino, di ciò che sta per succedere in Europa. E che qui da noi, per assurdo, si rischia molto più, visto che loro, piaccia o no, non hanno mai avuto né re né dittatori. Il problema è che ce ne accorgeremo troppo tardi, quando cioè la “sinistra” sarà morta, soffocata dai suoi arzigogoli politicamente corretti, dalla sua sicumera, dalla voglia di “esclusività”, cioè di élite, che ha generato due danni opposti e deflagranti insieme: l’ha resa incapace di parlare a quello che per decenni è stato il “suo” popolo, facendo sì che i dimenticati di questo secolo facessero la rivoluzione a insaputa dei rivoluzionari storici, la sinistra popolare che diventa impopolare; ha regalato alla destra una dote che non aveva mai avuto, l’inclusività, come ci spiega Ezio Mauro. La capacità di allargare il consenso a chi non ha voce.

Lo dimostrano i titoli di questi giorni, quando scrivono di Trump: “Trionfo al di là di ogni previsione”. Non è così. Sono sbagliate le previsioni, non i trionfi. Il voto tornerà prevedibile, solo quando gli strumenti di misurazione del desiderio popolare si saranno adeguati ai tempi, capaci cioè di rilevare la realtà e non solo le aspirazioni di chi già governa. Serve una sonda di maggiore profondità. Ma più scendi nei meandri dell’Occidente in crisi di valori e di soldi, più incontri gli spettri che non vorresti vedere. Gli errori, le bugie, le promesse, le speranze tradite. E più hai paura di guardare.

Twitter @Tommasocerno

LEGGI ANCHE

L'E COMMUNITY

Entra nella nostra community Whatsapp

L'edicola

Siamo tutti complici - Cosa c'è nel nuovo numero dell'Espresso