Il presidente Usa uscente sceglie la Cancelliera ?come custode della democrazia, finora prerogativa americana, dopo la vittoria di Trump

Non era mai accaduto nella storia d’America e d’Europa. Il presidente degli Stati Uniti sul punto di abbandonare la Casa Bianca, dove sta per insediarsi il successore, attraversa l’Atlantico e affida a un leader del Vecchio continente il testimone, quello che si passano gli atleti nelle corse podistiche a staffetta. Non il bastone di comando di cui ha disposto per due mandati e che gli elettori hanno già trasferito in patria nelle mani di Donald Trump. A Berlino Barack Obama ha affidato a Angela Merkel la missione di guardiana della democrazia occidentale, da tempo prerogativa della presidenza americana. La quale sta però adesso per essere occupata dal campione del populismo che minaccia proprio quella democrazia.

Il simbolico passaggio delle consegne è avvenuto a Berlino in modo elegante, naturalmente senza urtare le inviolabili, salde istituzioni americane, e senza dargli la forma di un’aperta sfiducia a Donald Trump. Del quale Obama, pur ricordando le differenze politiche, ha sottolineato il pragmatismo e quindi la capacità di uscire dalla sconcertante ideologia tratteggiata con veemenza durante la campagna elettorale, di cui non sarebbe prigioniero. Insomma gli ha offerto la possibilità di recuperare la rispettabilità perduta; e al tempo stesso non ha turbato finora la transizione, guado difficile e indispensabile alla stabilità istituzionale. Così Obama ha potuto investire la cancelliera tedesca di una carica basata sul sentire politico e morale, mentre quella di Trump uscita dalle urne è concreta, legittimata dal voto, ma estranea a molti dei valori democratici su cui la Merkel deve vegliare. La storia non è mai uguale , aveva ragione il professor Cantimori, non si ripete mai.

Accettando di concorrere per un quarto mandato, subito dopo la visita di Obama a Berlino, Angela Merkel ha accettato anche la simbolica investitura a guardiana della democrazia occidentale. Resta sulla ribalta, che non è una trincea ma che potrebbe diventare qualcosa di simile. Aveva probabilmente deciso prima, ma le parole del presidente americano hanno contato. Sono parole che hanno precisato il carattere dell’investitura simbolica. Più della cancelliera tedesca in quanto tale riguarda il più affidabile leader europeo, il più capace e solido di fronte a una super potenza garante della democrazia diventata una preoccupazione per la democrazia.

Obama ha ricordato che le sue idee di centrosinistra non sono sempre state in armonia con quelle di centro destra di Angela Merkel ma di avere sempre raggiunto un’intesa con lei, grazie alla sua onestà, alla sua costanza, alla sua fermezza, alla sua capacità di ragionare. Gli elogi sperticati rivelano un’ammirazione che si è rafforzata quando, dopo l’elezione di Trump, Merkel non solo non si è affrettata a comunicare i rituali complimenti, ma ha offerto la sua collaborazione al nuovo presidente sulla base di precisi valori:«la democrazia, la libertà, il rispetto dello stato di diritto, e la dignità umana al di là delle origini, del colore della pelle, della religione, del genere, dell’orientamento sessuale e delle idee politiche». Merkel ha adottato col nuovo presidente americano lo stile diplomatico in uso con Russia e Cina.

Obama non poteva rivolgersi ad altri leader europei. Non al francese Hollande al termine del suo onesto ma impopolare mandato, in un paese che ha non pochi ammiratori di Trump. Né a Renzi che ne può contare altrettanti in patria e che si è messo politicamente in gioco su un referendum. Né a Theresa May il cui governo è marchiato dal Brexit.

Ma la Germania della Merkel è tutt’altro che ansiosa di avere un ruolo politico che la sua Storia rende arduo, e che deve essere svolto in un’Europa divisa, sfilacciata, difficile da rappresentare. Il potere economico è impegnativo ma è determinato dalla realtà. Esercitando quello politico si risveglia la storia. Dopo la riunificazione e il ritorno della capitale a Berlino, la Germania si è dichiarata una nazione come le altre, “normale”, liberata dai complessi dovuti al passato. La sua natura “svizzera” si è dissipata. Gli interventi militari, non offensivi, si sono ad esempio moltiplicati nel mondo, ma un certo profilo basso, sul terreno su cui si misura nei suoi vari aspetti (hard e soft)la potenza di un paese, sopravvive ancora. È una delle virtù della Repubblica federale. Ed anche una fortuna per l’Europa. La cancelliera sa assumere quel profilo basso con sottile intelligenza senza rinunciare alla determinazione, che non solo Obama sa apprezzare. Il ruolo di leader antipopulista le compete, nell’Europa in cui crescono muri e nazionalismi e mentre il riferimento americano si annebbia. Vasto programma.

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