Bologna, un istituto nel parco. Ma si vogliono ?impedire le attività all’aperto. E la burocrazia ha la meglio sull’interesse da tutelare: quello dei ragazzi

L’educazione, a partire dalle scuole dell’infanzia, dovrebbe essere argomento di interesse condiviso, scambio di idee, discussioni continue e invece concorsi e graduatorie ne fanno un ammortizzatore sociale, una macchina per catalizzare consenso, spostando l’attenzione dai suoi protagonisti a regole che nulla hanno a che vedere con le esigenze di chi a scuola va per crescere come individuo. A scuola, sin da piccolissimi, si trascorre una parte importante della giornata, quindi le responsabilità vanno divise in proporzione tra gli istituti che accolgono bambini e ragazzi e le famiglie. La scuola è supporto fondamentale ai genitori perché il suo personale è formato proprio per avere a che fare con ragazzi di ogni età. E se madre e padre in un certo senso ci si improvvisa, insegnanti no, quindi è da loro che è lecito aspettarsi sensibilità e competenza. E come la scuola dovrebbe avere al centro del proprio interesse il percorso didattico e umano degli studenti, così la società nel suo complesso dovrebbe prestare attenzione costante alla scuola. Ma è evidente che, tranne in casi rarissimi, tutto questo non accade, se non per seguire e alimentare polemiche.

Eppure oggi la scuola ha potenzialità immense perché il personale è più qualificato rispetto ai decenni scorsi, perché le strutture sono migliori: in molti casi io e i miei coetanei abbiamo frequentato scuole fatiscenti e senza palestre. Però fare tabula rasa di esperienze virtuose del passato costituisce una perdita enorme.
In questi giorni il tema scuola è tornato di attualità per le divergenze tra gli insegnanti delle scuole Longhena di Bologna e la preside dell’istituto, per la polemica che ne è seguita, alimentata da articoli di giornale e interviste in televisione. Polemica che sarà sterile se non stimolerà un serio dibattito sul tema.

Al centro le attività didattiche e soprattutto la ricreazione che, alle scuole Longhena, essendo un complesso scolastico sorto nel parco del Pellegrino, vengono svolte all’aperto. Il corpo docenti sostiene che si apprende anche al di fuori delle aule e che l’assenza di confini fisici insegna ai bambini a crescere autogestendo gli spazi e quindi anche la propria libertà. Al contrario c’è chi oppone regole che devono valere per ogni contesto scolastico e che sembrano rispondere più a questioni di sicurezza che a effettive esigenze di didattica.

Preside contro insegnanti, sindacati che stabiliscono cosa sarebbe opportuno e cosa no, e chi legge, non essendo abituato a un dibattito costante sulla scuola, spesso si trova impreparato. Si fa fatica a comprendere che le regole, anche quelle che si applicano alla scuola, esistono non per essere infrante, ma per essere interpretate e soprattutto adattate. Pensare che per contesti diversi possano valere le stesse regole è folle. Pensare che una scuola a Palermo possa essere gestita come una scuola a Torino, vuol dire non tenere conto delle diversità territoriali e non avere alcun rispetto per il contesto che circonda studenti di ogni età.

Non è solo questione di clima: nelle scuole di Faenza si andranno a visitare i laboratori di ceramica, nelle scuole di Solofra si visiteranno le concerie, in quelle di Caserta i caseifici. Il tessuto industriale deve entrare nelle scuole da protagonista perché gli studenti, dai più piccoli (come osservatori) ai più grandi, possano sentirsi attori consapevoli, parte della comunità e non ai suoi margini solo perché non votano o perché non possono fare pressione sui contesti familiari. È ovvio che occorre dare fiducia agli insegnanti e alle loro proposte, fiducia che non devono solo ricevere dalle famiglie, ma anche dalle istituzioni scolastiche. Ed è ovvio che gli insegnanti devono assumersi responsabilità che vanno oltre l’insegnamento. Aiutare un bambino a sbucciare una mela, aiutarne venti, non è una perdita di tempo e non esula dalle competenze di un insegnante, non mortifica la sua formazione ma al contrario la esalta. Per comprendere tutto questo, può essere utile rileggere “Il mondo” di Mario Lodi. Cinque volumetti editi a fine anni Settanta da Laterza, in cui il maestro segue una classe dalla prima alla quinta elementare descrivendo gite, laboratori, escursioni, lavori manuali, letture ed esperienze personali. Sarà evidente, anche a chi lo ha dimenticato, che la scuola, come luogo d’incontro, conserverà sempre un legame fortissimo con il suo etimo. Scholèion in greco antico significa questo: “tempo libero”.

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