Nel caos, ottiene ciò che vuole

Alla fine le ha avute tutte vinte lui. E senza esternazioni, senza moniti, senza alzare la voce. L’arma è piuttosto quella tradizionalissima ?del discorso ufficiale, ma quasi sussurrato, pure correndo talvolta ?il rischio dell’ovvietà, ma comunque dando sempre l’impressione di seguire un filo netto e preciso: rimettere le cose al loro posto, riportare ogni questione nei binari – verrebbe da dire – della correttezza civica. Com’è nello stile e nel carattere di Sergio Mattarella. Insomma, nella stagione ?del Grande Vuoto, della confusione ?e dell’incertezza, emerge come ?il solo che sia finora riuscito ?a ottenere ciò che voleva.

Il caso più recente è la riconferma di Ignazio Visco, che però ha una genesi lontana, a dimostrazione della testardaggine con la quale il Capo dello Stato persegue i suoi scopi. La decisione nasce probabilmente due anni fa, il 19 dicembre 2015, quando il governatore, infuriato per le frasi ?di Renzi su Banca Etruria che legge come una sfiducia – «Vorrei che ?gli arbitrati banche-risparmiatori venissero affidati non alla Banca d’Italia, ma a Raffaele Cantone, ?in quanto soggetto terzo, autorevole, in prima linea contro ogni tipo di ingiustizia» – chiede chiarimenti al Quirinale dicendosi pronto anche a fare un passo indietro. Il Presidente risponde convocandolo a palazzo, scegliendo così di difendere l’istituzione da invasioni di campo. Poi Paolo Gentiloni, forte del suo appoggio, farà il resto.

Già, pure Gentiloni è in un certo senso nel palmarès di Mattarella che in questi undici mesi lo ha protetto dagli agguati contribuendo a mutarne il destino di governo balneare e a fare di lui un premier per l’oggi e, chissà, per il domani. Anche questa vicenda ha origini lontane. Porta la data del dicembre 2016 quando, perso il referendum sulla Grande Riforma, Renzi lascia Palazzo Chigi con l’intenzione dichiarata di tornare ?alle urne subito, di corsa. Ma il Capo dello Stato lo ferma, e nel messaggio di fine anno spiega perché, fissando così un altro tassello della sua strategia. Dice infatti agli italiani che prima delle elezioni è necessario ?che il Parlamento approvi una nuova legge uguale per Camera e Senato ?e finché questa non ci sarà, di anticipare la scadenza naturale ?non se ne parla nemmeno. Amen: la legislatura sta per compiere il suo corso e si andrà alle urne con ?il Rosatellum.

Metodo Mattarella. Con due punti fermi. Il primo: il Capo dello Stato dice ciò che pensa, rimanda alle Camere solo le leggi palesemente incostituzionali, ma nel firmarle non rinuncia a suggerire modifiche. Il secondo: difende il sistema dagli attacchi di chi confonde l’intera macchina dello Stato con una casta da abbattere. Con il suo modo di fare moral suasion: o con interventi istituzionali, o incontrando chi con quei problemi si misura. Mette per esempio in guardia i ricercatori ricevuti al Quirinale dal dilagare di «credenze antiscientifiche» e a loro ricorda che va tutelata la salute di chi ha deciso di vaccinare i propri figli: e ciò basta a fermare l’onda anomala dei “no vax”; con i giovani neo magistrati fa l’elogio della toga, ?abito-simbolo di una funzione che ?si vuole terza, estranea, mai di parte: messaggio chiaro; sceglie un discorso agli ambasciatori per parlare di migrazione e di accoglienza, ma «salvaguardando sostenibilità e legalità»; approfitta ?di un viaggio ufficiale in Finlandia, scossa da un’ondata di antieuropeismo, per definire «fuori della storia» ogni forma di populismo; firma il nuovo codice antimafia, ma chiede al governo di rivedere le norme, che avevano allarmato anche Cantone, sul sequestro e la confisca dei beni di chi è indiziato di associazione per delinquere ?a fini corruttivi.

Forse molti si aspettavano un altro Mattarella, ma la cronaca ci restituisce presidenti della Repubblica che finiscono per mutare atteggiamento e stile, o che si adeguano alla realtà del momento: Cossiga vide crollare il Muro di Berlino e il sistema che ne era figlio; Scalfaro dovette fare i conti con gli esiti di Tangentopoli; per cinque dei suoi sette anni di mandato Ciampi ?si misurò con Berlusconi premier girando il Paese e rivitalizzando l’inno, la bandiera e la Costituzione; Napolitano ha attraversato una crisi economica devastante in nome ?della quale ha compiuto più di uno strappo; Mattarella vive la crisi ?di rappresentanza della politica e l’avanzare dei populismi all’italiana ?e cerca di tutelare le regole democratiche.

Forse non è il presidente che Renzi immaginava, e certo più diversi i due non potrebbero essere: uno twitta, l’altro tace; uno fa sfoggio di decisionismo, l’altro impone le regole procedurali; uno ama il blitz, l’altro ?il paziente maturare delle decisioni. Eppure l’uno lo scelse per il Quirinale, l’altro lo ha accompagnato per quasi due anni di governo. Fino ?a quando il referendum ha imposto ?al Paese e al Presidente un’altra agenda, diversa da quella di Renzi. L’atto successivo si consumerà ?tra pochi mesi, dopo le elezioni. ?E vedremo se le due strade ?si congiungeranno o si divideranno ?di nuovo.

Twitter @bmanfellotto

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