L’istituto può vantare una storia millenaria. Fondato nel 321 avanti Cristo ha sempre avuto bilanci in passivo
di Michele Serra
21 maggio 2017
Come giustifica Maria Elena Boschi lo sportello bancomat di Banca Etruria nella cucina di casa sua, accanto al frigorifero? Ed è vero che cercò di mettere all’asta l’istituto di credito con un annuncio su eBay, nella sezione “finanza vintage”, disposta anche a barattarlo con un tavolo da pranzo e sei sedie? Sono solo alcuni degli interrogativi che la commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche dovrà chiarire nei prossimi dodici anni, nelle sedute già convocate per il febbraio 2019, maggio 2024 e gennaio 2029, data entro la quale dovrà rendere pubblici i primi accertamenti.
Nel frattempo Banca Etruria, assieme alle consociate Credito Miceneo, Cassa di Risparmio di Tebe e Corinto e Banco Postumo, ha chiesto di convertire il suo buco di bilancio in scudi e piastre del Granducato di Toscana. «Rispetto al bilancio in sesterzi romani - spiega il commissario straordinario, Lapo Lapis - è un passo avanti sulla strada della modernizzazione. Proporrò anche di abolire l’obbligo di partecipare alle sedute del Consiglio di amministrazione in costume tradizionale, con gli sbandieratori e i gonfaloni». Ogni città toscana è orgogliosa di avere il proprio istituto di credito, nonché di irridere all’istituto di credito della città più vicina, ma forse è venuto il tempo di ragionare su scala internazionale. Va in questo senso la ventilata fusione tra banca di Piombino e banca di Follonica, ponendo termine a una storica rivalità che portò anche ad assalti armati alle rispettive sedi.
La storia Banca Etruria venne fondata nel 321 avanti Cristo dal re etrusco Numa Lucumone, e da allora, con una coerenza che non ha eguali nella storia della finanza mondiale, ha sempre il bilancio in passivo. Numa aveva infatti l’abitudine di prestare ingenti somme ai suoi amici senza pretendere che li restituissero: la richiesta gli sarebbe sembrata volgare. Ancora dubbia, invece, l’iscrizione di Numa Lucumone alla massoneria, come sostenuto dal Fatto quotidiano. È accertato, invece, che la figlia di Numa, Maria Elena Lucumone, si sarebbe interessata alla disastrosa avventura economica del padre inviando un messo a cavallo dal ricchissimo patrizio romano Unicredio, supplicandolo di comperare la banca e di convincere suo padre a smetterla di sperperare quattrini, tornando a organizzare orge nel suo palazzo, come tutti i re che si rispettano, senza impicciarsi di cose più grandi di lui. Unicredio rispose che non se la sentiva di intervenire, perché di piccole banche in mano a grossi grulli era piena tutta l’Italia, e non poteva certo porvi rimedio da solo. Dunque non se ne fece niente e il destino di Banca Etruria fu segnato per sempre: quasi duemilacinquecento anni di crack continuativo per compiacere i propri compaesani.
Il caveau Voci insistenti dicono che esista, nelle campagne di Arezzo, un caveau segreto di Banca Etruria nel quale sono custoditi i risparmi degli aretini delle ultime cento generazioni. «Scoprirlo significherebbe sanare il bilancio», spiega Giano Giani, ispettore generale di Bankitalia per le banche toscane, «a meno che il contenuto non sia già stato trafugato dai senesi, o dai pisani, o dai fiorentini, con l’obiettivo di salvare le loro banche. In Toscana le banche sono centinaia, fondate da signorotti locali per fare colpo sugli amici, o da massoni nullatenenti per poter millantare potere, o da gruppi di buontemponi per burla: quest’ultimo il caso più frequente. Certo, non tutte le banche toscane hanno avuto la grandezza di vedute di Monte Paschi, che ha accumulato un debito da fare invidia anche ai cinesi. L’idea di una Banca Centrale di Toscana, per ora, mi sembra troppo ambiziosa. Alla prima riunione degli azionisti delle diverse città, potrebbe anche scorrere il sangue. Meglio che ognuno si tenga il suo buco locale, non crede?».
Il governo Gentiloni è intervenuto personalmente nella delicata vicenda di Banca Etruria dichiarando che, piuttosto che occuparsene, è disposto a farsi divorare dai piranha. Un atteggiamento al di sotto delle responsabilità del suo ruolo, secondo alcuni osservatori. Secondo altri, il salutare istinto a mantenersi a distanza di sicurezza da situazioni locali del tutto incomprensibili a chi non è nativo del luogo. I bilanci di Banca Etruria, per esempio, sono scritti in etrusco. Lingua ancora non decifrata.