I vescovi italiani sono ormai sotto il pieno controllo di Bergoglio. Ma l’opposizione più tenace viene proprio da oltreoceano

Con la nomina del cardinale Bassetti a presidente, dopo quella tre anni fa del segretario generale Galantino, papa Francesco ha ormai il pieno controllo della conferenza episcopale italiana, nella quale già un terzo dei vescovi sono stati insediati da lui, anche in diocesi di prima grandezza come Bologna, Palermo e presto anche Milano e il vicariato di Roma.

Le nomine sono un elemento chiave della strategia di Jorge Mario Bergoglio. Basti vedere come sta rimodellando a sua immagine il collegio dei cardinali, quello che in futuro eleggerà il suo successore. Dopo l’ultima infornata di porpore, annunciata una settimana fa per la fine di giugno, si fa sempre più lontana l’ipotesi che il prossimo papa possa segnare un ritorno al passato.

Italia a parte, la conquista del consenso dei vescovi è però per Francesco un’impresa tutt’altro che facile. Gli unici episcopati nazionali su cui oggi può contare sono quelli della Germania, dell’Austria e del Belgio, cioè delle nazioni in cui la Chiesa cattolica è in declino più drammatico.

Mentre viceversa le molto più vitali Chiese dell’Africa sono quelle che si sono schierate compatte, nei due combattuti sinodi sulla famiglia, contro le innovazioni volute dal papa.
Se poi si guarda alle Americhe, sia del Nord che del Sud, per il papa il quadro appare ancor più sfavorevole.

In Canada, i sei vescovi della regione dell’Alberta hanno preso pubblicamente posizione contro il via libera dato da Francesco alla comunione ai divorziati risposati, mentre negli Stati Uniti la conferenza episcopale ha eletto lo scorso novembre come suo presidente il cardinale Daniel N. Di Nardo, cioè proprio uno dei tredici cardinali della memorabile lettera di protesta che fece infuriare Bergoglio all’inizio dell’ultimo sinodo. Sui media americani questa elezione fu seguita come un referendum su papa Francesco, e il motivo c’era. Un anno prima, in visita negli Stati Uniti, Francesco aveva ordinato ai vescovi di cambiare rotta e di mettersi al passo con lui; e aveva fatto corrispondere a questi suoi comandi una serie di nomine di vescovi vicini al suo sentire, in primo luogo quella di Blase J. Cupich ad arcivescovo di Chicago e a cardinale.

Ma se referendum ci fu, Bergoglio l’ha perso in pieno. Nella preselezione della nomina a presidente, su dieci candidati eletti ne entrò solo uno di quelli a lui cari. E anche le elezioni del vicepresidente - l’arcivescovo di Los Angeles José H. Gómez, membro dell’Opus Dei - e dei capi delle commissioni furono tutte contrarie alle aspettative del papa.

Anche in America latina Bergoglio è poco amato. In Colombia, ai vescovi non è piaciuto, e l’hanno fatto capire, l’appoggio pregiudiziale dato da Francesco al “sì” nel referendum per l’accordo con i guerriglieri delle Farc, accordo che molti vescovi giudicavano un cedimento e che in effetti fu respinto dal voto popolare. In Bolivia i vescovi proprio non sopportano il rapporto così ostentatamente amichevole intrattenuto da Bergoglio con il presidente “cocalero” Evo Morales, loro acerrimo nemico da quando hanno accusato pubblicamente le «alte strutture» dello Stato di legami con il narcotraffico. Nel Venezuela precipitato nella catastrofe, tra i vescovi c’è dolore e rabbia ogni volta che il presidente Nicolás Maduro si scaglia contro di loro facendo appello a papa Francesco, del quale egli vanta l’appoggio. E purtroppo per i vescovi le parole dette dal papa a commento della crisi venezuelana durante la sua ultima conferenza stampa in aereo, sono suonate troppo benevole per il presidente e malevole per l’opposizione.

Un analogo sentimento d’essere traditi dal papa era sorto anche tra i vescovi dell’Ucraina dopo l’abbraccio tra Francesco e il patriarca di Mosca Kirill all’Avana, da loro vissuto come un ennesimo «appoggio della Sede Apostolica all’aggressione russa». Per non dire della Cina, dove Francesco continua a dichiarare che «si può praticare la religione» proprio mentre alcuni vescovi, e proprio quelli che più vogliono obbedire al papa, sono perseguitati e imprigionati.