È il destino dei Radicali, “antisistema” ben prima dei grillini. Eppure hanno vinto  molte giuste battaglie. E adesso, a Roma...

A Roma i Radicali hanno lanciato per l’11 novembre un referendum consultivo, promosso dal segretario Riccardo Magi, sull’Atac, l’agenzia del Comune per il trasporto pubblico al centro di scandali e truffe, una specie di corso di sopravvivenza da Belzebù, visto che i suoi bus prendono fuoco, ben venti in quest’anno, infatti è soprannominata affettuosamente dai social Flambus. Di nuovo, e come spesso accade, sono i Radicali a porre la questione. E allora la domanda che nasce spontanea è sempre la stessa. Perché Luigi Di Maio furoreggia per esempio più dell’esponente radicale Marco Cappato?

L’uno lavora sulla rabbia, l’altro sulla solidarietà. Di Maio è asettico come lo iodopovidone; Cappato, di solito al fianco di qualche sfortunato, ha sempre l’aria arruffata. L’uno vince promettendo l’irrealizzabile e fior di dobloni, l’altro non vince perché non promette l’impossibile. Oppure, quando trionfa, è troppo tardi. Come per la vittoria del ricorso sulle firme false per la candidatura di Roberto Formigoni alla Regione Lombardia (alla quale aspirava anche Cappato) . È arrivata quando c’era già Roberto Maroni. Il grillino e il radicale non sono né di destra né di sinistra ma sono tutt’e due anti sistema. Ora che Di Maio è al governo non sembra per niente però.
Come sanno anche i sassi italici, al partito fondato da Marco Pannella si deve moltissimo per tutte le battaglie civili che i suoi militanti hanno intrapreso dai digiuni da Gandhi alle conquiste insperate arrivate captando, primi fra tutti, i cambiamenti - a proposito di cambiamento - della società. È stata indimenticabile la battaglia vinta nella notte dei tempi per il divorzio, prima devastante sventola al potere della Dc e del Vaticano.

Poi sono arrivati il referendum sul diritto all’aborto, sottraendo le donne alla clandestinità di metodi medievali, le prime lotte per i diritti degli omosessuali, l’anti proibizionismo, le proposte per la riforma carceraria, la dedizione a temi etici e difficili come quelli sul fine vita a cui si dedica da anni Cappato, E l’apertura di Radio Radicale, pluri premiata per la qualità, che ben prima dello streaming (che fine ha fatto?) ha reso trasparente i lavori parlamentari al pubblico.

Dobbiamo molto ai Radicali ma li votiamo poco. Una volta Emma Bonino, unica politica tra le italiane a essere conosciuta e apprezzata fuori dai patri confini, persino inclusa nella lista delle 150 donne più influenti del mondo, ha scherzato ma non tanto dicendo: «Amatemi di meno ma votatemi di più».

I Radicali, ora sparsi in una diaspora fratricida e complicata (Cappato, Bonino, Magi, Bernardini tanto per citarne qualcuno, chi di qua chi di là), hanno sempre denunciato la difficoltà - per non dire l’assenza - dell’offerta di spazio mediatico nei loro confronti. Forse sono considerati ospiti scomodi che toccano temi e tasti sensibili anche per il voto cattolico. Eppure il Papa non manca mai di lodare Bonino e tra i due il rapporto è quasi affettuoso.

Hanno ragione, sono in pochissimi a invitarli. Ma all’inizio i grillini hanno saputo industriarsi e usare il web, facendosi largo con i social, Facebook e Twitter e altre diavolerie da grande fratello aperte a tutti e che ancora oggi arrivati al governo scelgono come primo mezzo di comunicazione. Il 4 marzo hanno preso più del 30 per cento dei voti promettendo soldi a palate, No Tap e No Ilva. Per i soldi non serviranno pale ma cucchiaini e chissà cosa arriverà. Nel frattempo Sì a Tap e Sì a Ilva e non possono dire come invece ha fatto Di Maio inanellando l’ennesima figuraccia, che, poverini non sapevano. Non solo carta: anche internet canta.

Non si sa come andrà il referendum dell’11 novembre sul trasporto pubblico a Roma con l’obiettivo di bandire delle gare senza affidare il servizio direttamente all’Atac, che potrebbe ovviamente partecipare come altre società, pubbliche o private che siano. Ma è un vero peccato che in questi tempi irregolari un capitale come quello radicale che ha valorizzato la sovranità popolare e la democrazia diretta attraverso i referendum (quasi mai tecnici) piaccia molto molto meno delle promesse grilline campate per aria.