Piccola provocazione natalizia: dal caffè con latte e cacao al più temibile degli aperitivi, il Negroni, quanti tabù linguistici ci sono ancora

Sembrerà esagerato, un po’ nevrotico, e forse conterà anche il fatto che è Natale e ci si pensa di più. Ma tutto d’un tratto davanti a un bancone del bar sorge il dubbio, sarà l’eco dei ruggiti di Matteo Salvini fatto sta che non era mai saltato in mente prima. È politicamente corretto che una bevanda, buonissima tra l’altro, si chiami marocchino?

In tempi bui di decreti sicurezza, di governi accoglienti quanto Barbablù e di migranti sotto scacco, la soglia dei tabù diventa sempre più alta. E una goduriosa mistura di caffè, latte e cioccolato si trasforma in un pensiero laterale che può far sentire a disagio neanche fosse l’espressione di un recondito sentimento da cannibale (oddio non è che si offendono pure loro?).

Eppure, a pensarci bene, la stessa remora pregiudiziale dovrebbe valere anche nell’ordinare al bar un cappuccino. Se una bevanda che ha il nome di marocchino è politicamente scorretta allora leccarsi i baffi per un cappuccino, frate minore povero e non furbacchione nella versione in carne e ossa, non in quella caffè e latte, è religiosamente scorretto. Che si tratti di una subdola, ma non nuova, manovra culturale dell’integralismo islamico?

Forse si finisce per soffrire di sindrome da sensibilità smodata, di eccesso di timore di essere fraintesi visto che in fondo né l’Ordine dei Cappuccini né il governo marocchino hanno finora diramato comunicati di protesta diffidando i bar di preparare queste bevande discriminatorie. Né per la verità da Nairobi o da Johannesburg arrivano notizie di tafferugli del white power indignato che nei ristoranti alla moda si mangi frittura di bianchetti e che nelle gelaterie vada a gonfie vele la vendita di cremini.

L’argomento è delicato e può essere imbarazzante scegliere come aperitivo uno dei short drink più popolari cioè il Negroni che per stare più tranquilli potrebbe diventare Neroni. Vanno fatte accomodare alla porta del proprio vocabolario alcune cortesi espressioni idiomatiche tipiche delle popolazioni del Pleistocene-salviniano come per esempio «ti faccio nero». Di fronte poi a dilemmi semantici se si possa usare o no il termine negriero pur se dispregiativo, meglio astenersi.

Il marchio Prada, famoso non solo per creatività ma anche per immagine culturalmente attenta, è finito in un polverone di “blackface” (truccarsi in modo paradossale per sembrare una persona di colore) per aver prodotto ciondoli con pupazzi neri dalle grandi bocche rosse simili a quelle dei disegnatori americani degli anni Trenta. Prada ha subito ritirato il tutto e cosparso la testa di cenere destinando un generoso assegno a un’associazione attiva nella lotta al razzismo.

Sarà anche il caso che dall’oltretomba William Shakespeare suggerisca un taglio al titolo della sua tragedia sul Moro di Venezia in modo che diventi Otello tout court e corregga il carattere del protagonista facendone un simpaticone meno ossessivo, meglio se lui e Desdemona non tirano le cuoia ma vivono felici e contenti.

A Manhattan una signora veneta che esibiva sul bavero una spilla a forma di Moro veneziano è stata bloccata e redarguita da un passante come una piccina disobbediente. Stessa scelta di gioiello anche per la principessa Alessandra di Kent per un pranzo con Megan Markle notoriamente di origine afroamericana, non si sa se per distrazione o perfidia femminile. La gaffe è stata stigmatizzata dai tabloid dell’isola, lei ha fatto una figuraccia ma secondo le sue amiche più care ha gongolato.

Pur essendo deliziosi si consiglia di offrire quei deliziosi cioccolatini con le nocciole caramellate solo a amici intimi e a parenti non serpenti visto che sono avvolti da una carta con il disegno di un viso nero con turbante. In questo clima la paura di passare da seguaci della linea di chiusura di Salvini porta a evitare che si scelgano per il prossimo Capodanno anche le canzoni preistoriche assai dilette perfino dai Veejay millennials come “Nel continente nero”. O “Caravan petrol” dove il grido «Allah! Allah! Allah! Ma chi t’ha ffatto fa’?» è stato già prudentemente trasformato in «Ah! Ah! Ah!» O anche in «Pascià! Pascià! Pascià !».