La facoltà di ricordare è mutevole in ciascuno di noi. Ma la riflessione sul passato è fondamentale per costruire l’identità, individuale e collettiva

Qualche settimana fa scrissi su questo nostro settimanale sul sentimento della malinconia. Cercai di esaminarlo e di capire con quale frequenza riesce a visitare l’anima delle persone. I malinconici sono personaggi ammalati perché la malinconia normalmente visita un’anima per breve tempo, poi scompare e probabilmente ritornerà, ma è piuttosto difficile che caratterizzi in modo permanente la personalità di un soggetto. I malinconici permanenti sono piuttosto rari e passano una vita da ammalati proprio perché quel sentimento turba fortemente l’anima. Distinguiamo dunque le varie fasi durante le quali una persona è malinconica: se dura qualche giorno e poi scompare, quel sentimento arricchisce l’anima, la rende più soave, la tristezza malinconica accresce la sensibilità. Quando invece è permanente diventa una malattia.

Poiché di tutte queste cose mi sono già occupato e poiché c’è una vena poetica, che io in parte condivido, dove la malinconia regna, oggi desidero occuparmi della memoria che ha ben poco da condividere con la malinconia. A volte è la memoria che la suscita ma è difficile che sia la malinconia a dominare la memoria; quando questo accade la memoria diventa opaca e fortemente soggettiva.

La memoria suscita una distinzione di quanto è stato vissuto o lo è o lo sarà. Tre tempi ben distinti: il presente è al centro delle tre fasi: è quello che stiamo vivendo ma dura pochi minuti perché passa nella nostra anima e diventa quasi immediatamente passato. Il passato dura molto a lungo anzi dura da quando l’uomo bambino comincia a ricordarsi di quello che è avvenuto qualche minuto o giorno o mese o anno prima e il futuro è un’immaginazione che diventa presente in modo continuo. Esaminando dunque la memoria si vede che il tempo dominante è il passato poiché il presente passa rapidamente quando è il futuro a scacciarlo ma a sua volta il futuro prima di attraversare il presente è pensato dal soggetto in questione in modo variabile; non esiste un futuro definitivo, in realtà cambia continuamente. Attenzione però: il futuro cambia nei particolari ma difficilmente nelle idee e nei valori che dominano il pensiero di una persona, quei valori e quegli ideali sono di solito permanenti e quindi ispirano il futuro che cambia nei particolari.

Le tre fasi della memoria sono dunque molto labili: il presente è il più concreto ma dura pochissimo, viene dal futuro e lo connette da un giorno all’altro col passato; quello che è accaduto ieri e oggi domani è già passato che chiamiamo “prossimo” e dopo un certo periodo gli si cambia l’aggettivo e diventa “remoto”, il passato remoto si allontana sempre di più dal presente ma se la memoria è vigile e non si ammala il ricordo dura fino alla morte del soggetto, sia pure perdendo i particolari e restando fermo soltanto nei grandi fatti che sono accaduti alla persona. La stessa cosa accade per il futuro: anch’esso, come abbiamo già visto, è di solito fermo nei valori e negli ideali ma cambia di continuo nei dettagli. Se guardate alla politica avrete la dimostrazione più valida di queste fasi della memoria: un politico cambia per esempio programmi e anche alleanze quando quello che aveva immaginato si trova di fronte a un mutamento di quanto accade all’esterno. C’è quindi, come abbiamo già detto, una parte del futuro dominata da ideali e una parte che cambia di frequente rispetto ai fatti. Un conto sono gli ideali, un conto i fatti e quindi il futuro immaginato varia man mano che diventa da futuro il presente, il quale a sua volta dura pochissimo perché immediatamente è il passato.

Debbo aggiungere che la memoria è una facoltà molto labile: duratura quando ciò che è accaduto a se stessi e al resto del mondo che ci circonda è stato gradevole; si appanna e scompare quando è stato doloroso. Scompare spesso e in modo automatico ma talvolta non scompare mai, sia perché registra e ricorda fatti gradevoli oppure estremamente dolorosi. Quando invece è un passato che non suscita sentimenti il suo ricordo si cancella. Se adesso cessiamo di parlare della memoria individuale ed esaminiamo invece la memoria collettiva, ci rendiamo conto che essa crea quella che chiamiamo l’opinione pubblica la quale a sua volta si condensa e crea quella che chiamiamo la storia. Naturalmente non esiste una opinione pubblica unica, vari gruppi si formano rispetto ai fatti che riguardano la collettività; le opinioni pubbliche sono molte e si contrappongono l’una all’altra. Questo avviene e dura un certo tempo ma quando il tempo passa il numero delle opinioni pubbliche tende a restringersi e si trasforma in quella che chiamiamo la storia. Anche la storia è soggetta a varie scritture ma in questo caso queste varianti sono poche, non più di due o tre, alcune delle quali se sono studiate con attenzione e confrontate le une con le altre danno luogo ad una interpretazione e ricordanza che tendono verso la unicità.

La storia influisce moltissimo sul presente e sul futuro e poiché racconta il passato è questo il periodo che domina il nostro vissuto. Tanto più lo domina quanto più è una storia che abbraccia una comunità relativamente vasta: una famiglia, una città, una nazione, una parte del mondo. Mai tutto il mondo poiché la storia si configura parlando delle sorti d’una collettività. Di tutto il mondo non può parlare collettivamente poiché la collettività si distingue: la storia della Cina ha poco a che vedere rispetto alla storia dell’America del nord o dell’Europa o dell’Africa e anche lì occorre vedere di quale Europa si fa la storia e di quale Cina e di quale America. La storia insomma non può mai ricordare e riflettere con un solo filone di racconto la storia di tutto il mondo. Il mondo differisce fortemente da una razza all’altra, da un luogo all’altro, da un clima all’altro. Longitudine e latitudine sono due elementi che caratterizzano in modo decisivo i vari abitanti della terra. Naturalmente i cambiamenti avvengono anche attraverso la mobilità dei soggetti: un gruppo di africani che sposta il suo soggiorno in un altro continente che ha un altro clima ed altri abitanti stabili, cambia gradualmente i propri umori, pensieri, azioni, fino a somigliare molto e addirittura identificarsi con tutti questi elementi del luogo dove si è trasferito. Papa Francesco ha sintetizzato questa moltitudine di fenomeni dicendo che gli uomini alla lunga diventeranno una collettività unica, un “meticciato” e cioè unificheranno sia i loro tratti fisici e somatici, sia i loro ideali e i loro valori.

È possibile che si vada verso un meticciato ma questo fenomeno influirà esclusivamente sul fisico e non sui valori e sulle opinioni che restano distinte soggetto per soggetto e non possono essere annullati. Accade perfino agli animali dal cui gene noi proveniamo: a noi sembra che una tigre o un leone o un elefante o una formica o un pesce o un uccello si comportano ciascuno come la loro specie influisce sulla loro vita. La tigre si comporta sempre allo stesso modo, sia quella tigre sia le varie tigri, ma questa affermazione è totalmente sbagliata: tra una tigre e l’altra c’è differenza, non sono tutte identiche, c’è una tigre più grande di un’altra ma c’è anche una tigre che oggi è più aggressiva di quello che è stata ieri e di quello che sarà domani. Anche il genere animale, al quale la nostra specie appartiene, è mutevole, non nella sostanza dei suoi istinti ma nella forza con la quale incidono sui comportamenti.

Per concludere questo esame della memoria, si può affermare che è una facoltà che rende tutto ciò che vive al tempo stesso eguale e diverso: tutto si trasmette dal presente al passato e tutto cambia per quanto riguarda il presente e il futuro. Il futuro cambia, il passato cambia, il presente si limita a trasmettere l’uno all’altro. Questa è la vita.