La cultura si vendica di chi vuole negarla

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Il paradosso di chi discute insultando, senza argomentare, disprezzando gli intellettuali e ora si trova a polemizzare in favore dei libri

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Mentre scrivo, il dibattito culturale - che tracima in quello politico - è concentrato sulla presenza di un editore di destra al Salone del Libro di Torino e sulla conseguente assenza di alcuni autori di sinistra che per protesta hanno cancellato i loro appuntamenti. Io non so bene se al centro del dibattito ci siano davvero i libri e il loro contenuto. Non lo so ma sarebbe bello che fosse così. Ogni volta che mi sono trovato in disaccordo con Matteo Salvini (porti chiusi, divise indossate a scopo intimidatorio e altre amenità di questo genere) e che ne ho scritto, decidendo quindi di usare l’unica arma che conosco, ovvero la parola, in risposta ho avuto solo latrati scomposti.

Quindi la risposta non è mai mancata, da «Saviano mi attacca in tre pagine, ma chi se le legge tre pagine?», agli abbracci, ai baci, ai brindisi e al pane e nutella alla faccia mia. Cosa contraddistingue gli attacchi personali di Salvini? L’essere il niente, il nulla, vuoto pneumatico.

Mai un ragionamento, mai una citazione colta per affermare o legittimare il proprio pensiero, un’idea, una azione. Mai. La loro idea è che le persone si debbano identificare con loro, ma io mi domando: sono davvero così le persone? E con così intendo dire prive di curiosità e di voglia di conoscere di più?

La recita dei sovranisti di oggi sembra continuamente affermare quanto tutto ciò che sia legato al tempo dedicato alla cultura sia tempo perso. Ed ecco quindi il paradosso: i fascisti, questi fascisti, i fascisti che legittimano il rutto, assumono centralità al Salone del libro, laddove di casa è la cultura, la conoscenza e quindi la capacità anche di cambiare idea.

È in fondo divertente e quasi uno smacco per loro che vanno ad aizzare le folle per strada contro gli ultimi, che credono sia loro diritto andare contro il diritto, avere centralità perché pubblicano libri. E che si tratti del libro-intervista al Ministro della Mala Vita o del fumetto dedicato a Céline, di loro si parla perché nonostante tutto hanno a che fare con i libri, con la parola scritta che porta con sé, inesorabilmente, conoscenza. E, quindi, in fin dei conti posso dire che Salvini le tre pagine in cui parlavo di come nel sud Italia la Lega non agisca diversamente da come per anni ha agito Berlusconi le ha senz’altro lette e ha deciso che, non avendo strumenti per rispondere, sarebbe stato meglio il rutto scomposto, il pane e nutella, i baci e gli abbracci.

E ancora libri. A Napoli, dopo l’agguato in cui è rimasta gravemente ferita la piccola Noemi, c’è stata una imponente manifestazione e il Mattino ha intervistato il figlio di un boss, anche lui nel corteo anticamorra. Oltre a dire che la camorra gli fa schifo, e dette da lui sono parole che assumono un significato diverso rispetto a quando le pronuncia Salvini, alla domanda della giornalista che gli chiede: Come ti sei salvato? lui risponde: «Con la cultura». E continua più o meno cosi: leggo molto, mi piace citare Zygmunt Bauman quando dice che, dove le menti sono piatte, l’uomo diventa tenebroso e può diventare incline a compiere azioni efferate.

Nello stesso giorno viene pubblicata un’altra intervista che mi colpisce. È un’intervista all’anti-Greta, una quindicenne svedese di Göteborg che ammette di non aver letto molto sul tema di cui si occupa Greta, ma comunque decide di volersi opporre a lei. Fa ridere lo so, ma è così: io non so nulla di architettura ma decido di voler diventare l’anti-Fuksas. Succede. Parla della Svezia in un modo che al confronto Napoli sembra la città più sicura del mondo e ammette di essersi inizialmente dedicata ad attività che avevano a che fare con l’estetica, ma poi ha deciso di dedicarsi al tema immigrazione che, dice, è un tema che non si può affrontare. Qualcuno le faccia sapere che si stanno vincendo fior di elezioni strumentalizzando il tema immigrazione condito da balle di ogni sorta.

Ma parlavamo di libri, di figli di camorristi che si salvano grazie ai libri e di piccole sovraniste che decidono di combattere ciò che non conoscono perché non hanno letto nulla al riguardo. E parlando di libri, mi viene in mente una cosa che non c’entra niente: sapete che c’è un nuovo Vinci Salvini lanciato dal suo inquietante burattinaio?

In fondo è la fine che merita: Salvini come un servizio di piatti vinto con la raccolta a punti del supermercato.

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