Solo raramente nella storia chi governa lo fa negli interessi della comunità. Oggi dominano i populismi con tendenze dittatoriali

Quindici giorni fa ho scritto su queste pagine una vicenda raccontata da Lev Tolstoj nel suo piccolo ma interessantissimo libro intitolato “La sonata a Kreutzer”. Naturalmente Tolstoj ha scritto libri ben più interessanti tra i quali probabilmente il principale è “Guerra e Pace”. Sono centinaia e centinaia di pagine che raccontano l’invasione della Russia da parte di Napoleone che arrivò con il suo esercito francese fino all’occupazione di Mosca. Ma nel frattempo l’esercito russo, in parte sconfitto ma tutt’altro che distrutto nella battaglia di Borodino, si era ritirato a sudovest di Mosca mentre Napoleone pensava che la ritirata fosse avvenuta ad est della capitale. Lì però le avvisaglie napoleoniche non trovarono nessuno: i russi comandati da Kutuzov erano andati da tutt’altra parte e aspettavano che i tempi cambiassero a loro favore.

Il romanzo di Tolstoj è bellissimo e lunghissimo ma c’è un punto che vale la pena di esaminare e trarne alcuni insegnamenti. Ne citerò alcune righe che danno il senso della sua filosofia.

«Alla ragione umana è inaccessibile la correlazione delle cause dei fenomeni, ma il bisogno della ricerca è insito nell’anima dell’uomo. Vi sono leggi che dividono gli avvenimenti, in parte sconosciute, in parte afferrabili da noi. La scoperta di queste leggi è possibile soltanto quando noi rinunciamo del tutto a ricercarle nella volontà dell’uomo». Questo modo di ragionare consente a Tolstoj di raccontare avvenimenti in parte voluti dal comandante dell’esercito russo, Kutuzov, in parte di una improvvisa opacità nella strategia di Napoleone resa ancora più confusa dall’incendio scoppiato a Mosca che distrusse mezza città occupata dai francesi.

Il seguito di queste vicende storiche che Tolstoj riferisce con molta precisione, mette in ballo l’imperatore della Russia che risiedeva con la corte a Pietrogrado, i rapporti tra gli strateghi imperiali e il generalissimo Kutuzov che stava con il suo esercito in campo. Questa combinazione finì col dare a Kutuzov tutto il potere necessario e lui lo usò con molta intelligenza strategica: ritirò il suo esercito a sudovest di Mosca lasciando credere a Napoleone che fosse diretto ad est della capitale, ma lì le pattuglie esplorative francesi non trovarono assolutamente nessuno e così rimase la situazione. Come abbiamo già accennato questa trovata tattica consentì all’esercito russo di riposarsi e ringrossarsi con nuove reclute, mentre i francesi erano assai malmessi a Mosca e nei dintorni, dove subivano continui attacchi clandestini che li obbligavano ad una vigilanza che non consentiva tregua. Questa situazione durò per qualche mese e poi accadde quello che accadde: l’esercito russo scatenò l’attacco e quello francese cominciò una tragica ritirata.

Ho citato questa storica vicenda per l’osservazione di Tolstoj sul bisogno degli uomini di cercare le cause di quanto avviene nel loro destino. Questo è il tema sul quale mi intratterrò in queste pagine.

La nostra specie si differenzia dalle altre specie del genere animale per il fatto che noi abbiamo la capacità e la necessità di costruire la nostra vita in tutti i suoi aspetti necessari alla nostra sopravvivenza nel modo e nelle forme che meglio ci soddisfano. Una guerra? Dobbiamo vincerla. Un amore? Dobbiamo soddisfarlo. Una vita agiata? Dobbiamo procurarcene i mezzi necessari. Un potere? Dobbiamo metterci in grado di conquistarlo, mantenerlo, accrescerlo ed esercitarlo nel bene comune ma soprattutto nel bene nostro che tendenzialmente identifichiamo col bene comune.

Il ricordo dei grandi uomini che la storia ci ha tramandato è uno degli strumenti essenziali a soddisfare la nostra esistenza, ma conoscere la vita di Napoleone soddisfa certamente la nostra curiosità anche se non è in nessun caso perseguibile: la vita dei grandi uomini è l’esempio che ci rende più capaci di portare avanti con soddisfazione le nostre piccole vite.

Queste riflessioni, per chi ama la politica e cioè il bene comune della propria patria, o città, o famiglia, sono utili perché ci insegnano la natura degli errori da non commettere e l’utilità dell’intelligenza e della conoscenza da sviluppare: quelli che Platone chiamava i Saggi i quali, secondo lui, dovevano avere il governo dello Stato. Poco saggio Platone su questo argomento: gli Stati sono sempre stati governati da quelli che amano il Potere per poterlo esercitare a vantaggio dei governati e dell’orgoglio dei governanti. La saggezza, come si vede, c’entra molto poco.

Ci sono tuttavia dei periodi storici durante i quali una comunità, grande o piccola che sia, esercita il potere a reale vantaggio dei governati, ma qui nasce un altro problema: chi detiene il Potere? I governanti i quali lo hanno ereditato o conquistato, o i governati che hanno scelto chi li guiderà meglio di altri? Questa è la differenza tra la democrazia e la tirannia. Tra queste due estremità ce n’è una terza che è l’oligarchia. È un nucleo alquanto ristretto nel numero che si confronta nella conquista del potere con altre oligarchie di diverso pensiero. Di solito prevale l’intelligenza politica, ma spesso anche l’apertura.

I veri governi democratici hanno alla loro base il confronto tra le oligarchie ciascuna delle quali rappresenta interessi sociali, economici, politici.

Abbiamo noi attualmente i poteri oligarchici? Purtroppo no: abbiamo populismi con tendenze dittatoriali. Abbiamo avuto in altri tempi situazioni più fortunate e positive. Oggi sta prevalendo il peggio. L’ho già visto varie volte ma vedo purtroppo che non riusciamo ancora ad uscirne.