Basta con volgarità, razzismo e misoginia: bisogna essere educati, sostiene un manifesto rivolto agli intellettuali reazionari. Adesioni: una. Di sinistra
di Michele Serra
26 luglio 2020
Dopo l’appello dei 150 intellettuali progressisti che mettono in guardia contro gli eccessi del politicamente corretto, circola la voce che anche gli intellettuali di destra, per non essere da meno, stiano preparando un appello contro gli eccessi del loro campo ideologico: il politicamente scorretto, la violenza verbale, l’odio per le minoranze. “Non si dice frocio” sarebbe il titolo provvisorio, sottotitolo “perché usare le posate a tavola”. Le firme raccolte, per ora, sono due.
Il promotore Parla il promotore, l’illustre e stimato antichista Selvino Marcomanno, che ci riceve nel suo studio romano, ingombro di statue classiche, preziose miniature e la sua celebre collezione di mappamondi con la bandiera cristiana infissa su Gerusalemme. «Mi sono chiesto: difendere i valori della tradizione e dell’Europa cristiana comporta per caso la necessità di deridere gli omosessuali, sparare agli zingari, colpire con il remo sulla testa il migrante che sta annegando, smanacciare le donne perché Dio le ha create per essere smanacciate? Mi sono risposto di no. La tradizione comporta anche vincoli di comportamento, di stile e di linguaggio che vedo quotidianamente trasgrediti dalle destre di tutto il mondo. Mi sono dunque rivolto a illustri colleghi del mio stesso sentire politico sperando che aderissero al mio appello, anche perché ho 98 anni e non mi rimane molto tempo per fare qualcosa di utile. Mi hanno risposto in uno. Conoscendo la destra italiana, lo considero un risultato entusiasmante».
Distinguo Abbiamo raccolto alcune obiezioni all’iniziativa del professor Marcomanno. Publio Gnacchete, senatore di Fratelli d’Italia, autore di diversi libri su Nona Mas, Decima Mas e Undicesima Mas: «Ma che state a di’? La destra è volgare? Io so’ volgare per un cazzo! A professo’, ma vaffanculo te, tu sorella e l’appello de li mortacci tua!».
Mario Pampa, editorialista di Libero: «Non vedo perché dovremmo vergognarci di un linguaggio semplice e popolare. Le parole della nuova destra non nascono nei salotti radical-chic, nascono negli umili tinelli con il ritratto di Padre Pio alle pareti e i fiori di plastica sul tavolo. Riconoscere che un salotto pieno di buoni libri e di bei mobili, con un ficus lussureggiante e una ottima bottiglia di bianco di Borgogna nel suo secchiello di ghiaccio, è meglio di un tinello con i fiori finti, vorrebbe dire ammettere un complesso di inferiorità. Dunque, non firmo l’appello».
Angiola Madrigal, autrice del saggio “Donne veramente donne” e fondatrice della Nuova Casa della Fanciulla: «Credo che gli appelli di intellettuali vadano firmati solamente dai maschi. Il ruolo della femmina è diverso. Non è di ostentazione e di conflitto, è di accudimento e di umiltà».
Gabriel Parazzoni, responsabile delle pagine culturali della Padania, attualmente in aspettativa perché la Padania non ha pagine culturali: «Gli appelli lasciamoli firmare alla sinistra, che è specializzata nel complicare le cose. La destra è schietta, non fa tante storie, parla come mangia, dice pane al pane e vino al vino. Ho anche scritto un libro, “Pane al pane vino al vino”, per dire che bisogna dire pane al pane e vino al vino. Di più non chiedetemi, che mi sta venendo mal di testa».
L’unica firma Ma chi è l’unico che ha accettato di firmare l’appello di Marcomanno? Secondo indiscrezioni sarebbe un intellettuale di sinistra che stima molto Marcomanno e si è finto di destra, impietosito dall’assenza di firme. Ha chiesto di mantenere l’anonimato.
Negli Usa Analoga la situazione negli Stati Uniti. Gli intellettuali di riferimento di Trump rivendicano con orgoglio il loro linguaggio schietto. Parla per tutti il professor Mark Poopsy, ordinario di tiro a segno all’Università di Wahalooga: «Quando si tratta di firmare appelli sconclusionati, un paio di lesbiche di New York e di scrittorucoli con la bocca a culo di gallina si trovano sempre. Noi qui non ne abbiamo bisogno, gli intellettuali se ne stiano a casa loro, se li vediamo da queste parti gli spacchiamo le ossa, ammesso che dentro quelle creature gelatinose ci siano ossa».