La nostalgia è condizione dell’animo leggera e opprimente, a volte languida e servile, mai malvagia e assassina. Si può rimpiangere un tramonto, ricordare la giovinezza con i suoi gesti irripetibili, ma nemmeno il più feroce aguzzino può provare malinconia o rimpianto del tempo in cui brutalizzava. Questo almeno in cervelli integri anche se deviati; in fondo uccidere è un elemento naturale, si è sempre sterminato, se non fosse qualcosa di strettamente collegato con la vita, se ne sarebbe persa traccia nel tempo. Tuttavia non credo esista al mondo un individuo che provi nostalgia nel ripensare a quando la sua vittima moriva, magari seviziata o deportata.
Si dice che anche Himmler vomitasse di fronte a esecuzioni sommarie di ostaggi fatti fuori a colpi di pistola. Nei secoli conosciamo carnefici pentiti, pederasti suicidi, e anche ladri reintegrati.
Questo preambolo esistenzialista solo per dire che la stampa, i notiziari, le radio e tutto ciò che spurga novelle secolari, è collusa, attraverso l’uso dei termini che adotta, con il fiancheggiamento del terrore. Come può un giornalista o uno scrittore d’opinione definire nostalgici individui che costituiscono bande armate di orientamento estremo, con annessi gli ideali di chi la gente la bruciava? Come può l’informazione sguattera e pianificata accostare la nostalgia al tempo in cui le persone erano asfissiate, torturate ed umiliate? Com’è pensabile che il controllo certosino e perbenista, esercitato su ogni sillaba dal cronista pronunciata, non abbia fatto caso a un abominio percettivo? Impossibile credere alla distrazione o alla superficialità, la parola nostalgi ci è stata messa lì per addolcire il presente di chi il passato auspica in rinculo, far sì che chi vaneggia il ritorno all’omicidio di massa sia meno colpevole in quanto abile a ravvivare un sentimento molle.
È evidente che chiunque si apparenti con alcune ideologie non sia né nostalgico né revisionista, è solo un allucinato che al pensiero di uccidere si cagherebbe in mano. Non è facile ammazzare, tanto più senza motivo, e ancor meglio facendo leva sull’odio generato dal passato. Neppure disprezzo personale ma rancore vecchio, ormai scaduto, livore rancido, come la memoria di chi non ricorda. Vorrei vederne uno di questi sedicenti omicidi, spingere un bottone per sopprimere una folla o torturare con esperimenti genetici le carni di chi implora. Non ne sarebbero capaci, né troverebbero ragioni adeguate.
Però l’immagine di questi neo seviziatori incrementa una cortina d’incertezza, fomentata dalle parole che la stampa adotta per indorar la pillola e tramutarla in supposta. Si contestano associazioni violente e razziste attraverso terminologie che non le rendono completamente repellenti, si dà dell’elegiaco a chi rimpiange i crimini di guerra, lo si umanizza attraverso il romanticismo di borgata, lo si avvicina al popolo nel sentimento fatuo e lo si fa passare per le chiappe di chi abbocca al trabocchetto. E si procede oltre, con una nuova associazione denunciata, di melanconici armati fino ai denti, cattivi però tristi, e quindi non del tutto rivoltanti. Poi si passa al figlio che ammazza i genitori a bastonate e lo si civilizza dopo un po’ per mitizzarlo appena occorre. Attraverso le foto di com’era, si entra nell’intimità dell’assassino e lo si riduce a vittima di un sistema che lo accoglie oramai glorificato. Quel che è popolare entra tra le chiappe ed esce dalla bocca. Come si può aver nostalgia dei forni crematori, delle pelli strappate, degli occhiali ammassati, che rimpianto è? Magari chi pensa a queste cose si commuove e sospira ammirando il tramonto con la sigaretta accesa. E viene tollerato perché l’immagine affievolisce la colpa. La bionda accusata di organizzazione nazista armata, è su tutti gli organi di stampa, fa irruzione nelle case ed esce dal rostro senza aver profanato lo sfintere. In fondo poi la casa e la famiglia sono i pertugi preferiti dallo Stato. Si propaganda così la conoscenza approssimata di una destra perpetua spesso estrema, intollerante e violenta. Si crea un tessuto sociale fascista sopra le nostre teste e lo si lascia galleggiare a mezz’aria: esiste ma con turbamento, non riattiva i forni crematori ma rimpiange quando erano aperti. In tal modo i mass media creano una società intollerante senza nemmeno bisogno di riaprire il gas: tutti sappiamo che il passato può tornare ma per adesso è solo nostalgia. Come diceva Sandro Giacobbe: "Sarà la nostalgia, sarà che l’estate vola via, sarà quel che sarà, ma tu che ne sai di che sarà”.
Ecco come immagino i nazisti di oggi, con il bicchiere mezzo pieno, la cicca nella mano, lo sguardo all’orizzonte e nei pensieri sei milioni di persone che strillano. Però con simpatia. E in fondo non è reato rimpiangere quel che nessuno avrà più il coraggio di fare. Mentre è reato dare del malinconico a chi non vede che nel fornetto ci è finito lui. Con tutti gli esalati all’imbrunire.