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Opinioni
settembre, 2021

Alessandro Barbero è un intellettuale. E chi non ne tiene conto è in malafede

Sui social intellettuali e accademici sono inseguiti dalle bugie infamanti solo perché non si piegano alla vulgata maldestra di chi per sovrammercato è politicamente irrilevante

ALESSANDRO BARBERO

INTELLETTUALE

Il vostro scriba non è un intellettuale. Pigia i tasti in un italiano forse plausibile, talvolta con presunta sagacia, più spesso in modo goffo, ma non ha studiato abbastanza. O forse è questione di hardware, va’ a sapere. In ogni caso, si applica a questioni semplici con argomentazioni semplici. Ad esempio, sul Green Pass, si contenta. Ossia: sarebbe a favore dell’obbligo vaccinale, certo. E sa bene che il codice Qr è un apostrofo verde tra le parole “con la Lega al Governo” e “non si poteva”. Però si occupa, come viene, anche di comunicazione. E sa bene che l’obbligo (sacrosanto, necessario, coperto dalla Costituzione in modo esemplare) avrebbe portato i soliti liberali alle vongole a strillare contro lo Stato di Polizia. Dunque, che il Signore o un suo superiore, tipo il generale Figliuolo, protegga e diffonda il Green Pass.

 

Alessandro Barbero, il professor Alessandro Barbero, la rockstar della divulgazione Alessandro Barbero, è invece un intellettuale. Colto. Profondo. Sfaccettato. Perciò in grado di approcciare il tema da una posizione laterale eppure diretta. Dice, Barbero, che il Green Pass è ipocrita e che avrebbe voluto l’obbligo. Per questo ne contesta la diffusione negli atenei. Mai creduto alla sciocchezza (apocrifa) di Voltaire secondo cui si dovrebbe dare la vita perché un altro esprima la sua opinione, e non la darei neppure per quella di Barbero. Che non condivido. Ma lui gioca un altro campionato. E tarare le sue opinioni su quelle di chiunque, ad esempio il sottoscritto, sarebbe sbagliato. A meno che non si sia in malafede. A meno che non si voglia punire Barbero, l’amato Barbero, l’ecumenico (fin lì) Barbero, perché nei giorni precedenti aveva appoggiato, e non poteva essere altrimenti, la posizione del professor Tomaso Montanari sulle foibe: una corretta contestualizzazione storica - prima c’era stato il protettorato di Lubiana, dove i fascisti avevano usato i civili come piattelli - che non negava il dramma cagionato dai comunisti titini ma mirava a restituirgli una prospettiva storica.

Solo che Montanari è un nemico della polizia politica che agisce sui social, ma ormai anche nei giornali, e la squadretta di lotta e sottogoverno gliel’ha fatta pagare in tutti i luoghi e in tutti i laghi appiccicandogli l’etichetta del revisionista. Sul tema, il revisionismo vero è quello di chi insiste con la favola degli “italiani brava gente”. Ma, soprattutto, la vicenda era stata sventolata in modo del tutto strumentale, a freddo, per far scontare allo stesso Montanari la sua ostilità a certe nomine pubbliche che non condivideva. A questo siamo: il dissenso annichilito, le vendette mafiose per interposto tweet, intellettuali e accademici inseguiti dalle bugie infamanti solo perché non si piegano alla vulgata maldestra di chi per sovrammercato è politicamente irrilevante. Ma mena. Sarebbe ora che qualcuno se ne accorgesse anche nelle redazioni dei giornali, che corrono dietro al web e alle polemiche create dai troll dei social su mandato degli uffici stampa pagati da noi. Perché intossicare il dibattito in questo modo non è degno di un Paese democratico. E comunque il green pass fatelo. Serve.

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