Pane al pane
«In un Paese di evasori, è la classe media a sostenere il peso delle tasse»
Quasi 29 milioni di italiani non pagano l'Irpef. Così, il 62,5 per cento dell'ammontare dell'imposta viene sborsato dal 13,9 per cento dei contribuenti. Gravati anche da minori vantaggi, rispetto a chi ha redditi molto alti
Nei giorni scorsi, l’attenzione dei media è stata attirata dalle statistiche pubblicate dal think tank "Itinerari Previdenziali" relative alla distribuzione dei pagamenti dell’Irpef, l’imposta sul reddito delle persone fisiche. Ha attirato particolare attenzione il fatto che quasi 29 milioni di italiani (il 47% del totale) non paghino l’Irpef. A parte i giovani sotto i 18 anni (circa 9-10 milioni), si tratta di persone adulte che o non presentano la dichiarazione Irpef perché sono a carico di altri o la presentano, ma dichiarando redditi molto bassi o nulli.
Il risultato di tutto questo è che i 175 miliardi di incassi Irpef (relativi ai redditi del 2021) sono in gran parte pagati da un numero ridotto di contribuenti: il 62,5% (molti media hanno arrotondato a «due terzi«) dell’Irpef viene pagato dal 13,9% dei contribuenti, ossia dai sei milioni di persone che hanno redditi dichiarati sopra i 35.000 euro l’anno (2.900 euro lordi al mese). Questo, si è detto, è il risultato del fatto che molti evadono completamente le tasse o dichiarano meno del dovuto. Più che un Paese di poveri, siamo un Paese di evasori.
C’è però un altro fatto che contribuisce alla concentrazione del peso della tassazione sui sei milioni di cittadini che dichiarano più di 2.900 euro al mese: i governi degli ultimi anni, destra, sinistra e governi tecnici uniti nello forzo, hanno detassato maggiormente i redditi bassi. Anche al di là dell’evasione, il peso della tassazione ricade prevalentemente sulla «classe media».
A prova di questo fatto è utile andare a vedere la distribuzione del pagamento dell’Irpef per i contribuenti che hanno prevalentemente redditi da lavoro dipendente come fonte di reddito, per i quali la possibilità di evasione è molto limitata dalla ritenuta alla fonte. La concentrazione dei pagamenti resta elevata: il 13% di quelli con redditi da lavoro più alti paga il 54,6% dell’Irpef. Alla concentrazione dei pagamenti Irpef hanno contribuito il “bonus Renzi”, sviluppatosi poi nel Trattamento Integrativo sui Redditi, la rimodulazione delle aliquote Irpef (che, nella sua più recente versione, esclude completamente chi percepisce redditi sopra i 50.000 euro), la «flat tax» per le partite Iva con fatturato sotto certi limiti e così via.
Il carico che grava sulla classe media è appesantito da altri fattori. Molte deduzioni e detrazioni sono (sempre più) limitate a chi ha redditi bassi. Inoltre, il recente taglio (circa 10 miliardi) di contributi sociali è a favore solo dei redditi bassi. Infine, il taglio all’indicizzazione delle pensioni, diventato particolarmente pesante con questo governo visto il livello d’inflazione, è concentrato sulle pensioni medie e alte. Dall’altro lato della distribuzione del reddito, probabilmente pagano poco anche i percettori di redditi molto alti, per esempio quelli che prendono residenza in Svizzera o a Monte Carlo o chi vive di rendita, vista la bassa aliquota (26%) sui redditi da capitale e relativi guadagni in conto capitale, e la parziale detassazione di questi ultimi introdotta da questo governo, seppure in via temporanea.
Insomma, con destra e sinistra che si muovono nella stessa direzione, chi resta a difendere la classe media su cui grava il grosso delle tasse?